Sostenibilità
Si riduce lo spreco di cibo tra le mura di casa
Il rapporto 2020 dell’Osservatorio Waste Watcher di Last Minute Market/Swg segna un calo del 25% che si traduce in un “risparmio” di circa un miliardo e mezzo, ma sono ancora troppi i soldi che gli italiani “buttano” in pattumiera: 4,9 euro a famiglia ogni settimana. Il ministro all’Ambiente Costa pone l’obiettivo di ridurre del 50% lo spreco alimentare e annuncia l’ingresso dell’educazione ambientale in tutte le scuole. Al via su Change.org la campagna #foodbagobbligatoria nei ristoranti
Buone notizie dalla settima Giornata nazionale di prevenzione dello spreco alimentare che si celebra oggi, 5 febbraio. Per la prima volta i dati monitorati nelle case degli italiani registrano un calo di circa il 25% dello spreco. Il Rapporto 2020 dell’Osservatorio Waste Watcher di Last Minute Market/Swg, infatti, segna un deciso calo dello spreco alimentare domestico, definito la vera “voragine” degli sprechi. Basti pensare, infatti che in media il cibo sprecato tra le mura di casa costa 4,9 euro a nucleo familiare per un totale di circa 6,5 miliardi e un costo complessivo di circa 10 miliardi di euro che include gli sprechi di filiera produzione/distribuzione 2020, oltre 3miliardi 293 milioni di euro. L’ultimo Rapporto Waste Watcher, diffuso nel corso del 2019, si era attestato su un valore medio di 6,6 euro settimanali per nucleo familiare, per un totale di circa 8,4 miliardi euro, la tendenza 2020 è proprio il 25% in meno.
«Abbiamo misurato la “temperatura” ecologica del Paese: perché lo spreco alimentare è una questione centrale nelle abitudini quotidiane, a casa come nelle fasi di acquisto e conservazione del cibo», spiega il promotore della Giornata Nazionale di Prevenzione dello spreco Andrea Segrè, fondatore Last Minute Market. Che osserva «Il “risparmio” 2020 si attesta dunque su 1 miliardo e mezzo di euro, conquistato quasi completamente nelle case degli Italiani. Waste Watcher ci segnala anche che la comunicazione dei dati funziona in termini di sensibilizzazione: il 57% degli italiani ha aumentato la propria consapevolezza grazie alla diffusione delle indagini sullo spreco. Ottimi risultati che ci fanno ben sperare per il futuro, perché la strada della prevenzione è ancora lunga».
«Lo spreco alimentare è anche un problema ambientale, perché produce lo sperpero di materie prime, energia, risorse. Il ministero dell’Ambiente crede molto in questo impegno, tanto che dal primo gennaio ho creato la prima Direzione generale dell’economia generale che si occuperà chiaramente anche di spreco», ha annunciato il ministro dell’Ambiente Sergio Costa. «Prima non esisteva un interlocutore unico che affrontasse questo tema, adesso abbiamo una struttura, che significa anche un capitolo di bilancio ad hoc per affrontare lo spreco alimentare nell’ambito dell’economia circolare» ha continuato il ministro nel corso degli eventi per la Giornata nazionale a Roma. «Un altro step del nostro impegno è l’accordo che stiamo chiudendo con la ristorazione, incluso bar e pub e gli alberghi per farli aderire a un piano plastic free e anti spreco e plastic free. Sono tutti step, tutti mattoncini, che raccontano il nostro impegno concreto in questa battaglia. Vogliamo che quel 25% della riduzione dello spreco (attestato quest’anno dai dati dell’Osservatorio Waste Watcher) raddoppi e diventi il 50%».
Il ministro Costa ha anche annunciato che dal prossimo anno scolastico l’educazione ambientale entrerà nelle scuole di ogni ordine e grado, dalle Primarie all’Università. Un nuovo progetto è quello dello “Shuttle 2030”, una “navicella sostenibile” che includerà azioni concrete da parte di enti pubblici, imprese, scuole e istituzioni per raggiungere gli obiettivi dell’agenda Onu in tema di spreco alimentare e lotta al cambiamento climatico. Ad annunciarlo il fondatore Spreco Zero Andrea Segrè, anticipando che il punto di partenza dell’iniziativa sarà il 29 settembre, 1° Giornata Internazionale di Consapevolezza dello spreco e le perdite alimentari, varata dalle Nazioni Unite.
