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Sierra Leone: la guerriglia non si disarma

Gli osservatori locali non credono all'intenzione di porre fine alla guerra. La guerriglia pone condizioni inaccettabili e nella regione sono in arrivo nuovi armamenti

di Daniela Romanello

Sfiducia è stata espressa dagli osservatori locali circa l’intenzione della guerriglia della Sierra Leone (RUF) di porre fine alla guerra. Lo rende noto l’agenzia Fides che ha raccolto le dichiarazioni di mons. Giorgio Biguzzi, vescovo di Makeni. “La guerriglia afferma di volere la pace, ma perché questa sia effettiva ci vuole il suo disarmo, cosa che ancora non è avvenuta”, afferma il prelato. Osservatori locali sostengono che i soldati del RUF vogliono la pace, ma temono, da un lato, l’oltranzismo dei propri capi e, dall’altro, di essere processati per i crimini commessi. I negoziati sono resi difficili anche dalle condizioni inaccettabili poste dal RUF per fare cessare i combattimenti. Tali condizioni sono: il disarmo dell’esercito governativo, la liberazione dei propri esponenti accusati di crimini contro l’umanità, la nomina di un proprio rappresentante presso il governo. La guerriglia è d’accordo sul dispiegamento delle truppe ONU nei territori da essa controllati, ma, per motivi di sicurezza e difficoltà logistiche, le truppe di pace stanno avanzando con lentezza. Alcuni osservatori fanno notare che finché le truppe ONU non raggiungeranno le zone diamantifere sotto il controllo del RUF, al movimento ribelle sarà sempre possibile fomentare azioni di guerra. Un ulteriore segnale che la situazione non è stabile è dato dall’arrivo di nuovi armamenti nella regione. Fonti locali di Fides affermano che il presidente liberiano Charles Taylor è in attesa di un carico di armi da Taiwan. La Liberia, che è il grande sponsor del RUF, potrebbe usare queste dotazioni belliche per alimentare il conflitto nel paese confinante.


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