Politica

Sicurezza e giovani, per questo vado con Di Pietro

elezioni 2008 Parla Jean-Leonard Touadì, candidato "sicuro" per l'Idv

di Redazione

Le “quote straniere”, come d’altronde le “quote rosa”, non piacciono a Jean-Leonard Touadì, giornalista congolese fino a qualche mese fa assessore ai Giovani e alla sicurezza a Roma e oggi numero 2 in lista alla Camera per l’Italia dei Valori in Lazio. Nel prossimo Parlamento rischia di essere quindi se non l’unico (solo sei suoi “colleghi” sono stati candidati alle elezioni del 13 e 14 aprile), uno dei pochi rappresentanti degli immigrati ad occupare uno scranno. Ma non se ne preoccupa: «I tempi matureranno».

Vita: Dai Ds all’Idv: perché questa scelta?
Jean-Leonard Touadì: A dire il vero, a Roma sono stato eletto con la lista civica «Roma per Veltroni», non con i Democratici di sinistra. E sono ancora affascinato dal progetto e dalla persona per la quale sono sceso in campo. Non c’è nessuno strappo.
Vita: E allora, perché non candidarsi nelle fila del Pd?
Touadì: All’Idv mi lega l’attenzione a temi come la legalità, la trasparenza e i diritti dei consumatori di cui mi sono occupato quando ero assessore a Roma. Con Veltroni abbiamo pensato che la mia candidatura avrebbe dato corpo e sostanza all’alleanza tra i due partiti. I progetti politici camminano sulle gambe delle persone. In questa fase mi sento un modesto ponte tra il Pd e l’Idv.
Vita: Qual è il suo programma per il dopo elezione?
Touadì: Un giusto mix tra quello che ho iniziato a fare a Roma e l’attenzione per i temi della legalità dell’Idv. Continuerò ad occuparmi di giovani. Questa è una società bloccata per loro: vorrei cercare la chiave, far in modo che la famiglia smetta di essere l’unico ufficio di collocamento e l’ente assistenziale per eccellenza fino a 30/35 anni. Sono convinto, poi, che il Paese abbia bisogno di ritrovare il gusto della legalità e della trasparenza. È un tema che attraversa il Paese da Nord a Sud.
Vita: E per gli immigrati?
Touadì: Bisogna poter dire a chiare lettere che ci sono immigrati che delinquono, proprio per salvaguardare quelli che hanno accettato la fatica della convivenza con gli italiani attraverso il lavoro e il rispetto delle leggi. Da immigrato dico che il rispetto delle leggi paga in termini di integrazione.
Vita: Lavorare in un Parlamento monoetnico, come teme Fouad Allam, la spaventa?
Touadì: No, non proprio. Credo però che quella delle candidature sia stata un’occasione persa. Il problema, però, non appartiene solo al Parlamento: anche la stampa, la cultura, la scuola non riescono a fotografare i cambiamenti profondi della nostra società. Il rischio è che la par condicio, quella democratica, vada a farsi benedire: che si lascino ai margini intere fette di popolazione, nelle rappresentazioni simboliche e politiche. Il processo vero della piena integrazione è lento, lunghissimo, ma irreversibile. Sarà ancora più evidente con l’arrivo massiccio delle seconde generazioni. La rappresentanza sarà uno dei loro cavalli di battaglia.
Vita: Come potrà avvenire tutto questo se solo due o tre di voi siederanno a Montecitorio?
Touadì: I diritti non sono mai stati conquistati per gentile concessione della maggioranza ad una minoranza. Noi immigrati riusciremo a contare di più quando diventeremo “classe media”, in grado di esprimere una nostra visione sulla società. Finché il 70% degli immigrati sarà sui marciapiedi dell’esclusione sociale, la prima preoccupazione sarà la sopravvivenza quotidiana.


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