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Sinodo, il cardinale del Ghana a capo di Giustizia e Pace

Un'importante nomina voluta dal Papa a fine Sinodo

di Emanuela Citterio

Una nomina un po’ a sorpresa da parte di Benedetto XVI in chiusura del Sinodo dell’Africa:  Il Cardinale Peter Kodwo Appiah Turkson, primo porporato della storia del Ghana, protagonista della vita religiosa e sociale in Africa negli ultimi anni, è stato nominato da Benedetto XVI Presidente del Pontificio Consiglio della Giustizia e della Pace. La nomina è stata annunciata dalla Santa Sede questo sabato in modo del tutto inedito, alla presenza dello stesso Arcivescovo di Cape Coast e presidente dell’Associazione delle Conferenze Episcopali dell’Africa Occidentale. Sostituisce il cardinale Renato R. Martino – che compirà 77 anni il 23 novembre -, che ricopriva questo incarico dal 1° ottobre 2002.  Nella prima conferenza stampa che ha concesso inaugurando il Sinodo per l’Africa, il 5 ottobre, al giornalista che gli ha chiesto se era realistico pensare a un Papa nero, dopo aver risposto “Why not?” (“Perché no?”), il Cardinale ha spiegato che ogni sacerdote, quando viene ordinato, dà implicitamente la propria disponibilità a diventare Vescovo, Cardinale o anche Papa. “Sta tutto nello stesso pacchetto”, ha detto strappando sorrisi tra i giornalisti

Ecco la parte più “sociale” del testo letto dal cardinale Peter Kodwo Appiah Turkson in qualità di Relatore generale del Sinodo, il 5 ottobre scorso.

il rapporto radicale tra governo ed economia è chiaro; dimostra che un cattivo governo produce una cattiva economia. Ciò spiega il paradosso della povertà di un continente che è senz’altro uno dei più ricchi del mondo di potenzialità. La conseguenza di questa “equazione governo-economia” è che quasi nessun paese africano può rispettare i propri obblighi di bilancio, vale a dire i programmi finanziari nazionali pianificati, senza ricorrere ad aiuti esterni in forma di obbligazioni o prestiti. Questo continuo finanziamento dei bilanci nazionali facendo ricorso a prestiti non fa altro che accrescere un già opprimente debito nazionale. La Chiesa universale con quella Africana hanno messo a punto una campagna per cancellarlo nell’anno del Grande Giubileo.


I rapporti economici tradizionali degli stati africani con i paesi ex-colonizzatori, per esempio il “Commonwealth”, sono stati sostituiti da altre potenti alleanze economiche tra gli stati africani individualmente o in blocco con gli Stati Uniti (Millennium Challenge Account), la Comunità Economica Europea (Lomé Culture, Yaoundé Agreement e il Cotonou Agreement) [17] e il Giappone (TICAD I-III). Recentemente la Cina e l’India, assetate di risorse naturali, si sono affacciate sulla scena manifestando interesse per ogni possibile aspetto delle economie nazionali africane. Al centro della maggior parte di questi protocolli e accordi c’è la discussione sul “commercio e sostegno”, vedendo che i paesi che si sono sviluppati, lo hanno fatto attraverso il commercio (non solo in “materie prime”), e non in conseguenza di una “sindrome di dipendenza dagli aiuti”. Rappresentano quindi un motivo di grande interesse per le giovani economie commerciali africane le decisioni e le condizioni imposte dall’Organizzazione Mondiale del Commercio (WTO) e dal mondo sviluppato.
Come già detto sopra, i leader africani hanno recentemente dato vita a una struttura strategica (NEPAD) che guidi gli accordi economici dell’Africa, il superamento della povertà e il raggiungimento degli Obiettivi di Sviluppo del Millennio (Millennium Development Goals). Come afferma il Dr. Uschi Eid, “Soltanto gli stimoli e gli sforzi che nascono dall’Africa porteranno al successo” . In un certo senso l’uscita dell’Africa dalla sua agonia economica deve essere opera degli africani e guidata da loro stessi . Per questo i cuori devono essere convertiti e gli occhi aperti per trovare nuovi modi di amministrare la ricchezza pubblica per il bene comune; e ciò spetta alla missione evangelizzatrice della Chiesa nel continente e nelle isole.


Note sociali all’Instrumentum laboris: gli effetti delle suddette situazioni (storiche, politiche, economiche) determinano lo stato di salute della società africana (stabile, pacifica, prospera); costituiscono inoltre le sfide di fondo per la missione evangelizzatrice della Chiesa nel continente e nelle isole.
Esistono inoltre fenomeni globali e iniziative internazionali, di cui occorre valutare l’impatto sulla società africana e su alcune delle sue strutture, che pongono nuove sfide anche alla Chiesa. Mentre l’importanza che viene data sempre di più al posto e al ruolo delle donne nella società è un felice progresso, l’emergere nel mondo di stili di vita, valori, atteggiamenti, associazioni, ecc., che destabilizzano la società, sono motivo di inquietudine. Essi minano le basi stesse della società (matrimonio e famiglia), ne riducono il capitale umano (migrazioni, spaccio di droga, traffico d’armi) e minacciano la vita del pianeta.
Il matrimonio e la famiglia sono sottoposti a pressioni diverse e terribili perché venga ridefinita la loro natura e funzione nella società moderna. I matrimoni tradizionali, che portavano alla creazione di famiglie, sono minacciati da una crescente proposta di unioni e rapporti alternativi, privati del concetto di impegno duraturo, di natura non eterosessuale e senza il fine della procreazione. In alcune parti del continente questi hanno già i loro paladini all’interno della Chiesa. Questo attacco al matrimonio e alla famiglia è portato avanti e sostenuto da gruppi che producono un glossario teso a sostituire i concetti e i termini tradizionali riguardanti il matrimonio e la famiglia con nuove espressioni. Lo scopo è quello di stabilire una nuova etica globale sul matrimonio, la famiglia, la sessualità umana e le istanze correlate dell’aborto, della contraccezione, di aspetti dell’ingegneria genetica, ecc.
Spaccio di droga e traffico di armi: alcune parti del continente sono diventate le vie della droga dall’America Latina all’Europa. Per quanto riguarda l’Africa occidentale, il traffico di droga viene indicato come causa principale dell’instabilità e del disordine politico in Guinea Bissau e ora anche in Guinea. Quando all’inizio di luglio l’esercito della Guinea ha dichiarato il massimo stato di allerta, lo ha fatto in seguito a minacce di invasione sostenute dai cartelli della droga.


