Salute
Si può sconfiggere la Malaria? Parla l’esperto, nel cuore della crisi
Nel 2022 l'Africa ha ospitato il 94% dei casi di malaria al mondo. Il dottor Ndirangu Wanjuki, direttore di Amref Kenya ci porta nei suoi primi incontri con la malattia. «Sono ottimista», dice ,«sul fatto che allineare gli sforzi di eradicazione della malaria con le strategie di adattamento climatico possa portare più rapidamente a un futuro libero dalla malaria»
di Redazione
Si può sconfiggere la malaria? Sì, si può fare. A dirlo è un esperto di salute pubblica, che, dai banchi di scuola, allo studio di piani strategici, vive al centro della crisi.
Sì, perché il centro di questa lotta, risiede in Africa: nel 2022 la regione ha ospitato il 94% dei casi di malaria al mondo. Il dottor Ndirangu Wanjuki, direttore di Amref Kenya, parte della più grande ong sanitaria africana, ci porta nei suoi primi “incontri” con la malaria, passando per l’appello a debellarla attraverso il grande sforzo che il mondo sta facendo contro il cambiamento climatico, fino al progresso dei vaccini. Non dimenticando quei letti vuoti che, all’inizio della sua carriera, lo hanno spinto a non arrendersi.
Il primo ricordo della malaria Wanjuki lo descrive così: «Un ricordo colorato. Così, il parassita della malaria, si presentava a me, al nostro primo incontro, attraverso il microscopio dell’Università di Nairobi. In quegli stessi anni novanta, al college, fui colto dal primo attacco di malaria. Come medico, negli anni duemila, nel nord del Kenya, nella contea del Turkana, abbiamo curato centinaia di bambini affetti da malaria. A quei tempi usavamo il chinino per curare le complicazioni. Alcuni di quelli che soffrivano di anemia grave avevano bisogno di trasfusioni di sangue. Molti si riprendevano, altri no».
«Negli anni passati in ospedale», continua Wanjuki nel suo racconto, «i miei momenti migliori sono stati quelli in cui trovavo un letto vuoto durante i giri nei reparti. Mi chiedevo cosa fosse successo al bambino. Poi, però, sentivo l’infermiera chiamarlo, e capivo che stava giocando fuori: era arrivato il momento di dimetterlo, perché era guarito. A volte, la ragione per cui il letto era vuoto era un’altra, una ragione triste: il bambino era morto. Sono stati questi i momenti più difficili della mia carriera in medicina. I bambini, le mamme e tutti coloro che si sono ripresi dalla malaria mi hanno dato ispirazione e speranza. Non potevo arrendermi, non potevamo permettercelo».
Oggi Wanjuki guida un’organizzazione dove coltiva questa speranza.
«Con Amref Kenya», spiega, «guido un team dinamico e diversificato di oltre 500 professionisti. Ogni anno, in collaborazione con il governo del Kenya e con i governi delle contee, raggiungiamo più di 6 milioni di persone con servizi sanitari e campagne capillari di informazione. Al centro del mio impegno l’assistenza sanitaria di base e la promozione degli operatori di salute di comunità, come pietra angolare della sanità pubblica»
Ma perché ancora oggi si muoia di malaria? «Avviene in modo drammaticamente semplice», ammette Wanjuki. «Immaginiamo di essere la madre o il padre di una bambina di 2 anni di nome Amani, che sviluppa la febbre. Viviamo in un villaggio rurale africano, a 15 chilometri dalla clinica più vicina. Compriamo il paracetamolo dal negozio locale e rimaniamo in allerta, sperando che la bambina stia meglio. La seconda sera, Amani è molto malata e ha le convulsioni. Non hai nessun modo, mezzo per arrivare alla clinica, perché è notte. La mattina dopo, la bimba è molto malata e sta perdendo conoscenza. Arrivi alla clinica con i mezzi pubblici locali, disponibili ogni 6 ore. L’infermiera e i dottori presenti fanno del loro meglio. Purtroppo, però, Amani muore. Questo tipo di storia si ripete migliaia di volte in tutta l’Africa ogni anno.
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L’Africa sostiene una quota sproporzionatamente alta del carico globale di malaria. Nel 2022, la regione ha ospitato il 94% dei casi di malaria (233 milioni) e il 95% (580mila) dei decessi per malaria. I bambini sotto i 5 anni rappresentano circa l’80% di tutti i decessi per malaria nella regione, ovvero più di mille bambini che muoiono ogni giorno. Nel 2022, la Nigeria ha rappresentato circa il 27% di tutti i casi di malaria in tutto il mondo, la quota più alta di qualsiasi Paese. La Repubblica Democratica del Congo ha avuto la seconda più alta percentuale di casi di malaria quell’anno, con il 12%, seguita dall’Uganda, con il 5%.
