Politica

Silvio e Giulio, Grilli per la testa

Scontro fra Tremonti e Berlusconi sulla nomina del Governatore di Bankitalia

di Franco Bomprezzi

Viene da pensare che all’origine dello scontro dei giorni scorsi tra Berlusconi e Tremonti non ci fosse solo la vicenda del voto per la richiesta di arresto di Milanese, o le diverse strategie per la ripresa economica, ma anche una guerra di potere attorno alla successione al vertice della Banca d’Italia. Mentre Saccomanni, gradito al premier, è vicino alla nomina al posto di Draghi, il superministro preme per la candidatura di Grilli, suo uomo di fiducia. Il Colle, intanto, cerca di difendere l’autonomia della Banca dalla politica… I giornali oggi raccontano questo nuovo capitolo della saga “Tremonti-Berlusconi”.

“Banca d’Italia, ultimo scontro” è infatti il titolo di apertura del CORRIERE DELLA SERA di oggi, a corredo del lungo colloquio avvenuto fra il premier e il ministro dell’Economia. Andiamo subito a pagina 3, per capire, con Francesco Verderami, che cosa è successo ieri: “Le tensioni sulla nomina per Bankitalia”. “Lo scontro tra Silvio Berlusconi e Giulio Tremonti ha ormai travalicato il perimetro politico – scrive Verderami – invadendo i confini istituzionali: è ormai evidente infatti che nella contesa tra il presidente del Consiglio e il titolare dell’Economia c’è anche la nomina del nuovo Governatore di Bankitalia. Così una pericolosa mano di Risiko a Palazzo Chigi si è trasformata in un rischioso giro di Monopoli che coinvolge Palazzo Koch. Non è un caso infatti se il dossier sul successore di Mario Draghi è stato oggetto del colloquio tra il Cavaliere e il superministro, se Berlusconi — pur di garantirsi una tregua — per la guida dell’Istituto di via Nazionale ha riaperto uno spiraglio alla candidatura di Vittorio Grilli, sostenuto da Tremonti”. E più avanti: “S’intuisce perciò l’irritazione del Colle in queste ore, dato che il presidente della Repubblica attende da quattro mesi la valutazione del Cavaliere, e che a novembre Draghi si insedierà alla Bce. Il tempo passa. La logica del rinvio e l’irritualità nelle procedure allarmano sia il capo dello Stato sia Bankitalia, e al contempo disorientano e sconcertano le istituzioni europee. Segnali in tal senso arrivano da Bruxelles e da Francoforte. Per questo Napolitano aveva richiamato sulla nomina a un «clima di discrezione», che invece lascia il posto a un evidente conflitto all’interno del governo tra il premier e il titolare dell’Economia: una impropria mediazione che mette a repentaglio l’indipendenza dell’Istituto di via Nazionale, lesiona il prestigio della carica e di chi finora l’ha occupata, e offre ai mercati un’immagine negativa delle istituzioni nazionali”. E Massimo Franco, partendo dalla prima, commenta: “Da palazzo Koch alla Chiesa la confusione aumenta”. Ecco un passaggio del suo editoriale: “Oggi si riunisce un Consiglio dei ministri che dovrebbe certificare la «collegialità» nel governo e ridimensionare Tremonti: una questione tuttora irrisolta. Il problema è capire che cosa, nella laboriosa trattativa con il premier e col suo vero alleato Bossi, il titolare dell’Economia sia riuscito a ottenere. L’ipotesi circolata ieri, secondo la quale a Palazzo Chigi non si parlerebbe solo di misure per la crescita, ma anche del successore di Mario Draghi, semina perplessità: l’idea di una sorta di sondaggio informale fra i ministri sul governatore sa di sconfinamento. Se poi la designazione della persona chiamata a sostituire il futuro presidente della Bce apparisse come una decisione del Cdm, il contraccolpo sarebbe ancora più negativo. Un governatore di Bankitalia percepito come un prodotto della coalizione berlusconiana colpirebbe l’immagine di autonomia che Palazzo Koch difende gelosamente. L’insistenza di Tremonti affinché sia nominato il direttore generale del Tesoro, Vittorio Grilli, dura da mesi. La tesi è che le strategie di Palazzo Koch e governo vadano raccordate più di quanto sia avvenuto finora”. 

