Cultura
Siamo volontari non salvagente
Sindaci in difficoltà che sfruttano le associazioni per tamponare le emergenze sociali. Amministratori che offrono parcheggi per disoccupati nelle cooperative sociali. Il rischio del non profit in Sic
«I n Sicilia il Terzo settore rischia di essere una scorciatoia con cui le amministrazioni pubbliche cercano di tamponare i bisogni». Questo il giudizio perentorio di Pino Toro, fondatore vent?anni fa a Palermo del movimento ?Città per l?uomo?. Il suo è un osservatorio privilegiato che consente di trarre un bilancio della presenza «ricca e variegata» del volontariato isolano e contemporaneamente di rilevare i limiti di questo arcipelago. «In Sicilia», spiega, «ci sono tante associazioni di volontariato ?puro?, più o meno organizzate, che intervengono dove i servizi sociali delle istituzioni sono insufficienti». Tra gli esempi più emblematici, secondo Pino Toro, il centro sociale San Saverio del popolare quartiere Albergheria o la Missione speranza e carità di Biagio Conte, «che riescono con miseri mezzi a dare risposte concrete al disagio dei più deboli».
Biagio, missionario scalzo
La missione di Biagio Conte, nata sotto i portici della stazione ferroviaria, è diventata in poco tempo l?unico approdo per gli homeless di Palermo. La struttura poi si è trasferita in un vecchio edificio abbandonato del centro, ristrutturato grazie all?impegno e all?abnegazione del missionario scalzo. Qui gli emarginati ricevono vitto e alloggio, tornano a socializzare, vengono gradualmente riavviati al lavoro, in modo da riconquistare mezzi e fiducia per ricominciare e vivere dignitosamente. Un?operazione che presto Conte ripeterà con l?ex convento di Santa Caterina, ?occupato? per realizzarvi la Casa delle donne. «Questo è anche il principio con cui opera il San Saverio all?Albergheria», aggiunge Nino Rocca, presidente del centro. «Con le nostre attività, che coinvolgono anziani, donne e giovani di questo quartiere degradato, cerchiamo di fornire loro gli strumenti per potersi riscattare, occasioni di incontro e di lavoro che scaturiscono dalle energie e dalle risorse degli stessi abitanti. Per esempio i contratti di quartiere, una sorta di patti territoriali in miniatura, che valorizzano le specificità della zona, come l?artigianato o il piccolo commercio. Sempre cercando il dialogo con sindacati, Comune e scuola».
Pungolo delle istituzioni
In una parola, le istituzioni. Quello del rapporto controverso con le istituzioni resta un nodo irrisolto per chi in Sicilia si avventura lungo la strada dell?impresa sociale. «I poveri continuano ad aumentare», continua Nino Rocca, «e di fronte a queste emergenze gli enti pubblici non possono più sfuggire alle proprie responsabilità, dandosi l?alibi dell?esistenza di strutture come quella di Biagio Conte, su cui dirottare i casi più disperati». Occorre insomma che gli enti locali attrezzino centri di pronto intervento per porre rimedio alle situazioni più urgenti. Anche per questo il mese scorso Rocca con Biagio Conte e i parroci di trincea dei quartieri palermitani, è stato promotore di una ?marcia degli scalzi? con cui si chiedeva la realizzazione di un pronto soccorso sociale. «I volontari devono dare l?esempio», affermano in coro Toro e Rocca. «Fare da pungolo alle istituzioni, senza sostituirsi a esse». «Così è stato per il nostro movimento», dice Pino Toro, che negli anni del ?sacco? di Palermo e dei delitti di mafia ha avuto il merito di portare all?attenzione concetti dimenticati come antimafia, moralità e trasparenza dell?amministrazione. Allora ?Città per l?uomo? diede voce e riferimento visibile alle persone – soprattutto giovani volontari nei quartieri a rischio, negli ospedali, nelle carceri – allargando gli spazi di partecipazione democratica. «Un obiettivo valido ancor oggi, seppure in condizioni diverse, perché è forte la tentazione di delegare a personaggi carismatici ogni responsabilità di governo».
