Famiglia

Siamo quelli di tele boomerang

Al-Jazeera è la sorpresa mediatica di questo conflitto. Ha assimilato lo stile della Cnn. E l’ha messa fuorigioco. Con quali obiettivi? E dove arriverà? (di Giulia Fossà)

di Redazione

Il Bush Show nel ?momento della verità? si tinge dei colori della guerra. Il rosso vermiglio del sangue delle vittime innocenti, il viola dei lividi dei prigionieri alla gogna tv, il giallo del deserto con il suo vento insidioso, il bianco delle spettrali esplosioni ?choc and awe?, il nero del fumo del petrolio che disperatamente cerca di nascondere Bagdad ai suoi invasori. L?attesa scena di iracheni adoranti che gettavano rose ai soldati inglesi e americani, si è rivelata, per dirla con le parole del giornalista Robert Fisk, “un?illusione”, e “ogni giorno che passa, un ulteriore giorno di dolore per Washington e per Londra”. La resistenza del popolo iracheno, il suo non arrendersi, è stata una sorpresa non preventivata dai fautori della guerra preventiva. Non per chi come noi legge gli uomini con le loro storie, la loro dignità e, perché no?, le loro terribili contraddizioni. La guerra mediatica in corso da mesi, ben prima del 20 marzo 2003, ha dovuto fare i conti con la realtà aspra e sporca del conflitto in corso. Non si era mai vista una così forte mobilitazione di giornalisti in un?area di guerra: avrebbero dovuto smentire il popolo della pace delle proteste e del no alla guerra, raccontando in diretta l?apocalisse di un dittatore. E invece si sono ritrovati ingombranti testimoni del fallimento di una strategia militare che forte di una supremazia tecnologica, ha sottovalutato il fattore uomo. Testimoni di terribili bombardamenti, di drammatiche uccisioni, di ridicoli camuffamenti della verità. Di angosciosi disastri umanitari. In prima fila le televisioni, da quella Cnn che aveva dominato il paesaggio mediatico della prima Guerra del Golfo alla televisione del Qatar, Al Jazeera, che in questa occasione ha dimostrato di essere attenta, preparata, all?altezza di situazioni particolarmente difficili. Avevo conosciuto M?hamed Krichene, una delle voci e dei volti guida della tv Al Jazeera, nella messa a punto del mio libro: non è stato facile sottrargli qualche minuto nella maratona televisiva che dal 20 marzo lo vede impegnato assieme ai suoi colleghi 24 ore su 24. Al Jazeera, con tutto il rispetto, è una sorta di Mc Donald dell?informazione che coniuga la spregiudicatezza televisiva dell?Occidente con il rituale formalistico di un mondo prevalentemente musulmano. E lo fa in modo laico. La tua tv, chiediamo a Krichene, aveva scommesso su questo evento: una sfida aperta a tutte le emittenti senza complessi d?inferiorità verso nessuno, neppure verso i propri governi. Siete riusciti a rispettare l?impegno di questo progetto di comunicazione? “Sì”, ci risponde, ” penso davvero che Al Jazeera sia rimasta fedele alla sua linea redazionale che consiste nel saper riflettere tutti i punti di vista di tutti i soggetti in gioco nei momenti più difficili. Com?è il caso della guerra in corso contro l? Iraq. Ma com?è possibile rispettare la vostra regola dei diversi punti di vista in una situazione così complicata? è possibile. Anche se difficile da gestire. Innanzi tutto dobbiamo evitare ogni censura. Riusciamo a dare tutte le informazioni disponibili ?sans coloration?, senza manipolazione. Alcuna. Poi dobbiamo rappresentare, meglio riflettere, i punti di vista americano, britannico e iracheno. L?ufficialità e il punto di vista della gente. Un flusso continuo di informazione che accompagna in diretta tutte le conferenze stampa di Bagdad, Washington, Londra. I nostri due uffici di corrispondenza di Washington e Bagdad sono i più attivi. Le immagini dei cadaveri americani straziati, dei prigionieri sottoposti a interviste di polizia trasmesse dalla tv irachena e rilanciate nel mondo da Al Jazeera hanno dato scandalo, offeso la pietà, violata la Convenzione di Ginevra. Che dice Al Jazeera, continuerà a comportarsi così, trasmetterà altri documenti di questo genere? Sì, malgrado ogni protesta. La priorità per noi operatori di Al Jazeera è la verità in ogni circostanza. Non c?è il rischio che talune immagini-documento contengano un messaggio di propaganda? Effettivamente c?è, ma è un rischio che va corso, è il rischio della professione del giornalista. Un altro episodio, quello della caccia all?uomo lungo i canneti delle rive del Tigri: Krichene, giornalismo o spettacolo? Forse giornalismo e spettacolo allo stesso tempo. È ciò che serve in televisione: l?informazione e lo show?.. è normale! Non resta che ammettere: le nostre peggiori tv hanno fatto scuola. Ma come una grande tv araba interpreta il dramma di questa guerra, come legge le reazioni del mondo arabo, l?astuto silenzio dei capi, il rumore di pace dei popoli? Krichene è duro: La posizione ufficiale del mondo politico arabo è scandalosa. Ma la posizione assunta dai popoli è formidabile. Nelle manifestazioni (imponenti soprattutto al Cairo in Qatar, in Siria e Giordania, ndr) sono stati uccisi cittadini innocenti. Mi riferisco allo Yemen e al Sudan. La Cnn protagonista di Desert Storm è stata espulsa dall?Iraq. Ha dovuto lasciare il campo. Una responsabilità in più per voi e per la vostra emittente? Al Jazeera è determinata a fare il suo lavoro con o senza la Cnn. Non possiamo dimenticare per esempio che la nostra emittente è la sola ad essere esclusa dal Kuwait. Il mondo chiede la pace attraverso i suoi popoli: c?è, a vostro giudizio, qualche possibilità o bisognerà attendere passivamente gli eventi? Ormai tutto è legato allo sviluppo dei combattimenti. E alle perdite umane degli americani. Al Krichene giornalista, febbrile informatore di una realtà così significativa chiedo se si riconosce in quella sottolineatura polemica di segno francese data alla guerra. “Una guerra americana”, come scrive Le Monde. Sì, americana e neocolonialista. Ma che prima di tutto definirei un?ingiustizia criminosa. In flagrante. Un crimine: mi vengono alla mente le parole di Chomsky e Vidal, l?urlo di pace del regista Michael Moore dalla vetrina degli Oscar del palcoscenico di Los Angeles. Shame! Vergogna, signor presidente! Giulia Fossà


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