Welfare

Siamo tutti fiorentini

Le riflessioni di Randa Ghazy sulla strage di senegalesi

di Redazione

di Randa Ghazy (Yalla Italia)

“Rispetto e onore”.

E poi polemiche.

Siamo davvero bravi a fabbricare, indossare, e poi rigettare polemiche.

Un ragioniere pistoiese di 50 anni impugna una Magnum 357 e vaga per Firenze alla ricerca di senegalesi. Come in un videogioco. Li cerca, li trova, ne ammazza due, ne ferisce diversi altri.

Ed esplodono le polemiche.

Le polemiche tra gli abitanti di Firenze, tra loro e le istituzioni, polemiche all’interno del popolo internauta neonazista, polemiche in Casa Pound, polemiche tra Casa Pound e il mondo, eccetera e all’infinito.

Su tutte, la cosa che trovo più sconcertante è la determinata, noncurante sicurezza con cui tutti si lanciano, quasi in rincorsa, nel groviglio di commenti e “opinioni” che ora infiammeranno dibattiti in televisione e sulla rete, senza fermarsi un attimo, senza somatizzare e permettere all’indignazione di emergere, maturare, finchè la ratio non sopraggiunga, a renderci gli esseri umani che siamo.

Riflettiamo.

Anziché schierarci, agitare il ditino saccente del “ma io l’avevo già detto”, anziché preparare le munizioni per la preannunciata battaglia mediatica e non.

Fermiamoci per almeno tre ragioni.

La prima particolare ragione è che occorre rispetto per le vittime. No, non “rispetto e onore” per Gianluca Casseri, come dicono i suoi ammiratori nazisti, fascisti, o chi per loro. Rispetto per i lavoratori senegalesi, gli esseri umani che l’estremismo più bieco chiama “immondizia negra”.

La seconda ragione è che non si tratta di un singolo episodio buono a far parlare le cronache per qualche giorno, ma, come dice il sociologo senegalese Ali Baba Faye, la vicenda di Firenze è solo “la punta di un iceberg”. Solo pochi giorni fa, una ragazzina si inventa uno stupro ad opera di un rom, e un campo rom viene incendiato, mentre a Sassari, un ragazzo nero viene pestato da una banda di quindici folli. Ora, è evidente che questi e altri episodi non rappresentano la società italiana tutta, ma l’autoindulgenza fin qui professata, quella che dipinge gli italiani come buoni, belli, di natura non razzista, è pericolosa. Non perché l’Italia non abbia avuto una grande tradizione di accoglienza, ma perché il nostro paese non è immune alla violenza, al razzismo, o come dice qualcuno “ai manganelli nelle carceri, alle pistole nelle piazze o alle taniche di benzina nei campi nomadi”. Esattamente come qualsiasi altro popolo.

C’è un sottotesto xenofobo, nei media, nel dibattito politico e in televisione, che ha una capacità di penetrazione culturale travolgente, e che è in grado di nullificare, nella testa di molti italiani, ogni sforzo compiuto da lavoratori immigrati onesti, seconde generazioni, attivisti che con la loro esistenza mostrano un’Italia possibile, interculturale, aggiornata col resto del mondo.

La terza ragione è che sull’immigrazione, abbiamo sbagliato più o meno tutto. Non so cosa pensare delle centinaia di senegalesi inferociti che scendono in piazza ora, ma so che la disumanizzazione degli immigrati, diventati per la politica “criminali” perché entrati irregolarmente in Italia, il percorso burocratico umiliante che riserviamo loro, un livello culturale generale forse ai minimi storici, e infine una crisi che piano piano rischia di farci diventare tutti poveri, sono gli elementi giusti per scatenare uno scontro che Oriana Fallaci si precipiterebbe ovviamente a chiamare “di civiltà”.

Sabato 17 Dicembre è la Giornata d’azione globale contro il razzismo per i diritti dei migranti, rifugiati e sfollati. A Milano come in altre città e paesi del mondo ci saranno manifestazioni contro il razzismo.

Dovremmo esserci tutti, per Samb Modou, Diop Mor e per molti altri senza nome. E capire per una buona volta che ci riguarda tutti. Dovremmo sentirci un po’ tutti fiorentini, oggi.

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