Cultura

Si chiama “velofobia” la malattia dei media italiani

Mezzi di comunicazione e identità, due parole che pongono tante domande, in particolare a noi giovani italiani musulmani (di Khalida El Khatir).

di Redazione

Mass media e identità, due parole con due significati completamente diversi l?uno dall?altro, ma che formano insieme una frase completa che fa riflettere e che pone tante domande, in particolare a noi giovani italiani musulmani che viviamo in Occidente e ci sentiamo parte integrante di esso.A partire dall?11 settembre 2001, tutti i mezzi di informazione tendono a dare un?immagine negativa dei musulmani che vivono in Occidente, come se fossero quasi tutti dei presunti terroristi e fomentatori di odio. Oltre che ad aumentare l?islamofobia, i media inconsapevolmente contribuiscono ad aggravare la crisi di identità delle prime generazioni di giovani musulmani che si sentono pienamente europei.Il problema dell?identità è un problema che accomuna la maggior parte di noi giovani, indipendentemente dalla religione o dalla cultura di appartenenza, figuriamoci un giovane musulmano nato o cresciuto in Italia. Questo fenomeno accade non solo in Italia, perché ormai la parola musulmano è diventata sinonimo di immigrato e/o straniero. Il ripetersi di questa errata associazione che spesso e volentieri i mezzi di comunicazione fanno, genera e ha generato nelle prime generazioni di musulmani europei un forte disorientamento identitario che si può trasformare in un rigetto da parte del giovane verso la sua fede e le sue origini, o viceversa, cioè una chiusura a riccio in se stessi. Noi giovani musulmani siamo ogni volta costretti a dover dimostrare di sentirci ed essere cittadini italiani anche se siamo attaccati alla nostra fede: sembra ormai inconcepibile che una ragazza che porta il velo si possa sentire italiana od europea a tutti gli effetti.Poche settimane fa, si è assistito ad un dibattito mediatico che riguardava il divieto o meno del burqa in Italia. Un dibattito a mio avviso inutile e fuorviante semplicemente perché il ?burqa? in Italia non è mai esistito e non esisterà mai nonostante i giornalisti confondono questo tipo di indumento, che fa parte della cultura afgana e che è stato imposto dai talebani alle donne, con il niqab, che copre tutta la donna lasciando scoperti solo gli occhi. Questo esempio dimostra che la superficialità dei media davanti ai vari tipi di velo ha portato gradualmente le persone a confondere il burqa con il semplice hijab (velo che copre solo i capelli) creando ormai un clima di ?velofobia?.Sono convinta che anche noi giovani musulmani italiani abbiamo una grande responsabilità verso la nostra società e la maggior parte di noi è pronta e preparata a fare del proprio meglio. Il compito sarebbe più facile se i mezzi di comunicazione non dessero spazio solo ai vari Adel Smith, che sicuramente fanno molta audience ma provocano degli effetti collaterali che pagano qui giovani italiani di fede musulmana che praticano serenamente la loro fede senza problemi di integrazione.

Khalida El Khatir

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