Salute

Sla. La bufala cinese

L'editoriale di Mauro Pichezzi, Presidente di Viva la Vita onlus, racconta il caso del neurochirurgo di Pechino Huang. Un altro caso Vannoni?

di Redazione

Finalmente si sa qualcosa su Hongyun Huang. A qualche anno di distanza la comunità scientifica internazionale ha avuto la possibilità di valutare i risultati del neurochirurgo di Pechino che millantava di aver ottenuto risultati significativi nella cura della SLA.

Questa tanto attesa chiarezza si deve al professor Bruce Dobkin e al suo articolo in cui vengono descritte le fallimentari esperienze cliniche di 7 pazienti mielolesi americani che nel 2004 avevano deciso di farsi operare da Huang. In effetti Huang millantava miracoli e non aveva mai accettato di confrontarsi apertamente con la comunità scientifica internazionale, trattenendo gelosamente per sé i dettagli di un trattamento che costava un sacco di soldi e che veniva effettuato senza alcun effetto (se non qualche seria complicanza post intervento).

D'altronde la speranza non è soltanto l’ultima Dea e non ha prezzo, ma soprattutto chi può avere il coraggio di negarla a chi è totalmente disperato? Oggi nel nostro bel Paese abbiamo un fatto nuovo. Il Professor Davide Vannoni, laureato in scienze cognitive, afferente alla Facoltà di scienze politiche, economiche e sociali, e non alla facoltà di medicina, scrive una lettera aperta ad una signora affetta da SLA, da poco scomparsa. Il professore le chiede scusa, implora il suo perdono perché, in buona sostanza, alcuni burocrati scriteriati non le hanno consentito di curarsi con il metodo che ormai ha preso il suo illustre nome.

Un amico mi ha chiamato e mi ha chiesto: “Ho letto la lettera sul giornale. Ma se Vannoni ha una cura per la SLA perché non gli fanno curare i malati?” Già, perché? Penosamente, ho dovuto rispondergli, spostando l'orizzonte del problema su un orizzonte più ampio, e raccontandogli di Hongyun Huang e dei tanti viaggi della speranza cui ho dovuto, impotente, assistere nel corso degli anni. “Ma come si può togliere la speranza ad un malato di SLA?” ha insistito il mio buon amico. E io gli ho suggerito: “In effetti la speranza non si può togliere a nessuno, ma occorre orientarla.”

Vannoni infatti sostiene che il suo metodo sia scientifico ed efficace. Lo dimostri con gli strumenti della scienza e ne consenta di misurarne l'efficacia. Ma non ha avuto sinora il coraggio di farlo e non merita la nostra speranza. Noi aspettiamo con ansia la cura della SLA. Noi viviamo con la SLA, come malati e familiari. E siamo così fragili e pieni di speranza che consentiremmo a chiunque di fare qualsiasi cosa di noi e del nostro corpo.

Tanto, mi chiedo, cosa abbiamo da perdere se abbiamo una malattia inguaribile e feroce come la SLA? Se qualcuno, medico, filosofo o sciamano, venisse a iniettarmi venti grammi d’oro in una vena del petto, io sarei pronto. La speranza è tutto. O quasi. Restano davanti ai miei gli occhi di mio padre che imploravano un rimedio a quella lenta e impietosa progressione della malattia. Restano i miei occhi che davanti ai suoi avevano in fondo la disperata certezza che una cura non esisteva, con la speranza, quella sì inarrestabile, che un giorno, troppo tardi per lui, sarebbe arrivata.

Aiutateci allora, aiutateci a orientare quell’insopprimibile speranza, senza volare in Cina da Huang o guidare fino a Brescia da Vannoni. Le loro certezze sono troppo pericolose per noi che senza difese daremmo a chiunque una possibilità, anche quella di ucciderci.

Lo Stato. Ecco di chi abbiamo bisogno noi, malati e familiari di malati, abbiamo bisogno dello Stato e delle sue Leggi. Leggi certe, forti, umane e rassicuranti come la Costituzione da cui discendono. Per capirci non proprio come il recente Decreto Legge del ministro della Salute che autorizza, in nome della campagna mediatica di Vanoni e della sua Fondazione Stamina, e a dispetto della comunità scientifica nazionale e internazionale, “trattamenti su singoli pazienti con medicinali per terapie avanzate a base di cellule staminali mesenchimali, anche se preparati presso laboratori non conformi ai principi delle norme europee di buona fabbricazione dei medicinali”. A questo siamo? Lo Stato autorizza farmaci preparati in laboratori non conformi alla legge? Trionfa la disperazione. Si fa largo anche fra le Istituzioni.

Il mio amico mi ha richiamato poco dopo e mi ha chiesto: “Ma d'altronde cosa ha da perdere una malato di SLA?” Gli ho risposto con sicurezza e con forza: “Rischia di perdere la Speranza!”

di Mauro Pichezzi, Presidente di Viva la Vita onlus

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