Politica

Sinistra: Perché non può cantare vittoria

All’“io” di Berlusconi, l’Unione ha contrapposto un “noi” esangue e burocratico, i cui custodi dovevano essere i tecnici dell’economia. Intervista a Marco Revelli

di Giuseppe Frangi

«Onestamente, prima di dire che cosa non ha funzionato nel centrosinistra vorrei capire che cosa ha funzionato sul fronte opposto». Marco Revelli, sociologo vicino ai movimenti, se lo sentiva un risultato di questo tipo: anche quando lunedì gli exit poll parlavano di ben altri numeri, il suo entusiasmo era molto temperato. Quasi disilluso. Poi anche i numeri sono venuti dalla sua: quello 0,05 di differenza che ha dato la vittoria al centrosinistra dà ancora più forza e convinzione alla sua analisi.

Vita: Allora Revelli, partiamo proprio dagli sconfitti. Perché non li definisce sconfitti?
Marco Revelli: Il primo dovere è quello di chiederci come siano riusciti in una simile rimonta. È una rimonta che ha una firma: quella di Berlusconi. Già nel 2001 aveva vinto presentando la propria persona più che il proprio programma politico. E la sua persona rappresentava l?incarnazione del ?ricco è bello?. Era lo sdoganamento della ricchezza senza se e senza ma, senza più remore né morali né estetiche.

Vita: Ma quel progetto si è infranto sugli scogli della realtà?
Revelli: Il messaggio si è via via appannato perché il turbocapitalismo ha mostrato tutti i suoi limiti. Berlusconi ha dovuto forzare quel suo precedente messaggio e si è buttato sull?idea che anche in tempi grami come questi sopravvivere si può, a patto di non farsi troppi scrupoli e di avere il coraggio di sfidare il comune senso del pudore. La condizione è di non guardare oltre il proprio giardino, di non chiedersi mai quali risorse ci vogliano per garantire i privilegi cui si punta. È una sorta di familismo amorale che travolge ogni senso di moralità pubblica e ogni vincolo di responsabilità sociale. In questa campagna Berlusconi ha lanciato l?idea che si può uscire dal pantano della crisi, ma che se ne esce solo individualmente. Ma bisogna dargli atto che ha colto e intercettato questo bisogno di sopravvivenza di una vasta fascia di popolazione, quella che ha fatto della ricchezza il valore cardine della propria presenza sociale.

Vita: Berlusconi ha incarnato ancora il volto ?apolitico? della politica?
Revelli: Sì. È quel tratto della cultura italiana che io chiamo ?anarcoegoismo? che si scaglia contro la politica in quanto apparato che ingabbia e soffoca. E qui s?innesta il vero problema della sinistra, che all??io? ipertrofico di Berlusconi ha contrapposto un ?noi? esangue e burocratico. Una risposta inadeguata, semplicemente educata: come se l?appello al comune senso del pudore potesse far breccia in uno scenario alla Las Vegas, dominato dalla trivialità.

Vita: Però il centrosinistra aveva colto l?importanza di un ritorno a un ?noi?: l?appello finale di Prodi per un paese unito puntava in quella direzione?
Revelli: Ma è un ?noi? i cui custodi alla fine dovevano essere i tecnici dell?economia. Un ?noi? affidato alla cura e sorveglianza di Confindustria. Così si è percepito l?aspetto burocratico e normativo, e si è persa qualsiasi idea di un ?noi? che producesse legami sociali nuovi, che generasse un vissuto diverso di cui tutti sentiamo un grande bisogno. All?antropologia di Berlusconi, orribile sin che si vuole ma corporea, il centrosinistra ha opposto un?ideologia. Restando succube dal punto di vista dei modelli: pensava di ereditare l?homo berlusconiano per rieducarlo. Come se si potesse correggere quel modello con un corso di bon ton.

Vita: Quindi lei boccia anche l?immagine incarnata da Prodi?
Revelli: In realtà il suo atteggiamento mi è sembrato la cosa migliore della campagna elettorale. Si è dimostrato un tipo umano antitetico a Berlusconi; ho apprezzato la sua capacità di stare sotto le righe, di essere rassicurante laddove il capo di Forza Italia era aggressivo e vorace. Tuttavia anche Prodi è un Giano bifronte: la sua natura di grande manager pubblico è la sintesi del ?noi? burocratico e formale.

Vita: I giovani sono la fascia sociale più esposta al messaggio berlusconiano. Il centrosinistra secondo lei è in ritardo anche nei loro confronti?
Revelli: Berlusconi nei loro confronti ha giocato una carta ad effetto: il turpiloquio come risorsa politica. E anche in questo caso alla sua antropologia che definisco ?fangosa? è stato contrapposto il linguaggio forbito degli apparati. In realtà Berlusconi ha colto che i meccanismi identificativi potevano scalzare quelli tradizionali rappresentativi. È come se avesse detto loro: non vergognatevi del lato peggiore di voi stessi. Ha fatto crollare definitivamente la parete divisoria tra sfera pubblica e privata. Ma rovesciando il 68: se allora si diceva che il privato era politico, lui oggi ha diffuso l?idea che il politico sia privato.

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