Cultura
Siccità nel Corno d’Africa: rischio di catastrofe umanitaria
Il Pam lancia l'allarme: 2,5 milioni di persone a rischio fame.
di Redazione
Il Corno d’Africa rischia una ”catastrofe umanitaria”, ed almeno 5,4 milioni di persone hanno bisogno di aiuti immediati per far fronte al disastro provocato nella regione dalla lunga siccita’. E’ il grido di allarme lanciato oggi a Nairobi da Arthur Holdbrook, direttore regionale per il Centro e l’Est Africa del Programma Alimentare Mondiale (Pam), organismo Onu.
Non e’ il primo -ormai gli allarmi in tal senso si succedono sempre piu’ frequenti e drammatici dalla meta’ di dicembre- ma si spera non resti sostanzialmente inascoltato come i precedenti. In particolare, stando alle cifre del Pam, l’emergenza certa riguarda per ora 2,5 milioni di persone in Kenya (nord est e tutta la fascia est), 1,5 in Etiopia (sud est), 1,4 in Somalia (sud), e 60.000 a Gibuti. Ma queste cifre non tengono conto del gia’ accertato analogo dramma che stanno vivendo il Sud Sudan (almeno centinaia di migliaia di persone a gravissimo rischio), l’Eritrea (difficile avere dati precisi da tale Paese, ma sicuramente la situazione e’ gravissima) e -in maniera relativamente piu’ marginale- Burundi e Tanzania. Senza parlare della carestia catastrofica quanto ormai strutturalmente endemica, indipendente cioe’ perfino dagli andamenti climatici, che sconvolge molti Paesi della regione subsahariana: Malawi, Swaziland, Zambia e Zimbabwe, solo per citare le situazioni piu’ spaventose.
Un vero e proprio flagello biblico (che funge inoltre da volano moltiplicatore alle tragedie sanitarie che stanno falcidiando tutta la regione, legate ad Aids, malaria, tubercolosi e via dicendo) di fronte al quale finora la reazione internazionale e’ stata largamente insufficiente. In Kenya, ad esempio, si contano gia’ almeno una quarantina di morti accertate -in maggioranza bambini- per inedia o malattie connesse nell’area del nord est. Dove, inoltre, gli animali, unico sostentamento di questa popolazione nomade, sono oramai piu’ che decimati.
Da poco piu’ di una settimana, con molto ritardo, stanno giungendo i soccorsi: del tutto insufficienti. Intanto nel discorso del Nuovo Anno il presidente della Repubblica keniano Mwai Kibaki ha parlato di ”catastrofe nazionale”, evocando per la prima volta, e senza mezzi termini, lo spettro della fame per 2,5 milioni di persone, vale a dire quasi un decimo della popolazione. In tal senso, il Kenya ha chiesto uno sforzo negli aiuti, da parte dei donatori, di portata ‘formidabile’, ed anche la cancellazione del debito estero (4,6 miliardi di euro), come ottenuto da altri paesi africani, per fronteggiare il cataclisma senza intaccare le gia’ scarse riserve di bilancio destinate a settori strategici quali sanita’ ed istruzione. Mentre il governo sta valutando la possibilita’ di aumentare le tasse sui prodotti importati, e prende piede anche l’ipotesi di abolire il divieto della caccia sportiva. In tal senso il Kenya e’ una sorta di oasi animalistica, avendo abolito la cosiddetta caccia grossa dal 1977. Ma nell’attuale contingenza, e vedendo quanta valuta pregiata questa attivita’ -seppur attentamente contingentata, quanto fatta pagare carissima- porta nelle casse della confinante Tanzania e del Sudafrica , non sono da escludere cambiamenti di rotta.
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