I cittadini chiamano e le istituzioni non rispondono. È cosa di tutti i giorni: dovessi pubblicare qui le segnalazioni di comitati, associazioni, singoli o famiglie che mi segnalano il silenzio che segue le loro lettere a comuni, assessorati e circoscrizioni… non finiremmo mai. Forse però è venuto il momento di far gettare la maschera a chi dice “mi impegno” e poi, al massimo, si impegna nella propria campagna elettorale permanente. Ma qui non è uno spot, qui sono in ballo vite vere e non serve dirsi “per la legalità” per esserlo.
Oggi Repubblica ha reso un bel servizio, chiaro e efficace, che illustra la vicenda e qui lo riprendo, come spia di quella incomunicabilità pressoché assoluta (le eccezioni ci sono, ma sono eccezioni, appunto) tra rappresentati e rappresentanti, tra cittadini e istituzioni.
Ecco il punto: il Comune di Milano, che della campagna contro le slot machine ha fatto una bandiera, e che nei giorni scorsi per mano dell’assessore alle politiche sociali Pierfrancesco Majorino consegnava il suo decimo diploma a un locale senza slot (→ qui) è stato colto in fallo: in un locale di proprietà del comune di Milano in via Vittani 1, ci sono slot machine.
Ma come? Non era stata proprio la giunta Pisapia, con un atto del 2010 a escludere la «destinazione d’uso sala giochi»dai bandi per l’assegnazione degli immobili comunali?
Leggendo bene si scoprono dunque 5 cose:
1) il proprietario del locale è il Comune di Milano;
2) il titolare della sala giochi non paga l’affitto, perché il suo contratto è scaduto nel giugno scorso;
3) il titolare del contratto scaduto ha però iniziato lavori di ristrutturazione della sala giochi;
4) la sala giochi è a pochi metri da una chiesa (quindi in prossimità di un “luogo sensibile”, cosa non ammessa, come prevedono tutte le normative sull’azzardo legale);
5) l’immobile è gestito dall’Aler;
6) l’Aler è una azienda compartecipata dal comune di Milano che, quindi, non può tirarsi fuori nemmeno dalla “moralità” della gestione…
Dunque? Dunque, mi dice un assessore, da me interrogato sul mio profilo fb, «quelle slot machine non ci devono stare ma non era compito nostro vigilare». Davvero? Ma l’Aler (Azienda Lombarda per l’Edilizia Residenziae) non è una compartecipata dal comune di Milano? E che risposta è? NON È COMPITO MIO… argh.
Pongo due questioni: 1) con che faccia i Comuni potrebbero andare dai privati a chiedere che ritirino le slot machine (a tutt’oggi legali) dai loro locali se poi nei loro, di locali, fanno esattamente il contrario? 2) Possibile che alzare un telefono, fare “casino”, ribaltare tavoli e sedie – “rompere le scatole” come giustamente dice Papa Francesco – sia tanto difficile? Oppure… oppure c’è che non si vuole un rapporto col concreto e gli slogan bastano finché restano lettera morta, stampata su carta ecologica nei comunicati stampa, sui manifesti e sui tanti buoni propositi coi quali non si lastrica più nemmeno l’inferno? ATTENDIAMO UN GESTO CONCRETO! Qualche dimissione, un pubblico “scusateci” oppure… oppure per il comune di Milano basta dirsi “contro le slot” e poi delegare a altri il compito di mettere le mani nel fango (di normative, pratiche, rapporti col concreto)?
La politica è diversa dall’amministrazione di condominio o si riduce a convocar assemblee e ratificare presenze e assenze? Non era un “mettersi in mezzo”, la politica? Un dire: non è compito mio, ma lo faccio comunque? ATTENDIAMO.
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