Doppio titolo “berlusconiano” per LA REPUBBLICA: l’apertura (“Berlusconi ordinava di mentire” accompagnato da un sommario che spiega: “L’accusa del Tribunale: sapeva che erano escort. Il premier: mi sabotano”) e taglio centrale, dedicato a via Nazionale: “Bankitalia, no di Tremonti a Saccomanni”. I servizi all’interno. “Pace armata tra il premier e Tremonti ma sulle pensioni è scontro con Bossi”. Ieri si sono visti, hanno dialogato e si sono confrontati sullo sviluppo: «andranno avanti insieme, non ne possono fare a meno, ma in un equilibrio comunque precario» scrive Carmelo Lopapa, riferendosi al fatto che tra l’altro oggi è la giornata in cui si vota la sfiducia a Romano, il ministro dell’Agricoltura accusato di essere colluso con la mafia. Oggi è pure il genetliaco di Berlusconi: “Il triste compleanno del Cavaliere «Ma come i miti io non ho età»”. Il retroscena è dedicato alla lite su Bankitalia: da una parte Tremonti che continua a sponsorizzare l’attuale direttore generale del Tesoro Grilli; dall’altra il premier «che non se la sente di rimangiarsi quanto promesso in alcuni colloqui privati e insiste per nominare Saccomanni». Si vocifera di un accordo: Grilli in Bankitalia e in cambio una maggior duttilità sui provvedimenti per la crescita. C’è però anche l’ipotesi di un terzo uomo. Oggi forse potrebbe risolversi il braccio di ferro: in mattinata è prevista la riunione del consiglio superiore della Banca che deve dare un parere sul candidato. Ieri nel faccia a faccia reciproci rimproveri che non hanno portato se non alla tregua necessaria.

Una mezza pagina a pagina 7. Ecco quanto dedica IL GIORNALE al confronto tra Silvio Berlusconi e Giulio Tremonti sulla nomina del nuovo governatore di Bankitalia. “Silvio-Giulio, la tregua passa da Bankitalia”. Secondi chi scrive che i due siano ai ferri corti «l’hanno visto anche i ciechi e l’hanno sentito pure i sordi» ma entrambi sono consapevoli che «nessuno può fare a meno dell’altro» e che per la situazione darebbe anche per Tremonti lasciare il suo posto. Una tregua «un deporre le armi che passa per la nomina del futuro governatore di Bankitalia». Con il nome di Fabrizio Saccomanni, candidato gradito a Giorgio Napolitano e a Mario Draghi e quello di Vittorio Grilli, direttore generale del Tesoro sostenuto da Giulio Tremonti. E proprio su questo nome per chi scrive il ministro dell’Economia avrebbe trovato «qualche sponda» in Silvio Berlusconi. Il preludio forse di un «accordo che prevede che il ministro dell’Economia inizi a dare più spazio alla collegialità» ma non «una cabina di regi che per Tremonti sarebbe un colpo d’immagine difficile da incassare». Per chi scrive «tramonta la cabina di regia ma si rafforza la collaborazione tra il ministero dell’Economia e il resto del governo. E riprendono terreno le quotazioni di Grilli come futuro governatore di Bankitalia».

