Cultura

Si fa welfare in redazione

A Vita un forum con Roberto Maroni e Grazia Sestini per un pomeriggio a confronto con le 31 associazioni del comitato editoriale del nostro settimanale.

di Gabriella Meroni

Non capita tutti i giorni di avere un ministro in redazione. Ma neppure a un ministro capita tutti i giorni di essere ospite di un giornale.
A Vita e a Roberto Maroni è capitato mercoledì 26 settembre, quando per un pomeriggio intero il ministro del Welfare, accompagnato dalla sottosegretaria Grazia Sestini, si è seduto allo stesso tavolo con i redattori e i presidenti e rappresentanti delle 31 organizzazioni del nostro Comitato editoriale per uno scambio serrato di opinioni, notizie, problemi, intenzioni.
Il ministro è rimasto volentieri sulla graticola per quasi quattro ore filate di domande, in un clima molto lontano dall?ufficialità, tanto che molti interlocutori, nel corso dell?incontro, sono spontaneamente passati dal ?lei? al ?tu?.
Alla fine Roberto Maroni ha promesso che questi appuntamenti si ripeteranno. Se sarà così, ve ne daremo conto, come facciamo in queste pagine.

“Non mi piacciono le riunioni lunghe”, aveva esordito Roberto Maroni alle 14.30, accomodandosi nella sala riunioni accanto alla senatrice Grazia Sestini e al capo ufficio stampa Matteo Mauri. Non sapeva che da quella sedia si sarebbe alzato solo verso le 18. Era arrivato poco dopo mezzogiorno (completo grigio e modi cordiali ma spicci, «da lombardo», come sottolinea spesso) per cominciare a conoscere i rappresentanti delle associazioni accorsi ad ascoltarlo per questo primo incontro diretto con il mondo del Terzo settore. Uno sguardo d?intesa con la sottosegretaria Sestini, che per il sociale ha la delega e qualche infarinatura in più, molti ringraziamenti da parte di tutti, e via con i primi interventi delle associazioni. Dopo cinque minuti, i giornalisti che si erano preparati qualche domanda chiudono i taccuini: le questioni più importanti sono già tutte lì, sul tappeto.
«Il suo governo ha l?ambizione di passare indenne tra due opposte tentazioni», rompe il ghiaccio Giorgio Vittadini, presidente della Compagnia delle Opere. «Il liberismo estremo e la visione keynesiana, secondo cui è lo Stato a dover provvedere all?assistenza sociale. Se ci riuscisse, sarebbe una vera rivoluzione. A che punto siete del cammino?». Molte mani si alzano per chiedere la parola. Franco Bomprezzi, del direttivo di Telethon: «Ci sono novità sulla defiscalizzazione delle donazioni? E sulla legge per l?inserimento lavorativo dei disabili?». «Dov?è finita la norma che introduce l?amministratore di sostegno?», è la domanda di Gabriella Salvini Porro della Federazione Alzheimer Italia.

