Un modo per recuperare il senso sociale delle public utilities, c?è, ed è trasformarle in non profit utilities». Parola di Giorgio Fiorentini, docente all?università Bocconi, che aggiunge: «Originariamente le municipalizzate erano nate per questo motivo: fornire a costi contenuti servizi indispensabili».
SocialJob: Poi cos?è successo?
Giorgio Fiorentini: Si sono aperte al mercato privato diventando appunto public utilities, società miste in cui generalmente l?azionista principale è il Comune. In questi ultimi anni però, mentre le tariffe sono aumentate, la qualità o è rimasta costante o non è migliorata. Il che vuol dire che non c?è stato un reale vantaggio per i cittadini.
SJ: Ci si è dimenticati della missione originaria, insomma.
Fiorentini: Infatti. Teniamo conto che le municipalizzate erano nate con una forte valenza di tipo territoriale e sociale. A questo punto il ragionamento dovrebbe essere: perché non farle diventare delle non profit utilities? Nella logica del sistema duale, ci potrebbero essere un comitato di sorveglianza, in cui ci sono gli stakeholedr, e uno di gestione, in cui c?è il management.
SJ: Con quali vantaggi?
Fiorentini: Nella logica dell?impresa sociale, i differenziali positivi dovrebbero essere reinvestiti ad esempio per la manutenzione delle reti. Non si sarebbero più dividendi, ma gli utili sarebbero o reinvestiti o sarebbero usati per scontare le tariffe ai cittadini, in particolare delle fasce sociali. Luce, acqua, gas, eccetera potrebbero essere più accessibili per le persone con minori possibilità.
SJ: Finalmente dalla parte dei cittadini?
Fiorentini: Le municipalizzate erano nate per questo: dare servizi a costi sostenibili. Non per generare dividendi. Se si vanno a vedere tutte le normative sulle liberalizzazioni parlano di tariffe sociali che però non vengono applicate.
SJ: Intanto le public utilities fanno utili stellari?
Fiorentini: Attualmente c?è il far west, nel senso della corsa all?oro: tutti sono attenti a questo settore, anche i privati. Parliamo di servizi indispensabili, il cui consumo è costante.
SJ: Ma senza dividendi, i privati sarebbero interessati?
Fiorentini: Creiamo allora delle holding, società per azione non profit, secondo la legge 118 del 2005, la quale si articolino nei vari settori in maniera diversificata. Alcune società della holding potrebbero essere non profit, altre invece profit che quindi distribuirebbero utili. Questo consentirebbe di dare una risposta all?esigenza di fondo e di andare sul mercato per acquisire finanziamenti. C?è poi un ragionamento da fare sul management?
SJ: Quale?
Fiorentini: Occorrerebbe assicurarsi del management adatto, per esempio proveniente dal mondo delle cooperative sociali. Attento quindi all?aspetto solidaristico ma anche a quello economico.
SJ: Esistono già delle non profit utilities?
Fiorentini: In Galles hanno costituito una non profit per fornire acqua a circa 3 milioni di utenti. Parliamo di un bilancio di 2.700 milioni di euro. Lo stesso è avvenuto a Detroit, dove per servire 4 milioni di utenti hanno creato due non profit, una che gestisce l?acquedotto, l?altra per le acque reflue. Iniziative simili sono nate anche nel settore ferroviario? Parliamo di esperienze significative, non solo europee..
SJ: È in corso la fusione delle municipalizzate di Milano e Brescia. Con le leggi attuali potrebbe essere fatta come lei propone?
Fiorentini: Sì. Scrissi un articolo sul Corriere della Sera per segnalare questa opportunità.
SJ: Come si spiega che queste possibilità non siano colte?
Fiorentini: O noi crediamo che l?impresa sociale sia la terza gamba di un tavolino che altrimenti non potrebbe stare in piedi, essendo le altre gambe il profit e le aziende pubbliche, o non ci crediamo. Su questa proposta c?è stato un abboccamento con il ministro Lanzillotta. Staremo a vedere. Si potrebbero avviare almeno delle non profit utilities sperimentali. Certo questo vuol dire che l?impresa sociale deve diventare sempre più capace di un confronto con il for profit e di lavorare nella logica di possibili joint ventures.
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