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Siria, bambini che muoiono all’addiaccio e diplomazia gelata

Dopo nove anni di guerra l’esercito siriano sferra l’ultimo attacco sulla regione di Idlib, provocando la peggiore crisi umanitaria dall’inizio del conflitto. Ha giustamente colpito tutti la storia della piccola Iman, ma sono migliaia e migliaia i bambini stremati. Si bombardano ospedali, mentre la diplomazia internazionale sembra come paralizzata

di Asmae Dachan

Secondo l’ultimo rapporto dell’Ufficio delle Nazioni Unite per gli affari umanitari – Ocha, dal 1° dicembre 2019 a oggi ben 832mila persone nel nordovest della Siria sono state costrette a sfollare. Come se, in poco più di due mesi, l’Umbria di fosse svuotata dei suoi abitanti.

Oltre la metà di questo fiume umano è composta da bambini, ormai in condizioni disumane. Piccoli nati durante la guerra, che hanno visto piovere sulle loro teste bombe di ogni tipo e che in questo rigido inverno, in cui sono costretti a una fuga disperata verso le frontiere, che intanto restano chiuse, sono stati sorpresi anche dalla neve. Questo contesto è stato fatale per la piccola Iman, 18 mesi, morta tra le braccia del padre che ha camminato sotto la neve per cinque ore, cercando un ospedale ancora funzionante.

Ha giustamente colpito tutti la sua storia, ma sono migliaia e migliaia i bambini stremati. Nemmeno la piccola Ghufran, quattro mesi, ha resistito agli stenti e al freddo ed è spirata nella sua tenda coperta di neve nella periferia di Idlib. Non c’è nessun posto dove andare per questa gente, già sfollata da altre località della Siria e ora intrappolata in un fazzoletto di terra attraversato da blindati battenti bandiera siriana, ma anche mezzi russi e turchi. Tra gli uomini armati ci sono anche gli ultimi combattenti dell’Esercito siriano libero, la formazione di opposizione nata alla fine del 2011 da un’iniziativa di soldati disertori sostenuti da Ankara, ma anche milizie legate a formazioni terroriste come Hayat Tahrir al Sham – Hts e Jabhat al Nusra.

Il governo siriano, nonostante abbia firmato l’accordo sulla zona di de-escalation delle violenze, ha iniziato, con il sostegno dell’aviazione russa, una feroce campagna militare sulla zona tra Aleppo ovest e Idlib, che ha portato alla ripresa del controllo totale dell’autostrada M5. Assad ora punta a strappare agli oppositori l’ultimo brandello di Siria sotto il loro controllo. La versione di Damasco, a cui fa eco Mosca, è che è in corso una lotta contro i terroristi, ma a Idlib vivono oltre tre milioni di civili, che stanno pagando sulla loro pelle scelte scellerate di uomini armati e di una politica becera. Sarebbe come dire che, per sconfiggere un’organizzazione criminale che si è infiltrata in una regione, si accettasse di radere al suolo l’intero territorio e di condannare a sofferenze disumane, fino alla morte, l’intera popolazione. Le convenzioni internazionali lo vietano, come vietano il bombardamento di scuole e ospedali e proprio quest’ultimo punto mette a nudo l’ipocrisia della versione di Damasco.

Il numero di ospedali distrutti dall’aviazione di Assad e dai suoi alleati è salito a ben 583 dall’inizio del conflitto. Secondo i dati riferiti da Physicians for Human Rights – Phr, tra marzo 2011 e novembre 2019 ben 914 operatori sanitari sono rimasti uccisi; il 91% degli attacchi, secondo la stessa fonte, sarebbe attribuibile al governo siriano. “Le persone ferite hanno sempre meno possibilità di accedere a strutture sanitarie – ha dichiarato Christian Reynders, Project Coordinator di Medicins Sans Frontieres MSF a nord di Idlib -. Se si devono allontanare molto per essere curate, ci sono più probabilità che le loro condizioni peggiorino o che perdano la vita”. Mohamed al Hallaj, direttore del Response Coordination Group, una Ong che opera a Idlib, ha denunciato che dall’inizio dell’anno sarebbero stati distrutti 19 ospedali.

Misty Buswell – Regional Policy e Advocacy Director di International Rescue Committee ha dichiarato: “La crisi in corso a Idlib riflette un totale fallimento della diplomazia e l'abbandono dei civili siriani da parte della comunità internazionale. Abbiamo urgente bisogno di un cessate il fuoco per prevenire ulteriori perdite di vite umane, ma deve esserci anche l’accertamento delle responsabilità per le violazioni del diritto umanitario internazionale che continuano a verificarsi così frequentemente. È necessario un ritorno immediato al processo di pace guidato dalle Nazioni Unite”- ha concluso Buswell.

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