Non profit
Slotmob Fest, 60 città dicono no alle slot
Il 7 e 8 maggio va in scena la manifestazione nazionale della campagna. Da ogni parte d’Italia poi verrà inviato un appello al presidente Mattarella perché intervenga sul tema dell’affidamento del settore del gioco d’azzardo
«La presenza invasiva, ossessiva e crescente dell’azzardo in Italia è un fenomeno sfuggito dalle mani di un apprendista stregone». A spiegarlo è l’economista Leonardo Becchetti, co fondatore della campagna Slotmob che il 7 e 8 maggio lancia una mobilitazione nazionale, la Slotmob Fest.
«Come un moderno Robin Hood alla rovescia, accumula ricchezze togliendo ai più bisognosi», continua Becchetti, «Devasta il tessuto sociale delle nostre comunità, fino a divorare l’esistenza di persone e famiglie alle prese con la più grave crisi economica del dopoguerra. Produce una cultura che mina gravemente il bene comune e il tentativo di una ripresa economica, perché infonde nelle menti dei cittadini l’idea che la ricchezza non nasce dal lavoro e dal legame solidale, ma è un regalo capriccioso della “dea fortuna”».
Per questo in 60 città italiane chi vorrà si troverà nei bar senza slot per giocare veramente. «Abbiamo lanciato l’idea di organizzare degli eventi collettivi di cittadinanza responsabile e attiva, per premiare quei bar che nelle nostre città hanno rinunciato a slot, vlt e a tutto il resto», continua l’economista, «In soli due anni e mezzo, tante strade e piazze di oltre centoventi città italiane hanno detto un forte No all’azzardo tramite la festa, il gioco come gratuità e incontro gioioso».
Non si può infatti minimizzare il fenomeno volendo che si concentri l’attenzione solo sull’assistenza da assicurare giustamente ai cosiddetti “giocatori patologici”: «In questo modo non si toccano i grandi interessi di coloro che, dal giro miliardario del casinò diffuso che è diventato il nostro Paese, traggono enormi profitti con il silenzio o la complicità della maggioranza dei politici e dei mezzi di comunicazione. Assistiamo ad eventi sportivi, colonne portanti dei palinsesti televisivi, che sono inondati dalla cultura delle scommesse, con atleti che non si vergognano di fare propaganda all’azzardo in un ambiente dove è facile plasmare l’immaginario dei giovani fin da bambini».
Una ricerca di giustizia sociale e democrazia economica che la campagna ha portato anche nell’agone politico. «Abbiamo incontrato parlamentari nazionali, membri del governo, amministratori locali per chiedergli, spesso invano, di esprimere la stessa dignità di quei cittadini che, rischiando il futuro della propria attività lavorativa, rifiutano i soldi facili dell’azzardo», sottolinea il co fondatore che aggiunge come «La legalizzazione introdotta in Italia ha incentivato un fenomeno invece di contenerlo, senza peraltro eliminare le mafie nel settore, con tutti i noti devastanti effetti collaterali, a cominciare dall’usura. Non usciremo mai da questo vicolo cieco, se lo Stato continuerà a dichiararsi dipendente dai miliardi che entrano nelle sue casse dalle società dell’azzardo che colonizzano e mercificano le nostre città. È evidente l’errore di prospettiva che guida chi governa quando sottostima gravemente i costi complessivi di questo tipo di mercato».
Ad andare a consultare i numeri poi si scopre che l’erario, in realtà non ci guadagna. Anzi, i proventi fiscali sull’azzardo scompaiono se mettiamo sul piatto della bilancia le tasse non percepite sui mancati consumi dei soldi persi nell’azzardo, i costi della spesa sanitaria per contrastare le dipendenze patologiche, i costi economici della caduta nel vortice dell’indebitamento.
Ma come ci si può fidare di uno Stato che non sa fare questi conti elementari per il bene comune?
Per Beccehtti l’unica risposta è «che venga rimesso in discussione in maniera democratica, aperta, informata e trasparente, l’affidamento del settore dell’azzardo alle società commerciali, in gran parte transnazionali, che sono strutturalmente interessate a farne profitto».
Un modo per affermare che «il caso italiano, con il suo triste primato in Europa, non è un destino ineluttabile. I paesaggi urbani degradati, i bar popolati di macchinette e gratta e vinci non sono affatto la normalità in moltissimi altri Paesi. Il nostro obiettivo, attraverso le iniziative di mobilitazione collettiva dal basso, l’esercizio di azione civica degli Slot Mob e l’interlocuzione con la politica locale e nazionale, è quello di aumentare il senso e la soddisfazione di vita di tutti: genitori preoccupati per il rischio di caduta nella dipendenza dei propri figli, ragazzi che devono scoprire vie faticose ma più ricche di valore e soddisfazione nelle loro vite, persone ai margini della società che fanno fatica a resistere alle lusinghe di quella che appare una scorciatoia immediatamente a disposizione per risolvere i problemi delle loro vite, gestori di bar che, in cambio dei soldi guadagnati, soffrono nel veder distrutte vite e relazioni nei loro esercizi e, infine, politici che rischiano di diventare dipendenti da portatori di interessi non trasparenti».
Da ogni ritrovo Slotmob d’Italia verrà poi inviata una lettera appello (scaricabile in allegato) al presidente delle Repubblica, Sergio Mattarella, «per far togliere la gestione dell’azzardo alle società commerciali che non possono far altro che incentivarlo per trarne profitto».
Per partecipare cerca la tua città sulla pagina Facebook dell’evento
17 centesimi al giorno sono troppi?
Poco più di un euro a settimana, un caffè al bar o forse meno. 60 euro l’anno per tutti i contenuti di VITA, gli articoli online senza pubblicità, i magazine, le newsletter, i podcast, le infografiche e i libri digitali. Ma soprattutto per aiutarci a raccontare il sociale con sempre maggiore forza e incisività.