Cultura

Slow Food: no a ogm salva riso

Per l'associazione «non ci sono solo biotecnologie per salvare le piante a rischio estinzione».

di Giampaolo Cerri

E? stata annunciata recentemente sulla stampa l?avvenuta mappatura del codice genetico dei due tipi più diffusi di riso, le sottospecie ?indica? e?japonica?.
In particolare, alla sottospecie japonica appartiene la varietà Carnaroli, che, secondo dichiarazioni del prof. Francesco Sala, (Università di Milano) sarebbe destinata a scomparire, a meno che non si intervenga geneticamente. La proposta sarebbe quella di inserire un gene del mais nel Dna del riso Carnaroli, in modo da renderlo immune all?attacco di un fungo, il Magnaporthe grisea.
Slow Food rifiuta questa impostazione del problema, che già è stata proposta come unica soluzione per salvare altri prodotti e coltivazioni a rischio di scomparsa in Italia.
Secondo dati dell?Ente Nazionale Risi la superficie coltivata a riso Carnaroli in Italia è aumentata dal 1989 ad oggi da 1259 ettari a 7059 nel 2000.
Non pare quindi nell?immediato un prodotto a rischio di estinzione. In realtà, caratteristiche di questo riso sono la bassa resa per ettaro (tra i 40/50 q/ha) e l?eccezionale tenuta in cottura, per cui è particolarmente adatto alla preparazione dei risotti. La minor resa quantitativa è compensata dal maggior prezzo di vendita del prodotto sul mercato.
Per quanto riguarda il fungo responsabile del ?mal del collo?, esso non è pericoloso per la salute dell?uomo, ma provoca danni alla produzione. Si sviluppa più facilmente in presenza di un eccesso di fertilizzazione del terreno: tanto maggiore è la fertilità, tanto più c?è rischio di attacco. Produttori che adottano tecniche di coltivazione biologiche contrastano con successo questa malattia limitando l?uso di fertilizzanti: evidentemente in questo modo si diminuisce la resa per ettaro, ma si evita di intervenire sulla pianta con trattamenti chimici fungicidi.
Come al solito, il problema sta nella spinta economica ad incrementare sempre di più la produzione: ?Dagli anni Cinquanta ad oggi? dice l?agronomo dott. Antonio Tinarelli, che è stato per trent?anni addetto alla sperimentazione presso l?Ente Risi Italiano ?sono scomparse quattro varietà pregiate in Italia – Vialone, Razza 77, Gigante Vercelli, Maratelli – a causa di una minore resa dovuta a suscettibilità parassitarie. Si è passati dai 50q/ha ai 60 q/ha della media attuale. La soluzione proposta, di intervenire geneticamente con l?introduzione di un gene del mais nel riso, si propone di rendere resistente la pianta provocando al suo interno la formazione di un nuovo gruppo proteico. E? opportuna però un?indagine preventiva per accertare che non si formi una proteina dannosa per l?uomo, che potrebbe provocare allergie o tossicità.?
Slow Food insiste nel chiedere chiarezza su questo argomento e tutela nei confronti del consumatore: il riso Carnaroli, come altri prodotti tipici di qualità, necessita semplicemente di metodi di coltivazione rispettosi dell?ambiente e dell?equilibrio naturale. Il futuro dell?agricoltura italiana, non passa attraverso la quantità, ma deve basarsi sulla qualità, per ottenere la quale esistono valide e sperimentate alternative all?ingegneria genetica.

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