Senza chiedere una lira
Ed è così anche per don Fortunato Di Noto, parroco della chiesa del Carmine di Avola e fondatore di Telefono Arcobaleno, un centralino di denuncia di episodi di pedofilia e degli imbrogli di maghi e ciarlatani. In due anni l?associazione messa su dal giovane e battagliero sacerdote ha denunciato migliaia di casi di pubblicità ingannevole a danno dei bambini, o siti Internet che incitano alla pedofilia, ricorrendo all?intervento dell?Antitrust e del ministero degli Interni. «Recentemente ci siamo fatti promotori di una proposta di legge per regolamentare la rete telematica», spiega don Fortunato, «sfociata poi in una risoluzione della Camera». Uno dei segreti dell?efficacia di questa azione civile è l?uso intelligente dei mass media. «Proprio i mezzi di comunicazione sono i nostri nemici più insidiosi, perché manipolano le coscienze della gente, specie dei più indifesi. Noi però li sfruttiamo per denunciare i casi di abuso dietro i quali si nascondono forti interessi economici». Dati alla mano, il Telefono Arcobaleno spende 3 milioni al mese tra fax e telefonate alle redazioni di giornali e tv. Ma dove trovate i fondi? «In due anni siamo riusciti a raggiungere credibilità senza chiedere una lira a nessuno, semplicemente autotassandoci. Il volontariato non deve dipendere dalle prebende dei sindaci: se ritengono meritorio il nostro impegno, ci sostengano, altrimenti noi non ci fermiamo».
Il rebus delle cooperative
Quello che non riesce tuttora a decollare in Sicilia è il comparto delle imprese non profit e della cooperazione sociale. Un?analisi che trova macroscopica conferma nella vicenda delle cooperative sociali palermitane: migliaia di lavoratori delle oltre 200 coop che hanno svolto incarichi ?socialmente utili? per conto di Comune e Provincia sono scesi in piazza, a volte in maniera violenta, quando hanno scoperto che le amministrazioni non avrebbero più rinnovato tout court le convenzioni con le cooperative. Per Pino Toro ciò è avvenuto perché «persiste una poco edificante confusione tra il servizio volontario verso i più deboli e l?allettante prospettiva di creare nuovi posti di lavoro sfruttando le scorciatoie del Terzo settore». Un autogol delle amministrazioni, che hanno utilizzato le imprese sociali per dare lavoro ai disoccupati per alcuni mesi, non riuscendo a superare la logica assistenzialistica. «Iniziative che hanno avallato la cultura opportunistica e clientelare tipica della nostra terra», dice senza mezzi termini il catanese Dino Barbarossa, del Coordinamento dei consorzi siciliani della cooperazione sociale, una realtà che raggruppa cinque consorzi di altrettante province. «Si sono infatti costituite o riciclate cooperative e associazioni per espletare i lavori socialmente utili, ma senza che nessuno ne abbia valutato la qualità e l?eticità». Ma gli esempi virtuosi non mancano: dall?associazione pro disabili ?Umanità solidale? di Misterbianco ai centri di tossicodipendenti de ?L?Oasi? di Caltagirone, all?associazione Famiglie audiolesi etnei di Catania, tutte realtà di piccole dimensioni, specializzate, incentrate sulla persona e sull?inserimento lavorativo. «Recentemente si sono costituiti gruppi di giovani, come i ragazzi di Capaci o l?associazione ?Spazio comune? del quartiere la Bandita, che si sono letteralmente inventati un lavoro, ripulendo e rendendo fruibili ai turisti parti del litorale», conclude Pino Toro. Segnali che fanno sperare in uno sviluppo economico e dell?occupazione, in maniera produttiva e non assistenziale. ?
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