Sempre il rapporto Waste Watcher 2020 osserva che cibo e salute sono il nuovo binomio strettamente “attenzionato” dagli italiani: una consapevolezza che diventa quasi plebiscito, perché quasi 7 italiani su 10 (il 66%) ritengono ci sia una connessione precisa fra spreco alimentare, salute dell’ambiente e dell’uomo: è sempre così per il 30% degli intervistati, lo è spesso per il 36% e solo talvolta per il 20%. E al momento di acquistare il cibo l’attenzione agli aspetti caratterizzanti della salubrità del cibo e del suo valore per l’impatto sulla salute – così come agli elementi di sicurezza alimentare – incide in maniera determinante per 1 italiano su 3, il 36%.
Per attingere informazioni sulla salubrità e sul valore del cibo che si intende acquistare, essenziali si confermano le etichette, vera e propria carta di identità dei prodotti e punto di riferimento per i consumatori: ben il 64% dichiara di consultarle al momento dell’acquisto come garanzia di sicurezza per i prodotti di cui si ciberà, mentre 1 italiano su 2 (51%) attribuisce valore alla stagionalità dei prodotti, come garanzia di scelta alimentare corretta. I prodotti bio, inoltre, sono presidio di certezza nell’acquisto del cibo per 1 italiano su 5 (19%) e una significativa percentuale dichiara di informarsi prima di fare la spesa (17%).
Resta ovviamente una percentuale di consumatori che non presta attenzione particolare alla tipologia del cibo in rapporto all’impatto sulla salute (complessivamente 1 cittadino su 4).
Importante nella lotta contro lo spreco alimentare è anche il recupero degli alimenti che è stato stimolato dalla cosiddetta Legge Gadda (L. 166/2016); solo pochi mesi fa (vedi news) per esempio il presidente di Banco Alimentare, Giovanni Bruno ricordava come grazie «all’importante contributo della normativa Banco Alimentare ha recuperato il 35% in più di alimenti».
Tra le buone pratiche anche il diffondersi dell’abitudine della cosiddetta “doggy bag” o “food bag”, ovvero il portarsi a casa dal ristorante gli avanzi che è previsto anche dalla legge Gadda che “promuove l’utilizzo, da parte degli operatori nel settore della ristorazione, di contenitori riutilizzabili idonei a consentire ai clienti l’asporto degli avanzi di cibo”. Dall’indagine di Coldiretti/Ixe’ emerge che oggi sono quasi quattro su 10 (il 37%) gli italiani che chiedono sempre, spesso o almeno qualche volta il contenitore per portarsi a casa gli avanzi, a fronte di un 21% che dichiara di non lasciare mai avanzi c’è anche un 14% che ritiene questa abitudine d’origine americana “da maleducati, poveracci e volgare” e dichiara di “vergognarsi a chiedere” la doggy bag.
Da parte sua il Festival del Giornalismo Alimentare proprio oggi lancia una petizione su Change.org per rendere obbligatoria la food bag nei ristoranti.
In Francia – segnala una nota – da 4 anni è in vigore una legge che obbliga i ristoranti a consegnare il cibo avanzato dai clienti se questi lo richiedono. Mentre in Italia ci vergogniamo a chiederlo e il ristoratore non ce lo propone: così non solo si buttano via soldi ma si alimenta anche la piaga degli sprechi alimentari.
La petizione vuole spingere una vera proposta di legge del Parlamento per introdurre in tutta la ristorazione l’obbligo di consegnare al cliente una food bag con materiali adeguati al contatto con gli alimenti e al trasporto che mostri, stampato, un decalogo per la corretta conservazione del cibo. Il decalogo è un forte richiamo all’educazione antispreco e all’educazione alla sicurezza alimentare
L’hashtag della campagna è #foodbagobbligatoria. Si può aderire su change.org/foodbag
In apertura foto ©Luigi Innamorati/Ag.Sintesi
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