Formazione

Signori ministri rimandati a novembre

Appello: Cinque docenti universitari danno i voti al decreto sulle norme fiscali per il non profit

di Redazione

È iniziato il conto alla rovescia per la nuova legge sulle Onlus, ossia sugli enti non commerciali e sulle organizzazioni non lucrative di utilità sociale. Scade, infatti, il 30 novembre il tempo concesso al governo per varare la riforma fiscale degli enti non profit. Dopo mesi e mesi di discussioni, due commissioni di studio, dimissioni polemiche, ?insurrezione? delle associazioni del Terzo settore, compromessi politico-burocratici, pareri ?obbligatori ma non vincolanti?, manca un mese al varo definitivo della nuova normativa tributaria. ?Rien ne va plus?, quindi? Niente affatto. Questi trenta giorni che ci separano dal traguardo sono tutti da giocare, perché questa riforma non sia soltanto ?la meno peggio possibile?. E per capire quali siano i punti su cui è necessario ancora lavorare abbiamo sentito l?opinione di alcuni dei docenti universitari che da anni seguono, analizzano, insegnano il non profit.
Primo punto dolente, l?articolo 6, quello che stabilisce le caratteristiche per ottenere, o meglio per perdere, la qualifica di ente non commerciale. «Più che un articolo di legge è una forca caudina», parola di Davide Maggi, docente di Economia delle aziende e delle amministrazioni pubbliche all?Università Bocconi di Milano. «Non è possibile che un ente perda automaticamente la qualifica e le agevolazioni legate alla non commercialità se solo per un periodo di imposta l?attività commerciale risulti prevalente. Gli introiti delle organizzazioni non profit sono estremamente variabili e una norma del genere è veramente illiberale».
Gli fa eco un altro ?bocconiano?, Giorgio Fiorentini, docente di Economia delle aziende non profit. «Sono troppe le possibilità di perdere la qualifica di ente non commerciale. Si parla in continuazione di ?prevalenza?: prevalenza delle immobilizzazioni, prevalenza dei ricavi da attività commerciali, prevalenza dei redditi commerciali ecc., ma non si quantifica mai. Così si dà adito a interpretazioni soggettive, mentre è necessario stabilire dei parametri certi».
Dalla necessità di parametri certi al problema dei poteri dell?Authority, il passo è breve. «Se non si vogliono stabilire dei parametri », spiega Fiorentini, «si rivaluti almeno il ruolo dell?Authority in una dimensione che tenga conto non solo della quantità ma anche della qualità dei redditi». Ma se da una parte si è avvolti in una nebbia normativa, dall?altra si è avviluppati in una giungla di adempimenti che rischiano di soffocare lo sviluppo dell?economia sociale. È su questo aspetto che puntano il dito Carlo Borzaga, docente di Economia aziendale all?università di Trento e presidente dell?Istituto superiore di studi sulle aziende non profit, e Lucia Boccacin, docente al corso post-laurea in non profit dell?università Cattolica di Milano.
«Secondo il decreto del ministro Visco», dice Borzaga, «fanno solidarietà sociale solo le organizzazioni che si rivolgono a persone svantaggiate. Un criterio troppo restrittivo, che taglia fuori una serie di attività di pubblica utilità e che costringerà gli enti non profit a difficili equilibrismi fiscali e organizzativi per non perdere le agevolazioni cui hanno sacrosanto diritto. Propongo di adottare, invece, questo criterio: si considerano solidaristiche tutte le attività che portano all?erogazione di servizi socialmente utili al di sotto dei costi di produzione». «Più che alla sussidiarietà si è fatto riferimento ad un principio di sussunzione», analizza la Boccacin, «senza riconoscere al Terzo settore quella legittimazione sociale che si guadagna ogni giorno sul campo. E poi manca un aspetto importante: questo decreto non crea una relazione forte tra Terzo settore e mercato, fa pochissimo per ?emancipare? il privato sociale».
Un privato sociale che rischia di rimanere soffocato anche da un?altra norma, questa volta dimenticata. Lo denuncia ancora Borzaga: «I tecnici di Visco si sono ?dimenticati? di prevedere la non tassabilità degli utili non distribuiti. Così facendo si blocca lo sviluppo di tutto il non profit che riesce a produrre utili pur erogando servizi di pubblica utilità». Qui si innesta il problema, non indifferente, dell?autonomia economica delle Onlus, autonomia che corre sul sottilissimo crinale della differenza tra ente commerciale ed ente di utilità sociale. «Ma per aumentare questa capacità di autonomia economica delle Onlus una soluzione c?è», afferma Giorgio Fiorentini. «Basterebbe aumentare la possibilità di detrazione fiscale delle donazioni». Sembra semplice, ma il decreto governativo non lo prevede.
Infine, c?è un altro elemento che sta a cuore ai professori: «Siamo ancora lontani dalla semplificazione delle procedure e l?inclusione delle cooperative sociali rende ancora più complessa la situazione», è il giudizio di Claudio Travaglini, docente di Economia aziendale al corso non profit dell?università di Bologna. «Occorre introdurre schemi di rendicontazione contabile per rendere più trasparente l?informazione e una disciplina transitoria per la trasformazione delle cooperative sociali in Onlus». «E occorre rendere più accessibili gli strumenti per la modifica degli statuti. O le associazioni di piccole dimensioni saranno penalizzate fino alla morte», parola di Boccacin. Un appello dai professori al ?professore?, perché se non ridere ci possa almeno non far piangere. ?
di M. Caropreso e D. Romanello

Il parere dei Trenta

La commissione Bicamerale per le deleghe fiscali ha finalmente approvato e depositato, il 15 ottobre, il parere ?obbligatorio, ma non vincolante? sui decreti delegati per il nuovo regime fiscale del non profit, approvati lo scorso luglio dal Consiglio dei ministri. Sta ora al governo varare il provvedimento definitivo, entro la fine di novembre. Ecco le integrazioni più importanti che i Trenta hanno raccomandato all?esecutivo.

La Commissione chiede al governo di ricomprendere tra le Onlus anche i soggetti che operano nei campi della protezione civile e della ricerca scientifica di particolare interesse sociale. I secondi, però, solo a patto che siano fondazioni che svolgano direttamente l?attività di ricerca e che usufruiscano di fondi statali (il che esclude la stragrande maggioranza degli enti senza fine di lucro che di fatto finanziano la ricerca scientifica in Italia, come Associazione italiana ricerca cancro o Comitato promotore Telethon).

Per i commissari devono essere deducibili fiscalmente non solo le donazioni effettuate a favore di Onlus, ma anche a favore di associazioni di promozione sociale (tra cui Arci e Acli).

Per quanto riguarda i titoli di solidarietà, la norma deve essere riformulata in modo da garantire il vantaggio fiscale a favore dei singoli risparmiatori invece che degli istituti di credito.

Novità, anche per la perdita della qualifica di ente non commerciale: l?automatismo che prevede tale provvedimento ogni qual volta venga meno anche uno solo dei requisiti previsti dalla legge è troppo rigido, e la commissione ne consiglia un?attenuazione.

I Trenta esprimono parere negativo riguardo l?anagrafe delle Onlus presso il ministero delle Finanze. Ritengono invece preferibile l?iscrizione delle stesse al Rca, il repertorio delle notizie economiche e amministrative istituito presso le Camere di commercio.

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