Mondo

Sierra Leone: pace nel Paese devastato da 11 anni di guerra

Con la missione Unasmil, il processo di pace in Sierra Leone è considerato il maggior successo delle operazioni peacekeeping Onu in Africa, dopo le debacle in Angola, Ruanda e Somalia

di Paolo Manzo

La guerra in Sierra Leone è stata dichiarata ufficialmente conclusa nel gennaio del 2002, dopo che l’intervento di un contingente di 17mila peacekeeper è riuscito a completare il disarmo, tre anni dopo la firma dell’accordo di pace di Lome che avrebbe dovuto mettere fine al conflitto, di 45mila guerriglieri. Il processo di pace in Sierra Leone viene così considerato il maggiore successo delle operazioni di peacekeeping dell’Onu, attraverso la sua missione Unasmil, in Africa degli ultimi anni, dopo le debacle in Angola, Ruanda e Somalia. Giunta in Sierra Leone dalla vicina Liberia in piena guerra civile, la ribellione Fronte Unito Rivoluzionario (Ruf), iniziata nel marzo 1991 e sostenuta inizialmente dal Fronte Nazionale Patriottico di Liberia (NPFL), si è allargata a tutto il paese. Alla guida del Fronte è Foday Sankoh, un ex caporale dell’esercito, ex fotografo di matrimoni e cameraman tv, un leader idolatrato dai ribelli, anche e soprattutto per la sua feroce crudeltà. A sostenerlo l’allora presidente della Liberia Charles Taylor – che si era addestrato insieme a Sankoh nei campi di Muammar Gheddafi in Libia – interessato, in cambio, a mettere le mani sui proventi del contrabbando dei ”diamanti insanguinati”, la ricchezza della Sierra Leone e la principale fonte delle enormi sofferenze e degli orrori che il paese ha vissuto. Per il ruolo svolto nella guerra civile Taylor è stato incriminato dal Tribunale speciale per la Sierra Leone che Onu e governo locale hanno creato nel 2002 e che ha iniziato la scorsa estate i primi procedimenti. Ma si teme che l’ex presidente liberiano non sarà mai alla sbarra a Freetwon dal momento che nel 2003 ha ottenuto l’esilio in Nigeria, che finora si è riufiutata di concedere l’estradizione. Come non verrà mai processato l’altro grande incriminato dalla Corte, Sankoh, che – arrestato nel 2000 – nel 2003 è morto per cause naturali mentre era in attesa di giudizio. Nulla si sa poi del terzo incriminato eccellente del Tribunale, Johnny Paul Koroma, leader del Consiglio Rivoluzionario delle Forze Armate, che nel 1997 destituì con un colpo di stato il governo del presidente Ahmad Tejan Kabbah, legittimante eletto nelle elezioni che si tennero, nonostante una campagna di intimidazioni e terrore da parte sia dei governativi che dai ribelli, nel marzo del 1996. Koroma, che intanto aveva stretto un alleanza con il Ruf, sospese la costituzione ed i partiti politici. Dopo che la Sierra Leone è stata sospesa dal Commonwealth, colpita dalle sanzioni dell’Onu e dall’embargo sulle armi, l’intervento di un contingente dell’Ecomog, guidato dalla Nigeria, permette a Kabbah – che si era rifugiato in Guinea – di rientrare a Freetown nel marzo del 1998. Non è la fine della guerra civile ma nel maggio del 1999 il presidente riesce ad arrivare ad un cessate il fuoco e sei settimane dopo a Lome, capitale del Togo, si firma un accordo di pace in base al quale i ribelli del Ruf ottengono posti di governo e la garanzia di non essere processati per crimini di guerra. Ma anche in questo caso la pace è ancora lontana: i ribelli del Ruf attaccano sia le forze dell’Ecomog che i peacekeeper della missione dell’Onu, Unasmil, arrivati per garantire il processo di pace. Tra l’aprile ed il maggio del 2000 diverse centinaia di membri del contingente Onu vengono rapiti, mentre i ribelli assediano la capitale. Solo nel marzo del 2001 le truppe Onu riescono per la prima volta a penetrare nei territori controllati dal Ruf e nel maggio avviano il disarmo. Un anno dopo la dichiarazione della fine del conflitto – che ha provocato 50mila morti ed un totale di 500mila vittime si calcolano le persone violentate e mutilate – e la rielezione di Kabbah per un nuovo mandato di cinque anni.


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