Lezione. Le storie di questo terremoto sono quelle che ti rimangono incollate addosso, come la polvere degli stabili del centro storico. A me che sono andato all’Aquila per Matrix, resta impresso nella memoria con violenza il volto di una signora bionda, alta, fragile e durissima. L’ho incontrata davanti alla Casa dello Studente, in quel triangolo di aiuola che era diventato bivacco silenzioso dei parenti. Di fronte, a pochi metri, un “cantiere” dei Vigili del Fuoco dove si cercava di tirar fuori i corpi, vivi o morti, degli studenti. Quella donna era la mamma di uno dei ragazzi che non ce l’hanno fatta, schiacciati dal brutto edificio che doveva essere un magazzino e che ancora non si è ben capito di chi era. La sua dignità, il suo dolore sono stati per me come una lezione silenziosa, il modo drammaticamente giusto di vivere un dramma così terribile.
Inferno. Un altro incontro è stato con un pompiere di Piacenza, con cui ho chiacchierato davanti a un altro cantiere, in piazzale Paoli, dove è crollato un palazzo di quattro piani. Mi ha raccontato che era partito la notte della domenica della scossa, era in turno da allora. Non aveva mai smesso di lavorare, fino alla serata di martedì. Una lotta contro il tempo. Una lotta contro la crudeltà del terremoto. Una lotta contro le macerie. Poca acqua, niente bagni, una mensa da campo organizzata al volo dalla Croce Rossa, per ristorarsi e poi di nuovo a scavare con grande cautela, sperando nella tenace resistenza di vita di qualcuno. Come Eleonora, come Marta, come Valeria. Le ragazze uscite vive da quell’inferno.
Mattoni. Sul perché, che ha tanto attualizzato il Venerdì Santo, sul perché sia successo, intendo dire, si discuterà ancora per molto. La magistratura farà il suo dovere, forse anche la libera stampa. Ma aumenta la rabbia sapere che l’ospedale era stato ultimato nel 2000 e l’hanno sgomberato nelle prime ore di lunedì. E che c’è stato qualcuno che ha firmato un collaudo di staticità, quando fu consegnato. Un ingegnere. E vorrei parlare a lungo con quel muratore del posto la cui casa è rimasta in piedi, senza una crepa, tutto attorno macerie, e suo padre che gli aveva insegnato come tirare su un muro.
Scosse. Quando accadono eventi come il terremoto dell’Aquila, tutto assume un’altra luce. Di colpo i nostri piccoli problemi, le beghe politiche, persino la grande e incerta crisi economica internazionale, diventano difficoltà superabili. Siamo tutti molto scossi, come fatalmente ogni tanto ci raccontavano i cronisti sul posto, non accorgendosi della gaffe linguistica.
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