Ma dei progressi nella lotta contro la malaria ci sono stati. «In primo luogo», racconta Wanjuki, «Capo Verde ha recentemente debellato la malaria. Il 12 gennaio 2024 l’Oms l’ha certificata come esente da malaria. È il terzo Paese africano a raggiungere questo status, dopo Mauritius nel 1973 e Algeria nel 2019. Il numero totale di Paesi liberi dalla malaria in tutto il mondo è ora di 43. In secondo luogo, nuovi strumenti di controllo della malaria stanno entrando nel mercato attraverso sforzi di ricerca e sviluppo. Questi strumenti includono vaccini contro la malaria, intelligenza artificiale e metodi innovativi di controllo dei vettori come Wolbachia. L’Oms ha raccomandato due vaccini contro la malaria per i bambini di meno di 2 anni: i vaccini RTS, S/AS01 e R21/Matrix-M. Entrambi i vaccini sono stati sottoposti a studi clinici, sono stati sperimentati e sono stati prequalificati per l’uso nella salute pubblica dall’Oms. Il vaccino RTS,S/AS01 è stato sperimentato in Kenya, Ghana e Malawi. L’Oms, attraverso il supporto di GAVI (Vaccine Alliance), ha sviluppato un quadro di distribuzione dei vaccini per assegnare i 18 milioni di dosi di vaccini contro la malaria ai Paesi endemici, in base alle esigenze di salute pubblica. 28 Paesi dell’Africa subsahariana hanno espresso interesse per il lancio del vaccino contro la malaria e GAVI ha approvato il sostegno per il suo lancio in 18 Paesi. L’RTS,S/AS01 viene somministrato ai bambini al sesto, settimo, nono e diciottesimo mese di età in Kenya. Le quattro dosi riducono la malaria non complicata del 30% e la malaria grave del 39% e portano a una riduzione del 13% dei decessi dovuti alla malaria nei bambini di età compresa tra i 2 anni. L’R21/Matrix-M ha dimostrato un’efficacia del 66% negli studi clinici. Entrambi i vaccini prevengono fino al 75% dei casi di malaria in aree che sperimentano modelli stagionali di trasmissione della malaria»
Ma quali sono le implicazioni del cambiamento climatico sulla malaria e su altre malattie? «Partiamo da qui: la malaria è una malattia infettiva diffusa dalle zanzare femmine. L’esacerbazione della crisi della malaria dovuta al cambiamento climatico avviene attraverso quattro meccanismi noti, per cui il cambiamento climatico: prolunga le stagioni riproduttive delle zanzare; espande la diffusione geografica della malattia; aumenta i tipi di zanzare vettori; accelera lo sviluppo della resistenza antimicrobica. Il World Malaria Report 2023 ha rivelato un aumento di cinque milioni di casi di malaria a livello globale nel 2022, raggiungendo i 249 milioni (rispetto al 2021)», dice Wanjuki. «Facendo l’esempio del Kenya, la malaria, precedentemente debellata dagli altopiani negli anni sessanta, grazie ad una combinazione di insetticidi e temperature più fresche, è riemersa per effetto dei cambiamenti climatici. Gli studi collegano questo ritorno a temperature più calde e stagioni delle piogge più lunghe, associate agli anni di El Niño».
Amref, con il sostegno del Fondo Globale, ha sostenuto le comunità nella lotta contro la malaria. Ha applicato un metodo chiamato community case management. Con questo metodo, dal 2021, 19.330 promotori della salute di comunità hanno diagnosticato (con kit diagnostici rapidi) e trattato 1.743.622 persone con malaria. Un terzo delle persone trattate sono bambini. Si tratta di un programma salvavita che aiuta migliaia di bambini che altrimenti morirebbero a causa di complicazioni come la malaria cerebrale o l’anemia. Ma la malaria si può debellare? «Sì può fare», chiosa Wanjuki. «Quarantatré Paesi hanno eliminato la malaria, tre dei quali in Africa. Sono ottimista sul fatto che allineare gli sforzi di eradicazione della malaria con le strategie di adattamento climatico possa portare più rapidamente a un futuro libero dalla malaria, garantendo la salute, il benessere e la produttività economica di centinaia di milioni di persone a rischio di malaria in Africa».
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