Mondo

Si fa presto a dire chiudiamo la cooperazione…

di Marco De Ponte

La decisione presa dal governo canadese di chiudere i battenti dell’Agenzia per la cooperazione allo sviluppo, la Cida, giustificata come necessità dettata dalla spending review, ha scatenato anche in Canada il dibattito efficacia/inefficacia della cooperazione allo sviluppo. Un dibattito – ahimè – che ha suscitato in Italia e nel mondo (dall’economista Dambisa Moyo all’ultimo dibattuto libro della Furlanetto) tante dissertazioni più o meno articolate sul tema, quasi sempre generando un semplicistico appiattimento sul dilemma gli aiuti “ servono o non servono”.

Anche la situazione canadese non può essere ridotta alla tesi secondo cui chiudere l’Agenzia comporti la rinuncia unilaterale del Canada a fare cooperazione nel mondo: infatti, accanto all’editoriale di Doug Saunders, apparso su The Globe and mail, figurano altri autorevoli commenti che chiariscono come la cooperazione sarà accorpata a un neonato Dipartimento per gli Affari Esteri, il commercio internazionale e lo Sviluppo; una configurazione del resto già presente in altri Paesi, come evidenziato da uno studio messo a punto da ActionAid. Sempre per andare al di là di ogni semplicistica conclusione (gli aiuti servono o non servono), un altro autorevole commento – quello di Janice Gross Stein, direttrice della Munk Schoolof Global Affairs dell’Università di Toronto, sottolinea come proprio questa nuova organizzazione della cooperazione canadese potrebbe favorire un approccio più attento alla coerenza delle politiche, sebbene comporti parallelamente il rischio che le “priorità di politica estera influenzino i programmi di aiuto allo sviluppo”.

Per tornare “a casa nostra”, in ore concitate in cui il Segretario del PD e premier incaricato Bersani ha consultato diverse parti della società civile organizzata e impazza il toto-ministri, non è chiaro come si voglia ripartire da quanto lasciato in sospeso dalla scorsa legislatura e dall’esperienza di un Ministro per la Cooperazione (senza portafogli) nella storia della Repubblica italiana. Elementi che devono essere valutati perché la cooperazione diventi una componente qualificante delle relazioni internazionali dell’Italia, con decisioni fattive che il nuovo Governo dovrà prendere: l’esistenza di un alto referente politico alla guida del settore e una riforma legislativa organica.

Esiste inoltre un lavoro sulla coerenza delle politiche e dell’efficacia dell’aiuto, a cui questo Governo si deve attenere, a partire da questioni assai concrete come il miglioramento della trasparenza, applicando il più celermente possibile il nuovo standard adottato nel quadro della GPDEC.   Va anche ricordato, per tornare al Canada, che stiamo parlando di un Paese che destina lo 0,33 del PIL, uno sforzo che è assai maggiore di quanto fatto dall’Italia fino ad adesso: quindi, si tratterà anche – per il nuovo Governo – di impegnarsi a destinare una quota crescente di risorse alle politiche di cooperazione e di programmare un riallineamento credibile dell’aiuto italiano secondo quanto stabilito nelle sedi internazionali.

 

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