Mondo

Simona Pari rapita oggi a Baghdad ci aveva raccontato il suo lavoro

Simona Pari lavorava per la scolarizzazione e a VITA aveva raccontato uno spezzone della propria vita quotidiana

di Paolo Manzo

Da un articolo di VITA del gennaio scorso “Ma che ci fai tu in strada a quest’ora della mattina? Perché non vai a scuola?”. Immaginatevi una giovane donna italiana che rivolge questa domanda a un bambino di massimo otto anni per le strade polverose della grande Bagdad , con i suoi quasi sei milioni d’abitanti. E immaginatevi che il piccolo le risponda “Purtroppo non ce la faccio a seguire la scuola. La mia è una famiglia d’umili origini e non ci sono soldi per i libri, né per il bus?”. “Allora lavori”, fa la giovane donna e lui, serissimo, “Eh no, sa?, al momento è difficile trovare un posto. Qui siamo tutti senza lavoro perché c’è un tasso di disoccupazione altissimo”. Bene, ora smettete di immaginare perché il dialogo è realmente avvenuto: il piccolo si chiama Jahid, la giovane donna Simona Pari e fa la cooperante di Un ponte per?. Nella grande Bagdad di bambini come Jahid ce ne sono a migliaia, anzi a milioni. In base alle stime Unicef, sono due milioni e mezzo gli under 18 che vivono nella capitale, pari a circa il 50% della popolazione. Di sicuro c’è che, oggi, essere bambino a Bagdad non è facile, anzi: è una scommessa sin dalla nascita. L’avevamo sentita nel gennaio scorso per un dossier sul lavoro dei cooperanti italiani in Iraq e alla fine del suo racconto gli avevamo chiesto, ma non hai paura? E lei: “Perché dovrei qui lo sanno tutti quel che faccio e quel che faccio non fa patra, perciò…”


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