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Si alza la voce di Al-Azhar

L'università sunnita del Cairo polemizza con l'Iran. Un'uscita non casuale

di Martino Pillitteri

Mentre il silenzio è sceso sui negoziati che vedono impegnati l’organizzazione dei Fratelli Musulmani e il governo di Mubarak, è invece salita la voce di Al-Azhar, il massimo centro dell’Islam sunnita con sede al Cairo.

Come riportato dal  quotidiano egiziano Al Masry Al Youm, Al-Azhar è scesa oggi in campo contro l’Iran, che ha auspicato una svolta e la costruzione di un sistema politico-religioso khomeinista per la rivolta che da due settimane sta continuando a piazza Tahir. Al-Azhar ha infatti rimandato al mittente le parole della la suprema guida religiosa iraniana, l’ayatollah Ali Khamenei, che ha equiparato l’ondata di insurrezioni nei Paesi arabi al preannuncio di un “risveglio islamico” ispirato alla rivoluzione islamica di Khomeini del 1979.

Del ruolo di Al-Azhar nella crisi egiziana e della sua valenza nelle prassi del potere non si è parlato tanto. Eppure, il centro sunnita è l’altra faccia del sistema di potere egiziano. Mentre il governo ha messo la sua firma su leggi effettive e illiberali che riguardavano politica, economia, servizi, libertà dei media ect, Al-Azhar ha per anni diramato “leggi non scritte” che hanno influito non poco sul comportamento conservatore, l’abbigliamento, i rapporti interpersonali e  la mentalità degli egiziani.

 Ma cos’è esattamente Al-Azhar? L’istituzione gestisce un network di migliaia di Moschee egiziane. Fondata dai califfi fatimidi sciiti-ismailiti  nel 971 dopo Cristo, oggi è la più prestigiosa sede di elaborazione del pensiero sunnita e della legge islamica.

Questo ateneo è enorme. Ospita campus, parchi, Moschee, sale conferenze, uffici, scuole, una biblioteca con 80.000 volumi.  Se ogni strada del Cairo porta facilmente ad Al-Azhar, la segnaletica interna è molto dispersiva al punto che trovare la toilette  è alquanto arduo. Non solo non ci sono quadri né immagini, ma manca persino l’icona del corpo femminile e maschile messo affianco  alle porte delle toilette. Hanno preso alla lettera un detto del profeta Maometto che fustiga l’immagine e dice che una casa che accoglie immagini  è disertata dagli angeli. La fatica nel trovare la toilette non scoraggia però 100 mila studenti a vivere e studiare lì. Da Al-Azhar escono imam, esperti di religione, fatwe, giuristi musulmani e futuri leader religiosi. Da qui sono uscito perplesso  un giorno di settembre di pochi anni fa.

All’epoca, il grande sceicco di Al-Azhar  era Mohamed Sayyed Al-Tantawi, morto lo scorso  marzo e passato agli onori delle cronache internazionali  per aver detto a una ragazzina che il velo integrale è anti islamico. Esattamente l’opposto di quello che gli imam vanno a predicare nel resto dell’Egitto.                                                   

Come viene eletta la carica più importante dell’università e quali sono i requisisti professionali non si sa. In un’intervista sulla stampa egiziana, l’attuale grande sceicco Ahmed Mohamed El-Tayyeb, ha raccontato di non essere stato interpellato da nessuno. Ricevette una telefonata da un ufficiale governativo nella quale il presidente Mubarak comunicava la sua scelta di averlo nominato successore di Al-Tantawi.  El-Tayyeb rimarrà gran sceicco fino alla morte. C’è da scommettere che la riforma Gelmini che permette ai rettori  due mandati  non riscuoterebbe grande successo da quelli parti.

Al contrario del resto della città, il campus di Al-Azhar sembra la Svizzera del Medio Oriente. Tutto è curato nei minimi particolari: aiuole ben tenute, ambienti spaziosi, pulitissimi, luminosi e minimalisti, efficienza da parte del personale, grande organizzazione e disciplina. E anche grande produttività. Nel 2010 sono state emesse 465.000 fatwe. La gentilezza è quella tipica  dei luoghi di culto: sorrisi ed inchini ma niente contatto fisico.

Anche se tra un corridoio e l’altro ho incontrato pochissimo personale, avevo la sensazione di essere sempre osservato e tenuto d’occhio.  Non mi stupirebbe se un giorno Wikileaks venisse allo scoperto che Al-Azhar sfornasse anche spie. La differenza di organizzazione ed efficienza tra Al-Azhar e il resto della città è fortissima. Se invece di portare all’esterno  il pensiero conservatore prodotto dentro le sue mura, fosse esportato in città e dintorni un minimo di disciplina e senso  dell’organizzazione, Il Cairo diventerebbe una delle città più competitive del Mediterraneo.  

Al-Azhar non è un’estensione della città che la ospita, ma un riflesso delle contraddizioni del sistema Egitto. É finanziata  con le tasse di tutti, anche dei copti, ma solo i musulmani vi possono accedere; le donne sono ben accette, ma hanno  uno spazio riservato diviso da quello degli uomini e non hanno ruoli di leadership; si predica la tolleranza ma vige la tolleranza zero  nei confronti della critica e della libertà di opinione.


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