Tra liberismo e statalismo
Maroni annota tutto, e mostra subito di apprezzare l?analisi di Vittadini. «Nel governo è forte la tendenza liberista», ammette, «anche a causa dell?influenza di Confindustria. D?altra parte questo significa anche un superamento della convinzione che tutto ciò che è pubblico debba essere solo statale. Insomma, si potrebbero aprire grandi spazi per il Terzo settore, per il privato sociale, peccato che pochi nel governo lo conoscano. Alcuni ne hanno una visione distorta, forse perché manca un?azione di lobby da parte vostra. Dovete imparare da D?Amato, da Billè! La comunicazione è importante. Per questo nel ministero del Welfare daremo vita a una direzione dedicata alla comunicazione. Ma torniamo alla questione di fondo: la consapevolezza che il servizio pubblico possa essere non statale. Io credo che in Italia esistano soggetti in grado di gestire i servizi pubblici meglio degli apparati burocratici dello Stato: sono gli organismi del Terzo settore. Per questo favoriremo il loro autofinanziamento, intervenendo sulla leva fiscale con la defiscalizzazione. Non subito, però: ci siamo ritrovati con un extra deficit di 25mila miliardi, e il Consiglio europeo ha ristretto i margini del rapporto tra debito pubblico e Pil?».
L?uditorio mormora. Siamo più di cinquanta persone in uno spazio che ne contiene trenta, dalle persiane socchiuse filtra un sole ancora caldo. Ma a far sudare i convenuti è soprattutto l?impressione che i più volte annunciati provvedimenti fiscali slittino ancora a data da destinarsi.
Maroni sembra cogliere, perché subito aggiunge: «Vogliamo dare un segnale forte. Innanzitutto tagliando del 20 per cento lo stipendio di ministri e sottosegretari. E poi inserendo il pacchetto degli sgravi al non profit nel collegato fiscale che presenteremo a primavera. La Finanziaria conterrà infatti la delega al governo per attuare una riforma fiscale complessiva. Altre misure saranno la defiscalizzazione degli oneri sociali per gli immigrati che trovano lavoro nei paesi di provenienza, che potrebbe servire a finanziare gli interventi sociali; i tagli di fondi per tutti i ministeri, tranne il welfare; niente riduzioni alla spesa sociale, che sarà di 4.200 miliardi, di cui 1.100 recuperati nel nostro ministero grazie a tagli sui trasferimenti all?Inps».
Maroni si interrompe, riflette. Ma sì, la notizia è ghiotta? «Lo sapevate che l?Inps aveva a disposizione 958 miliardi l?anno per i malati di tubercolosi contratta sul lavoro? Soldi inutilizzati, che ogni anno finivano in economia. Adesso andranno a buon fine». Sui temi dell?handicap tocca alla senatrice Sestini esprimere la posizione del governo. «La legge 68 contiene ottimi principi, ma non funziona per colpa delle imprese che spesso preferiscono la multa all?assunzione di un disabile. Le imprese vanno formate. Questo può essere un impegno comune. Per questo sono disponibile a costituire un tavolo di confronto tra imprese e associazioni. Il testo di legge sull?amministratore di sostegno invece non mi convince, il principio è giusto ma forse occorrerebbe un piccolo aggiustamento. Attendo suggerimenti».

Troppe consulte inutili
Esaurite le prime risposte, tocca a Rossano Bartoli, segretario della Lega del Filo d?oro, introdurre un tema che coinvolge tutti: la riforma delle politiche sociali. «L?assistenza in Italia non è omogenea, cambia da regione a regione, da provincia a provincia», denuncia Bartoli. «Non sono chiari i criteri per cui una identica prestazione è sanitaria per una Asl, quindi obbligatoria e gratuita, e sociale per un?altra, quindi facoltativa e a pagamento». Maroni annuisce e continua a prendere appunti. Don Antonio Mazzi di Exodus, Marco Griffini di Ai.Bi. ed Ernesto Caffo di Telefono Azzurro dichiarano di avvertire lo stesso problema, ciascuno nel proprio settore.
«Il governo stanzia i fondi per l?applicazione delle leggi, poi la palla passa alle Regioni», dichiara lapidario il ministro, indurendo il tono. Evidentemente è stato toccato un nervo scoperto. «Lo snodo è qui. Trasferire le competenze va bene, ma un certo grado di controllo ci deve essere. Si possono vincolare i fondi a determinati capitoli di spesa, oppure coinvolgere il non profit nel lavoro di verifica continua. Vi dirò di più: il non profit potrebbe addirittura entrare in concorrenza con le Regioni per l?assegnazione di una parte dei fondi statali».
Lo scenario è abbastanza futuribile, ma niente vieta di sognare. Maroni prosegue, imperterrito, approfondendo il tema: «Dovete aiutarmi a capire l?efficacia di certi interventi. Un esempio: la sperimentazione del reddito minimo di inserimento. Funziona? Ditemelo, anche bypassando gli organismi di confronto istituzionali, che devono essere rivisti. Pensate che tra ministero del Lavoro e dipartimento delle Politiche sociali disponiamo di una cinquantina di tavoli per cui si spendono 40 miliardi l?anno. Alcuni di questi consessi, come quello sulle politiche giovanili, contano oltre cento membri. Ne sentite la necessità?». Sorpresa, risatine, un coro di nooo, e una notizia: il ministero aprirà a Milano una sede di rappresentanza e anche operativa. L?avvio? A metà ottobre. «Io ci sarò ogni lunedì», promette Maroni, «e nominerò presto un direttore generale con competenze per il settore volontariato cui chiederò di essere spesso a Milano». Insomma, a Roma o a Milano, suggerisce il ministro, vediamoci più spesso, anche informalmente, sui temi urgenti e sul lavoro che via via faremo.

