Volontariato

Sindrome del golfo: ricerca svela, è legata ad armi chimiche

I sintomi accusati dai soldati di rientro dalla guerra del 1991 potrebbero essere stati causati dall'esposizione a gas tossici

di Gabriella Meroni

Sindrome del Golfo e deficit di attenzione o disordine da iperattivita’ (Adhd), legati a doppia catena, quella del Dna, ad alcuni pesticidi e armi chimiche. La scoperta, pubblicata su ‘Nature Genetics’, e’ dei ricercatori del Salk Institute di La Jolla, in California, e mette per la prima volta in relazione l’esposizione ai fosfati organici con i danni al patrimonio genetico osservati nelle due patologie neurologiche. I fosfati organici sono alla base dei pesticidi domestici come pure dei gas mortali come il sarin, che attaccano il sistema nervoso. Studiando topi di laboratorio, gli scienziati hanno osservato che l’esposizione ai fosfati inibisce l’attivita’ di un gene, chiamato Nte (Neuropaty target esterase). Questo gene si attiva in particolari aree del cervello che controllano i movimenti, e nell’ippocampo e il midollo spinale. Secondo i ricercatori la chiave dei disturbi neurologici risiederebbe negli enzimi che attivano i neurotrasmettitori dell’acetilcolina, presente in molti tessuti dell’organismo. ”I topi di laboratorio creati senza il gene Nte muoiono prima della nascita -spiega il coordinatore della ricerca Carrolee Barlow- mentre quelli con una sola copia del gene sviluppano comportamenti riferibili alla Adhd, una volta esposti ai fosfati organici”. La percentuale di diminuzione degli enzimi prodotti dal Nte si avvicina al 40%, ”e se interviene in fase di eta’ avanzata produce disturbi simili a quelli subiti dai soldati che hanno partecipato alla guerra del Golfo del 1991, cioe’ mal di testa e febbre, ma anche perdita di memoria e disordini motori”, conclude la Barlow. Il gene Nte e’ molto grande e mutamenti nella sua espressione producono differenti disturbi. Il prossimo obiettivo dei ricercatori che lo stanno studiando e’ quello di verificare tutti i possibili disturbi comportamentali e neurologici. ”Ma anche di studiare cosa succede inibendo la sua espressione nel cervello ma non nelle altri parti del corpo”, spiega un altro ricercatore del Salk Institute, Matthew Hemming.


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