È passato un mese dal giorno del rapimento di Silvia Romano nel villaggio di Chakama il 20 novembre scorso da parte di un gruppo armato.
Silvia Romano, 23 anni, milanese, è la volontaria italiana della Ong Africa Milele, che si trovava in Kenya per partecipare a progetti di cooperazione internazionale.
Ad oggi sappiamo che continuano le operazioni di ricerca per trovare la cooperante italiana, le forze di sicurezza keniane hanno arrestato almeno un centinaio di persone a nord di Malindi. Il timore degli investigatori è che i rapitori rimasti a piede libero possano raggiungere la Somalia e consegnare la giovane italiana ai gruppi di estremisti. Sappiamo anche dell’impegno delle istituzioni sia europee che italiane mobilitate per riportare a casa Silvia.
“Siamo in costante contatto con le autorità in Kenya per le ricerche che vengono effettuate e siamo motivati a fare tutto quanto è necessario per riportare la nostra connazionale a casa”, ha affermato pochi giorni fa il ministro degli Esteri Enzo Moavero Milanesi che ha aggiunto: “C’è un doveroso riserbo per consentire alle indagini di andare avanti e di arrivare ad un risultato positivo”.
Anche gli Enti locali stanno alzando il livello di attenzione, come è accaduto al Comune di Milano.
All’indomani del suo sequestro avevamo subito sottolineato come Silvia sia la testimonianza della meglio gioventù di questo Paese, dell'Italia che può guarirci, guardandola e valorizzandola, dai miasmi razzisti e dalla chiusura ottusa e cattiva della politica (leggi qui).
E pochi giorni dopo, reagendo alle idiozie degli haters da tastiera e alle banalità di tanti editorialisti, avevamo stottolineato come i 16 mila italiani impegnati in ogni parte del mondo con il loro carico di passione, competenze e relazioni, siano un avamposto di umanità espressione di altri centinaia di migliaia di italiani che li sostengono don l’amicizia e le donazioni. Un’Italia che dice “Prima la dignità dell’uomo”, “Prima la giustizia”, “Prima la relazione con gli altri” e non il gretto e stupido “Prima gli italiani”, “Prima pensa a te e poi agli altri”. Una parte d’Italia che fa bene all’Italia (leggi l’articolo).
Ma è già passato un mese e Silvia e i suoi famigliari hanno bisogno di noi, di un nostro gesto oltre che delle nostre parole. Hanno bisogno di non sentirsi soli in questi giorni particolari, hanno bisogno di sentire che questa Italia della solidarietà e della cooperazione c’è ed è accanto a loro. Hanno bisogno che si tenga viva l’attenzione e che si senta la nostra voce.
Tempo fa, sul suo diario di Facebook, Silvia scriveva: "Si sopravvive di ciò che si riceve ma si vive di ciò che si dona". In questi giorni di particolare festa il dono dobbiamo farlo noi. Facciamo girare il più possibile il suo sorriso con l’hashtag #SilviaLibera
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