Politica
Sicilia, il ballettobdel bonus sociale
Il governatore Lombardo torna all'antico ed elimina il voucher.bUna scelta che rischia di penalizzare il terzo settore
D ietrofront della Sicilia sul buono sociosanitario. A pochi mesi dall’ultima modifica, la terza licenziata in tre anni, l’amministrazione targata Raffaele Lombardo torna alla vecchia disciplina. Il governatore ha revocato il decreto con il quale il suo predecessore Salvatore Cuffaro aveva introdotto a marzo nuovi criteri per l’erogazione del sostegno. La normativa ora abrogata prevedeva, in particolare, che solo metà (i primi tre mesi) del contributo per le famiglie con disabili o con non autosufficienti fosse assegnato sotto forma di sostegno economico (buono sociale). L’altra metà, invece, con un voucher: un buono per l’acquisto di prestazioni da cooperative sociali. Ad esempio, l’assistenza per l’igiene personale quotidiana degli anziani. Ora si torna indietro. Le famiglie potranno continuare a scegliere fra le due opzioni (soldi o voucher) ma non dovranno per forza rivolgersi al terzo settore per i restanti tre mesi. Una scelta, quest’ultima, che l’ex assessore alle Politiche sociali Paolo Colianni aveva compiuto, invece, con l’intento di evitare l’uso distorto del contributo. Le famiglie, infatti, lo usano talvolta per scopi diversi dalla cura della persona. La revoca è stata disposta dopo che la onlus Coordinamento H aveva sollevato perplessità su più aspetti del bonus: requisiti, tempi, valutazione medica, pagamento a sportello. Dubbi che la Regione ha accolto e che hanno trascinato via la norma sul ricorso obbligatorio alle strutture del terzo settore. «Per il privato sociale», osserva il presidente regionale di Federsolidarietà Dino Barbarossa , «non cambia nulla in quanto anche prima delle modifiche il voucher era sulla carta. La maggior parte dei siciliani richiede il contributo economico». Barbarossa, invece, propone di utilizzare il buono interamente come voucher. «È risaputo che in tanti, forse troppi, optano per il contributo in denaro», ammette l’assessore alla Famiglia Francesco Scoma . Un’opzione che, di fatto, la Regione rischia di avallare.
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