Economia

SJ. Albo delle coop. sociali. L’Italia divisa in due

Le Regioni e l'applicazione a macchia di leopardo della 381

di Redazione

L’ultima fotografia. L?ennesima di un?Italia a due velocità. Un?Italia divisa dal grado di attenzione per l?impresa sociale. A scattarla questa volta è l?Istat. Campania, Calabria e Sicilia, segnalano i ricercatori dell?istituto di statistica nell?ultima rilevazione sulle cooperative sociali, non hanno ancora istituito l?albo previsto dalla 381/91. Lo studio, presentato poche settimana fa, è relativo all?anno 2005. Negli ultimi due anni tuttavia non è cambiato nulla. Le tre Regioni meridionali sono tuttora senza l?albo. E la Campania (terza per numero di cooperative in Italia), a 16 anni dalla legge 381, è l?unica Regione che non ha recepito la normativa nazionale.

La Lombardia, invece, che già dal 93 aveva attuato la legge quadro, ha avviato sperimentalmente la gestione dell?albo regionale a livello provinciale, usando lo strumento della convenzione con le Province per definire i nuovi profili per l?iscrizione all?albo (delibera di giunta 5536 del 10 ottobre 2007). La Regione, d?accordo con le imprese sociali, ha alzato infatti l?asticella degli standard richiesti per far parte dell?elenco. Obiettivo: accrescere la qualità dei servizi offerti dalle cooperative. «Abbiamo chiesto alla Regione una scelta politica forte: spostare i criteri di valutazione per l?iscrizione dalla tipologia dei servizi e dai risultati prodotti alla qualità dell?impresa sociale. Da ciò che fa la cooperativa a come lo fa. Ad esempio, è richiesto il bilancio sociale», spiega Alessandro Giussani, presidente regionale di Federsolidarietà.

Cartina di tornasole
Un?Italia, dunque, divisa a metà. Divisa dalla sensibilità degli amministratori pubblici per la cooperazione sociale ma unita dal terzo settore. E dalla sua voglia di crescere. L?indagine dell?Istat rivela infatti che, rispetto al 2003, il numero di cooperative sociali aumenta proprio in Calabria (53,6%) e in Campania (23,7%). Rispettivamente terza e quarta regione per trend di crescita. Un ritardo, quello nell?istituzione dell?albo, che, come dimostrano gli ultimi dati, se non ha impedito alla cooperazione di spiccare il volo, le ha di certo tarpato le ali. L?albo rappresenta la cartina di tornasole della qualità dei sistemi cooperativi territoriali. Possono iscriversi, infatti, solo le imprese sociali che rispettano gli standard (professionali, strutturali, ecc.) previsti nelle leggi regionali di attuazione della 381/91.

«L?assenza dell?albo e di una legge regionale di recepimento hanno prodotto una crescita disordinata e con un alto tasso di natalità e di mortalità. Sono mancati poi gli strumenti di supporto e di investimento per la formazione del management e degli operatori, così come un tariffario delle prestazioni sociali o i disciplinari di gara. Tutti quegli strumenti, insomma, che garantiscono certezza alla qualità del sistema cooperativo», afferma Sergio D?Angelo, presidente regionale e vicepresidente nazionale di Legacoopsociali. Gli fa eco Giovanni Romeo, presidente regionale di Federsolidarietà Calabria, secondo cui la pigrizia e il disinteresse del legislatore regionale nascono da un gap culturale. «Non c?è interesse a sostenere un settore che scardina le logiche che regolano da decenni i rapporti fra politici e cittadini in questa terra». La Calabria ha recepito la 381 con la legge regionale numero 5 del 2000 ma non ha istituito l?albo: non sono stati ancora approvati i regolamenti attuativi.

Un?impasse, spiega Romeo, originata anche dai dissidi fra i politici sull?attribuzione dei gettoni di presenza per la partecipazione alla commissione che doveva licenziare i regolamenti. Mancano all?appello anche le convenzioni-tipo e, soprattutto, gli incentivi alla cooperazione.
Più sbrigativa la soluzione adottata in Sicilia: la pratica della 381 è stata archiviata con un solo articolo (all?interno di una legge del 2000 sui fondi europei) in cui si dice, sic et simpliciter, che la Regione dà applicazione alla legge nazionale sulla cooperazione. Tutto qui. «La Sicilia, tuttavia, già con la legge 22 del 1986 si era dotata di una normativa all?avanguardia nel settore della cooperazione socio-sanitaria», osserva Filippo Parrino, presidente regionale di Legacoopsociali. La mancanza dell?albo, infine, ha frenato l?applicazione dell?articolo 5 della 381 che prevede la possibilità per gli enti di stipulare mediante affidamento diretto (sotto la soglia comunitaria) convenzioni con le cooperative sociali di tipo B, iscritte nell?elenco, purché favoriscano il reinserimento lavorativo dei soggetti svantaggiati.


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