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Sindrome dell’isola dei non famosi: cresce il disagio tra i giovani
I neurologi denunciano: non è più solo una crisi culturale, a rischio la salute e il benessere dei giovani
Con i primi freddi di stagione arriva una nuova malattia: la sindrome dell’isola degli ignoti. Si potrebbe definire così quel senso di spersonalizzazione, frustrazione, isolamento e avvilimento che colpisce chi, nel chiuso di una stanza, segue le vicende dei reality show incollato ad uno schermo televisivo. A puntare il dito contro i “reality” sono neurologi e antropologi riuniti nel convegno “La nuova solitudine”. L’allarme, spiegano, non riguarda più soltanto la cultura, ma investe la sfera della salute e del benessere.
Costretti ad inseguire modelli banali, ma comunque irraggiungibili, i nostri giovani vivono con rabbia le occasioni offerte ad altri e avvertono come una privazione insopportabile la visibilità negata, quel non essere mai loro sotto l’occhio delle telecamere. “La sindrome dell”isola dei non famosi” – spiega Rosario Sorrentino, membro dell’Accademia americana di neurologia – “colpisce un numero crescente di giovani, delusi perche’ estromessi da quella che ritengono la vita vera, vissuta dai personaggi televisivi”. Tutt’altro che trascurabili, sottolinea il neurologo, i sintomi di questa nuova forma di disagio psichico: forte senso di insicurezza, ridotta autostima, cambiamenti d’umore e dei comportamenti alimentari fino a raggiungere anoressia o bulimia. E ancora: ansia, depressione, aggressivita’ e abuso di droghe e alcool.
Sulla stessa lunghezza d’onda Cecilia Gatto Trocchi, docente di Antropologia alla Terza universita’ di Roma, che accusa anche molti spot di successo, ispirati a modelli di vuoto individualismo. “Nell’ultimo quarto di secolo si e’ sgretolato il tessuto sociale tradizionale che si manifestava in diverse forme di comunita’, dalla famiglia estesa ad altre forme di aggregazione. Tutto e’ stato immolato sull’altare dell’esaltazione dell’individuo, inneggiando alla liberta’ senza limiti, proponendo il disinteresse al bene comune e la sottomissione a modelli consumistici e competitivi”.
“Serve una task force realmente operativa – ammonisce Sorrentino – composta da esperti della comunicazione e del disagio mentale per valutare preventivamente l’impatto che certe immagini possono avere sul pubblico e in particolare sui giovani”. La ricetta di Gatto Trocchi punta a “riguadagnare la socialita’”, guardando ad altri modelli vincenti, basati su dialogo e confronto. “Il concetto base – avverte – deve essere quello di rifondare l’agora’, il luogo dell’impegno collettivo, spazio privato e insieme pubblico in cui e’ possibile esporre e condividere i problemi”.
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