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Siria, dopo il terremoto la popolazione ha perso tutto

«In Siria, già prima del terremoto, quello della vita normale era solo un ricordo», spiega Matteo Crosetti, coordinatore regionale area Medio Oriente per l’organizzazione umanitaria Coopi. «Tanta gente aveva solo un tetto sopra la testa, la casa era tutto ciò che gli era rimasto, adesso neanche quello. Ma io continuo a chiedermi dove trovino la forza di andare avanti, sono 13 anni che vivono in una situazione di crisi e conflitto continuo e senza fine. La risposta umanitaria è stata importante ma era già insufficiente a coprire i vecchi bisogni, è necessario fare di più»

di Anna Spena

La Siria è appena entrata nel 13esimo anno di guerra, qui prima del terremoto 15 milioni di persone avevano bisogno di assistenza umanitaria, a loro ora si sono aggiunti altri 4 milioni. 12,4 milioni di persone sono in condizione di grave insicurezza alimentare; 13 milioni non hanno sufficiente accesso all’acqua; 2,5 milioni di bambini non frequentano la scuola; 6,7 milioni di sfollati interni e 6,6 milioni di rifugiati nel mondo. Le organizzazioni umanitarie che sostengono le popolazioni più vulnerabili in Siria, sono allarmate per la mancanza di finanziamenti adeguati assegnati alla risposta umanitaria a seguito del disastro del 6 febbraio. Secondo le Nazioni Unite, infatti, sono 8,8 milioni le persone colpite dal disastro nella sola Siria e le sovvenzioni sono state ben al di sotto delle crescenti necessità delle persone.

«Il terremoto il 6 febbraio 2023, che ha fortemente colpito il confine tra la Siria e la Turchia, non fa che peggiorare drammaticamente una situazione estremamente in bilico, e porterà il bilancio delle vittime ad aumentare ancora», spiega Matteo Crosetti, coordinatore regionale per l’organizzazione umanitaria Coopi, che lavora nel Paese già dal 2016. «Lavoriamo ad Aleppo, Hama, Homs, Rural Damascus, Raqqa e Dar’a, abbiamo 80 persone composte da staff locale e cinque espatriati».

Coopi lavora nel settore della sicurezza alimentare e della protezione. Nel 2018, l’organizzazione ha avviato un programma di protezione ad Aleppo finanziato dall'Unhcr per fornire sostegno a persone con bisogni specifici (anziani, bambini, disabili, colpiti dal conflitto armato) e ha avviato un intervento di assistenza alimentare salvavita e sostegno alla produzione agricola a livello famigliare a Ghouta est finanziato da Echo, per fornire sostegno agli abitanti che, dopo essere sfollati, tornano nei loro villaggi distrutti dalla guerra. Coopi fornisce anche sostegno psicologico a chi ritorna nei villaggi, soprattutto donne e bambini.



«Dopo il sei febbraio scorso», continua Crosetti, «la situazione è diventata ancora più drammatica. Ci siamo prima assicurati che il nostro staff stesse bene e poi siamo immediatamente partiti per tamponare l’emergenza. Il nove febbraio avevamo già attivato i progetti di sostegno psicologico per la popolazione e la distribuzione di Kit per la prima assistenza con coperta, lampade, materiale igienico. Ad oggi sono 30mila le persone supportate con kit e aiuti. Da un paio di settimane è partita anche la distribuzione di pacchi alimentari. Solo ad Aleppo sono oltre 900 edifici sono crollati, a questi vanno aggiunti quelli che saranno abbattuti perché pericolanti. 200mila gli sfollati, ma il numero è a ribasso perché nella stima non viene calcolato chi ha trovato rifugio presso amici o parenti».

Ma quanto durerà l’emergenza? Matteo Crosetti risponde così: «In Siria, già prima del terremoto, quello della vita normale era solo un ricordo. Tanta gente ad Aleppo aveva solo un tetto sopra la testa, la casa era tutto ciò che gli era rimasto, adesso neanche quello. Ma io continuo a chiedermi dove trovino la forza di andare avanti, sono 13 anni che vivono in una situazione di crisi e conflitto continuo e senza fine.. La risposta umanitaria è stata importante ma era già insufficiente a coprire i vecchi bisogni, è necessario fare di più».

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