La droga non passa semplicemente attraverso parti del continente e delle isole, ma ha trovato consumatori ovunque. L’uso di droghe e la tossicodipendenza tra i giovani sta rapidamente diventando la maggior causa di dispersione del capitale umano in Africa e nelle isole, seconda solo alla migrazione, ai conflitti e alle malattie, quali l’Aids/HIV e la malaria.
Strettamente connesso al traffico di droga e all’avventurismo politico è il traffico di armi: sia di piccolo calibro che pesanti. La Chiesa in Africa, riunita in Assemblea Speciale si unisce alla Santa Sede nel sostenere con soddisfazione le iniziative delle Nazioni Unite volte a fermare il traffico illegale di armi e a rendere il commercio legalizzato degli armamenti più trasparente. Essa sostiene in modo particolare lo studio che è in corso per la messa a punto di un trattato giuridicamente vincolante sull’importazione, l’esportazione e il passaggio di armi convenzionali attraverso l’Africa.
Ambiente e cambiamenti climatici: la nube discontinua di smog che copre la maggior parte dell’Africa orientale, accompagnata da una diminuzione delle precipitazioni, da siccità e carestia, è spesso considerata un effetto del Niño. Ma essa evidenzia quanto siano dure le condizioni climatiche del continente in generale e quanto negativamente il precario equilibrio ecologico di alcune parti dell’Africa possa essere influenzato dai “cambiamenti climatici” osservati nel pianeta. Per questo motivo i vertici delle Nazioni Uniti e mondiali sui cambiamenti climatici, l’emissione di gas serra, l’assottigliamento dello strato di ozono, come quello che si terrà a dicembre a Copenaghen, devono poter contare sull’orante sostegno dell’Africa, mentre si prepara a scoprire e a sviluppare sorgenti alternative di energia pulita (sole, vento, onde marine, biogas, ecc.).

Al termine di questo esame, che è certamente incompleto, è chiaro che, nonostante il continente e la Chiesa nel continente non siano ancora usciti dalle difficoltà, possono però almeno in parte rallegrarsi per i loro successi e i risultati positivi e iniziare a ricusare le generalizzazioni stereotipate sui conflitti, carestie, corruzioni e malgoverni. I quarantotto Paesi che costituiscono l’Africa sub-sahariana presentano grandi differenze nelle situazioni delle loro Chiese, dei loro governi e della loro vita socio-economica. Di queste quarantotto nazioni, solo quattro, la Somalia, il Sudan, il Niger e parti della Repubblica Democratica del Congo, sono attualmente in guerra, e almeno due di queste lo sono a causa di interferenze straniere: la Repubblica Democratica del Congo e il Sudan. Va detto che vi sono meno guerre in Africa che in Asia.


I mercanti di guerra e i criminali di guerra vengono sempre di più denunciati, processati e perseguiti. Un ufficiale della Repubblica Democratica del Congo è stato processato: Charles Taylor della Liberia sta affrontando la corte internazionale.
La verità è che l’Africa è stata accusata per troppo tempo dai media di tutto ciò che viene aborrito dall’umanità; è tempo di “cambiare marcia”e di dire la verità sull’Africa con amore, promuovendo lo sviluppo del continente che porterà al benessere di tutto il mondo. I paesi del G-8 e i paesi del mondo devono amare l’Africa nella verità! Generalmente considerata alla decima posizione nella graduatoria dell’economia mondiale, l’Africa rappresenta tuttavia il secondo mercato mondiale emergente dopo la Cina. Per questo motivo, come l’ha definita il summit del G-8 da poco concluso, è il continente delle opportunità. E ciò dovrebbe valere anche per le popolazioni del continente. Si spera che la ricerca della riconciliazione, la giustizia e la pace, che è eminentemente cristiana per il fatto di essere radicata nell’amore e nella misericordia, ristabilisca l’unità della Chiesa-Famiglia di Dio nel continente e che quest’ultima, in quanto sale della terra e luce del mondo, guarisca “il cuore ferito dell’uomo, in cui si annida la causa di tutto ciò che destabilizza il continente africano”. In tal modo il continente e le sue isole comprenderanno le opportunità e i doni dati loro da Dio.

Leggi qui il discorso completo del cardinale al Sinodo africano

Scarica il Messaggio finale del Sinodo (allegato a sinistra)


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