Due aperture per IL MANIFESTO che dedica la principale alla manifestazione degli operai di Termini Imerese a Roma “Ai minimi Termini” con tanto di foto del corteo. In alto, sotto la testata, invece l’apertura politica “Crisi, Tremonti alla regia Berlusconi protagonista”. Nel richiamo si legge “Girandola di incontri a Palazzo Grazioli tra il premier e il ministro dell’Economia. La «cabina di regia» sulla politica economica e la crescita ressta a via XX settembre, Berlusconi guiderà il seminario sulle privatizzazioni (…)” l’articolo è a pagina 4 con il titolo “Lo sviluppo a costo zero”. “Nervi tesi tra Berlusconi e Tremonti. Allo studio solo due mini-decreti su infrastrutture e semplificazioni” avvisa il catenaccio. Nell’articolo di analisi si osserva che: «(…) Il vincitore di giornata, dopo settimane di polemiche e veleni, sembra essere il ministro dell’Economia (…)», mentre sulle nomine a Bankitalia si sottolinea «Tremonti continua a tenere le sue carte ben coperte. Come a volersi parare le spalle, prima dell’incontro con Berlusconi ha visto sia Bossi che Napolitano. Un appuntamento al Quirinale dedicato a sminare il campo per possibili decreti immediati alla nomina del successore di Draghi al vertice di Bankitalia (Tremonti e Bossi vogliono Grilli, Letta predilige una scelta interna come Saccomanni). Sulla crescita però non c’è nulla di deciso (…)». 

IL SOLE 24ORE apre con un taglio a centro pagina sul totonomine (anzi, sul “braccio di ferro”, titola) per Bankitalia. “Il ministro dell’Economia insiste su Grilli, il premier per Saccomanni: tempi lunghi per la nomina”, è l’inevitabile conclusione. Una dilazione dei tempi per non inasprire lo scontro tra i due dopo le polemiche incrociate dei giorni passati e l’incontro di ieri di Tremonti “con Silvio Berlusconi per sancire la tregua sulla gestione collegiale della politica economica”. Chiosa Stefano Folli: “come diceva l’antico saggio cinese, se non puoi vincere il tuo nemico, unisciti ad esso. Ed ecco spiegato l’esito ottimo del lungo colloquio di ieri fra il premier e il ministro”. Il duello sulla nomina del successore di Draghi occupa pagina 9, ma non si aggiunge molto a quanto sintetizzato nel titolo: “Governo diviso, duello su Bankitalia”. Situazione di stasi, tanto che “il Consiglio superiore della Banca d’Italia che si riunisce oggi non prenderà in considerazione il parere sulla nomina del successore di Mario Draghi, che dal primo novembre sarà presidente della Bce”. Tecnicamente, “il ministro, da un punto di vista formale non ha potere d’iniziativa sulla nomina. La legge recita infatti che la nomina del governatore è disposta con decreto del Presidente della Repubblica, su proposta del Presidente del Consiglio dei ministri, previa deliberazione del Consiglio dei ministri, sentito il parere del Consiglio superiore della Banca d’Italia”.

ITALIA OGGI affida alla penna di Franco Adriano il commento dell’iter per la nomina del Governatore di Banca d’Italia. «Il minimo che si possa attendere è un nuovo braccio di ferro con il Colle che vede però un po’ a sorpresa Tremonti e Berlusconi unire le forze. O le debolezze perché fra gli argomenti messi in campo da Tremonti quello decisivo è rappresentato da una ragione di sopravvivenza: con Mario Draghi alla presidenza della Bce dal 1 novembre è necessario che la Banca d’Italia sia in mano non ostile. Non solo il vertice di Banca d’Italia sopravviverà a questo governo e al posto loro la sinistra non si sarebbe mai fatta sfuggire l’occasione. Sono alcune delle considerazioni che hanno convinto i due a ingaggiare la battaglia per Grilli. Da qui  a dire se questa strategia poterà frutto è difficile a dirsi, vista la morsa politica e giudiziaria in cui è serrato Berlusconi, ma nella quale risulta un po’ acciaccato anche Tremonti per il caso Milanese».

Taglio medio e piccola fotonotizia sulla prima di AVVENIRE per l’eterno scontro fra Tremonti e Berlusconi e relativa nomina del successore di Mario Draghi a capo di Bankitalia. Angelo Picariello a pagina 9 la spiega così: «Giulio Tremonti torna in campo e rimette in pista Vittorio Grilli nella corsa a Bankitalia. Un tentativo quasi fuori tempo massimo, sembrando da tempo ormai blindato l’asse fra palazzo Chigi e Bankitalia su Fabrizio Saccomanni, che in via Nazionale detiene già la carica di direttore generale» e ancora «Il nodo è tutto in mano a Berlusconi: se sancire la pace con il suo riottoso ministro dell’Economia, o saldare un asse duraturo con il futuro presidente della Bce. Sarà la partita del prossimi giorni». 

