Welfare
Siamo noi laltra metà del cielo. A scacchi
L' ultimo editoriale di "liberarsi", giornale scritto dai detenuti del carcere di Sollicianino, in provincia di Firenze
Se qualcuno pensa ancora che dalle carceri possano arrivare solo lamentele, autocommiserazioni o sconnessi pensieri in libertà, si deve ricredere. Il periodico bimestrale ?Liberarsi dalla necessità del carcere? scritto e redatto dai detenuti del carcere di Sollicianino (Firenze) rappresenta un ottimo esempio di intelligenza ?galeotta?: 16 pagine di interventi accessibili anche per i non addetti ai lavori, corrispondenze da vari istituti di pena, racconti personali, satira e riflessioni su ciò che si muove all?interno del mondo delle carceri: i tentativi di riforma, le leggi, le denunce. Il tutto condito con molta attenzione al rapporto carcere-tossicodipendenza- Aids. L?istituto di pena in cui viene realizzato questo periodico d?informazione è infatti un carcere a custodia attenuata per tossicodipendenti dove si cerca di favorire il reinserimento dei detenuti all?esterno e il lavoro del volontariato all?interno. Insomma ?Liberarsi? racconta un mondo nel mondo e lo fa in modo brillante e autoironico. Perciò questa settimana pubblichiamo l?editoriale dell?ultimo numero di ?Liberarsi?, scritto dalla moglie di un detenuto che descrive la disperazione delle attese, dei divieti e dei colloqui.
Questa lettera è anonima per rispetto verso il mio compagno che si trova in prigione ormai da moltissimi anni ed ha già subito una repressione pesantissima. Non sono anonimi i pensieri, i sentimenti, le pulsioni, le rose e le spine che stiamo vivendo. Ho conosciuto il mio amore scrivendogli e non avrei mai immaginato che potesse nascere una storia così bella.
Ancora non avevo la più pallida idea di cosa fosse una prigione, con i suoi spazi, i suoi tempi, i suoi labirinti e le sue leggi concepite nell?assurdità. Telefonate di sei minuti, posta celere trattenuta, cassette di musica sequestrate, pacchi consegnati a modo loro e simili porcherie. Vorrei parlare di come si sente la prigione da fuori, di come la viviamo noi familiari dei detenuti. Ogni carcere, dicono, ha i suoi regolamenti, ma tutti sono accomunati da un unico non-sense. I familiari, spesso gente semplice, parecchi stranieri, non vengono mai informati dei regolamenti, ma vengono sottoposti volta per volta a divieti quando cercano di far passare qualche genere?proibito?.
E cosa si proibisce? Circa l?80% delle cose che si comprano nei supermercati, come il tonno o i pomodori secchi. Effettivamente in quella specie di bureau fatiscente dove dobbiamo lasciare i nostri documenti, c?è un a lista di cose (scritta in un italiano allucinante) che non si possono portare, ma è molto difficile ricordarsene quando si fa la spesa. Perché, ad esempio, gli avocados non passano? Forse perché il nome ricorda troppo quello degli avvocati?
La visita a un carcerato è un?incognita. Gli orari sono troppo rigidi e un treno può sempre essere in ritardo. Mi chiedo in quante carceri abbiano abolito i colloqui domenicali . Possono fare delle storie oppure no, a discrezione delle guardie. In alcune le perquisizioni sono accuratissime, in altre meno.
Lascio anelli, orecchini, braccialetto e orologio nella borsa, dentro l?armadietto e non posso neanche concedermi un laccetto di cuoio con un pietra azzurra perché la guardiana me la fa togliere. Lei ha dita piene di anelli e a me, che vado a un appuntamento d?amore, non concede neanche una piccola vanità!
In estate mi fanno togliere i sandali, anzi uno solo e la foto della cometa non passa come stampe e viene rifiutata. Ai colloqui non si possono portare fotografie, lettere o cartoline, neanche un foglietto con due righe, ma i libri sì, allora ci scrivo delle dediche chilometriche. Ogni volta dobbiamo aspettare i comodi delle guardie che ci vengano a aprire, mentre se noi sgarriamo di cinque minuti possiamo saltare il colloquio. Attraversare quel tunnel che mi porterà da lui, per poche ore, controllati a vista, è un tuffo al cuore, e tutte le volte penso ai miei compagni, alle mie compagne di viaggio che con me fanno la spola fra il mondo esterno e queste mura.
A quelli che come me hanno risparmiato tutta la settimana perché il treno e l?autostrada costano. A quelli che come me si alzano prestissimo, la mattina, per preparare con immensa fatica ma con grande amore qualcosa che forse verrà rifiutato perché così dice il regolamento.
A quelli che come me vorrebbero coccolare, accarezzare e riempire d?affetto i propri cari, far sentire la loro presenza con piccoli gesti quotidiani, e non possono farlo perché così dice il regolamento. Perché il regolamento non impedisce a un carcerato di stare male o farsi del male, ma gli vieta di sicuro di stare bene con le persone che ama. Spero che alzeremo la testa per dire basta a questo schifo!!
L?altra metà del cielo a scacchi
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