Molte leggi in attesa
È tardi. Resta giusto il tempo per un ultimo valzer di interventi. Ilaria Borletti, presidente di Amref e del Summit della Solidarietà, chiede notizie dell?authority sulle Onlus; Paolo Proietti, del Centro turistico giovanile, racconta al ministro le difficoltà che ha incontrato nel dialogo con le istituzioni, gelose dei propri privilegi e perse nella propria irragionevolezza al punto da preferire sprechi colossali all?apertura verso l?impresa sociale.
«La Regione Campania non sapeva neppure di possedere un castello con centinaia di ettari di terreno nel Lazio, in stato di abbandono e con un?azienda agricola in perdita», è stata la storia raccontata da Proietti, che il ministro si è appuntato con cura. «Perché non utilizzarla per creare un?impresa sociale?». La risposta è pronta: «Ho appena ricevuto la proposta di legge sull?impresa sociale promossa dalla Compagnia delle Opere corredata da 64mila firme (il testo su www.vita.it, ndr), di cui condivido il principio: lo Stato si fida delle imprese non profit, chiede che si dotino di regole, quali la non distribuzione degli utili e la finalità sociale, e poi controlla che le rispettino. Questa proposta sarà dunque il testo base per una legge delega che presenteremo dopo l?inverno. L?authority? Nascerà e non avrà solo poteri di controllo, anzi: scommetto sulla sua autorevolezza complessiva, di garanzia». «A proposito di normativa», riprende Grazia Sestini, «anche la legge quadro sul volontariato ha bisogno di una revisione. È vecchia di dieci anni? e poi serve una norma quadro di riferimento per tutto il Terzo settore». L?ultima domanda, di questi tempi, non può che riguardare l?immigrazione. Che accadrà? «Il reato di permanenza clandestina, voluto da An, dovrebbe sparire», dice il ministro. Ed è una buona notizia. «Mentre non riuscirò a impedire la sanatoria per le colf». Ma ministro, ci perdoni: anche questa è una buona notizia.

Che cos?è il Comitato editoriale
Un giornale che ha messo le radici

Vita è un?avventura editoriale che nasce dal basso, dai gruppi sociali intermedi e dalle libere aggregazioni di cittadini». Così si legge, al punto tre, nella carta dei principi che guidano la linea del nostro giornale (li trovate sul sito, www.vita.it/ inlineaconvita/principi.htm). Coerentemente con questa nascita ?dal basso?, da chi «decide di esercitare liberamente la propria responsabilità di fronte ai bisogni e alle domande della vita senza delegarne la risposta ad altri, ai partiti, alle istituzioni, ai poteri costituiti», è nata l?esigenza di affiancare alla direzione del settimanale «un luogo di riflessione e di indirizzo denominato Comitato editoriale, che raduna le principali associazioni del Terzo settore italiano». Nato da una decina di organizzazioni nell?ottobre del 1994, oggi il Comitato editoriale è composto da 31 realtà significative, in termini sia di numero che di autorevolezza e rappresentanza, del Terzo settore italiano (l?elenco completo è alle pagine 22/23). L?affiancamento alla direzione non è formale, ma prevede momenti fissi di incontro (ogni due mesi) presso la redazione del settimanale con il direttore e alcuni giornalisti. I temi all?ordine del giorno riguardano sia l?attività editoriale di Vita che i problemi e le questioni che le organizzazioni sentono più urgenti, e sulle quali intendono sensibilizzare l?attenzione della redazione. Il patto tra Vita e il Comitato editoriale è formalizzato dalla firma di un Protocollo d?intesa, attraverso il quale entrambe le parti si impegnano a una reciproca attenzione e sostegno.
Per maggiori informazioni: Aldo Perini, tel. 02.5522981.

Nessuno ti regala niente, noi sì

Hai letto questo articolo liberamente, senza essere bloccato dopo le prime righe. Ti è piaciuto? L’hai trovato interessante e utile? Gli articoli online di VITA sono in larga parte accessibili gratuitamente. Ci teniamo sia così per sempre, perché l’informazione è un diritto di tutti. E possiamo farlo grazie al supporto di chi si abbona.