Politica
SICUREZZA. La fondazione di Fini contro il ddl Maroni
Farefuturoweb: «Ascoltiamo le ragioni dei medici»
«Si dicono pronti a ricorrere alla Corte di giustizia europea, nella consapevolezza che il ddl in questione è contrario alle più elementari forme di diritto e tradisce il giuramento di Ippocrate. Loro sono alcune delle sigle sindacali dei medici italiani e il vulnus riguarda la norma che prevede la possibilità per un medico di denunciare un malato immigrato clandestino» si legge su Ffwebmagazine, il periodico online di Farefuturo, la fondazione presieduta da Gianfranco Fini. «Possiamo allora permetterci» – si chiede il magazine – «il lusso di non ascoltare queste argomentazioni? Può il Parlamento procedere su una materia specifica tralasciando le istanze di coloro che con quel tema si confrontano quotidianamente?».
«Il ddl sulla sicurezza» – spiega l’articolo – «cancella la disposizione secondo cui “l’accesso alle strutture sanitarie da parte di uno straniero non in regola con le norme sul soggiorno non può comportare alcun tipo di segnalazione all’autorità”, introducendo la possibilità di denuncia alle autorità di pubblica sicurezza».
«Tutto questo potrebbe essere messo in forse» – si legge – da una norma che avrebbe, come conseguenza immediata, il blocco psicologico dei pazienti immigrati, che per timore di essere denunciati non si rivolgerebbero più alle strutture sanitarie, con grande danno alla propria salute e anche a quella della comunità, con un alto rischio di contagio. Inoltre, – prosegue – «i singoli medici non sarebbero più solo incaricati di fare diagnosi, ma si trasformerebbero in vere e proprie spie al servizio delle autorità di pubblica sicurezza perché interpreti di un’attività non prevista né dal contratto di lavoro con il Ssn, né da norme contenute nel codice deontologico».
«Il decreto, approvato dal Senato, è ora in attesa di essere vagliato dalla Camera dove i medici contano di far sentire le proprie ragioni. Ascoltare le posizioni specifiche e in seguito concertare una soluzione, potrebbe essere» – conclude l’articolo – «una forma di intelligente convivenza tra istanze concrete e pericolosi scenari che potrebbero aprirsi. anzi, che si sono già semi aperti, se il ddl vedesse la luce anche a Montecitorio».
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