“Braccio di ferro su Bankitalia” titola LA STAMPA, che apre con un articolo di Magri sui difficili equilibri fra ministro dell’economia, premier e capo dello Stato. Il primo è uscito rafforzato dal faccia a faccia con Berlusconi di ieri, scrive LA STAMPA, per il semplice fatto che in questo momento Tremonti è insostituibile. Di mezzo c’è anche la Lega che minaccia le elezioni in primavera, e che il premier sta cercando di contenere, com’è successo ieri durante una cena con Bossi, provando a dire che è meglio aspettare fino al 2013. Il presidente della repubblica non discute le qualità di Grilli come successore di Mario Draghi a Bankitalia, scrive LA STAMPA, tuttavia gli preme maggiormente l’autonomia dell’ex istituto di emissione, pensa quindi che la scelta del successore debba scaturire dall’interno di Bankitalia. Ieri è stato il «gelo» a caratterizzare l’atteggiamento del Colle nei confronti del governo, la partita resta «aperta a qualunque esito» dicono fonti parlamentari bene informate.

E inoltre sui giornali di oggi:

WELFARE
CORRIERE DELLA SERA – Da segnalare l’opinione di Maurizio Ferrera, che parte dalla prima e si sviluppa a pagina 6: “Welfare, gli aiuti non meritati”. Scrive Ferrera: “La torta delle agevolazioni vale più di 100 miliardi di euro all’anno e si compone di un variegato insieme di deduzioni e detrazioni. La torta dell’assistenza vale circa 60 miliardi di euro fra indennità e sussidi a base non contributiva: pensioni sociali, indennità di accompagnamento, integrazioni al minimo e così via”. E aggiunge: “Com’è tristemente noto, nel nostro Paese ottenere un qualche sussidio in caso di povertà è una vera e propria lotteria: dipende dal comune di residenza, dalla discrezionalità degli uffici, dalla condizione occupazionale, dall’età e spesso dalle semplici «conoscenze». Invece di universalismo abbiamo il particolarismo, spesso di marca clientelare. Per chi è povero, il sistema delle agevolazioni fiscali è completamente irraggiungibile: non dichiarando reddito, gli indigenti sono tagliati fuori dalla spartizione della torta da 100 miliardi. Laddove è prevista, la selettività in base alle risorse economiche dei beneficiari segue regole diverse e incoerenti a seconda delle prestazioni (il tutto senza contare l’evasione). Una situazione che produce vere e proprie assurdità distributive: il 24% delle pensioni sociali e il 34% degli assegni familiari finiscono nelle tasche della metà più ricca della popolazione. Una seria riforma in direzione dell’universalismo selettivo non può che partire da misure sottrattive, che sopprimano agevolazioni immotivate e concentrino le risorse disponibili verso chi ha veramente bisogno. Certo, le misure sottrattive dovranno andare di pari passo con la lotta all’evasione e con misure fiscali che accrescano la progressività e l’equità del prelievo”.

IRAN
LA REPUBBLICA – “Impiccate quel pastore cristiano”. L’evangelico padre Yousef, 34 anni, sposato con due figli, rischia la morte. Un giudice oggi, dopo avergli chiesto se è pronto a tornare alla religione musulmana, potrebbe confermare la condanna per apostasia, sentenza sospesa dal tribunale supremo iraniano. Una vicenda, scrive Vincenzo Nigro, «figlia dello scontro tra religioni, culture, ideologie e comportamenti: ma all’essenza è anche la battaglia di un cittadino diverso, di una famiglia convinta e devota a qualcosa di differente dal potere dominante».

INTEGRAZIONE
IL GIORNALE – Sul tema dell’integrazione interessanti due notizie riportate a pag.13, nella sezione Esteri. “Se avanti Cristo offende l’Islam”, sulla decisione della BBC di non utilizzare la dicitura avanti Cristo e dopo Cristo per non offendere le altre minoranze religiose. Sotto in un piccolo riquadro la notizia della condanna a morte per apostasia in Iran di un uomo 34ennemuslmano di nascita e diventato cristiano. Interessante poi lo spazio “Fuoco e Fiamma” in cui Fiamma Nirenstein racconta della campagna di Second@plus, una lobby musulmana in Svizzera per far cambiare la croce sulla bandiera elvetica (“E ora i musulmani attaccano la croce sulla bandiera svizzera”).

MIGRANTI
IL MANIFESTO – A pagina 6, di taglio medio, si trova un articolo dedicato agli immigrati che si trovano sulle navi del porto di Palermo. “Palermo, la procura indaga sulle navi trasformate in prigione” recita il titolo e nell’occhiello si spiega “La decisione dopo l’esposto presentato da alcune associazioni”. Si osserva nell’articolo che «(…) il problema principale sarà quello di capire qual è lo stato giuridico dei migranti, visto che la loro si può considerare una detenzione vera e propria dal momento che sono impossibilitati a lasciare le navi. Per quanto se ne sa, denunciano infatti il Forum antirazzista, l’Arci e la Cgil siciliana – tre delle associazioni autrici dell’esposto, nessun provvedimento restrittivo è stato finora notificato agli immigrati, come invece previsto dalla legge (…)».

SCOLA
AVVENIRE – È iniziato dalla “fragilità” il cammino in diocesi del cardinale Angelo Scola, il nuovo arcivescovo di Milano. La cronaca dell’incontro con i rappresentanti di associazioni, enti e fondazioni di volontariato a pochi giorni dall’insediamento nella diocesi milanese, lo scorso 25 settembre, nella chiesa dell’Istituto Sacra Famiglia di Cesano. Che ha definiti: «alfieri del gratuito e cittadini per eccellenza», rivolgendo loro la propria gratitudine per un’azione costante che non solo soddisfa i bisogni materiali delle persone, ma le aiuta a ricostruire una rete relazionale oltre il disagio. 

MEZZOGIORNO
LA REPUBBLICA – “Svimez: tsunami demografico al Sud”. Povero, economicamente più fragile e ora drammaticamente vecchio: è il Meridione nella fotografia scattata dall’istituto di ricerca, che sottolinea che nei prossimi 40 anni ci saranno 2 milioni di giovani in meno. Una prospettiva terribile: chi rilancerà il territorio? Chi porterà avanti le imprese? Negli ultimi anni la disoccupazione è salita enormemente. Nella fascia tra i 15 e i 34 anni, tra disoccupati e quelli che ormai il lavoro non lo cercano più, si arriva al 25,3%.

AVVENIRE – Il quotidiano della Conferenza episcopale decide di aprire in prima con il Rapporto Svimez: “Il Sud perde futuro”. Nei prossimi vent’anni il Mezzogiorno perderà quasi un giovane su quattro, nel centro-nord oltre un giovane su cinque sarà straniero. Gli under 30 al Sud saranno oltre due milioni in meno nel 2050, meno di cinque milioni. Gli over 75 passeranno dall’attuale 8,3% al 18,4. È il rischio “tsunami demografico”, registrato da Svimez nel rapporto sull’economia del Mezzogiorno. Le cause dell’invecchiamento sono la bassa natalità, la bassissima attrazione di stranieri e l’emigrazione (che riguarda 104 mila persone nel 2010). Nord e Sud Italia continuano a percorrere “strade diverse”. 

IKEA
SOLE 24 ORE – D’impatto l’intervista, richiamata in prima pagina, al Ceo di Ikea, Mikael Ohlsson: “Pronti a investire un miliardo in Italia”, dice. Ikea avrebbe infatti in progetto “10-15 nuove aperture, e trasferisce nel nostro Paese attività da Malaysia e Cina”. Il tutto, nonostante gli sgambetti burocratici che hanno fatto fallire le aperture di store Ikea a Pisa e Torino.

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