Sarà il prossimo l’anno zero del servizio civile volontario. Nel 2013 infatti non sarà avviato alcun ragazzo. A meno di non trovare nuovi fondi. Firmato: ministro Andrea Riccardi. «Faremo di tutto per non arrivare allo stop: il servizio civile non può finire così», avverte Primo Di Blasio, presidente della Cnesc, la Conferenza nazionale degli enti di servizio civile. A rischio ci sono centinaia di progetti sociali e di posti di lavoro, un decennio (più la notevole eredità dell’obiezione di coscienza) di esperienze modello che in Italia all’estero hanno coinvolto per un anno della propria vita almeno 300mila ragazze e ragazzi dai 18 ai 28 anni. «Cancellare tutto significa non avere sensibilità verso un servizio che giova in primis al territorio», sottolinea Francesco Marsico, vicedirettore Caritas italiana. Fastidio, tristezza, ostinazione: non ci vogliono credere, i responsabili degli enti (molti dei quali sono diventati dirigenti dopo e grazie al servizio civile), all’arrivo dei sigilli. Ma dall’interno dell’Unsc, l’Ufficio nazionale servizio civile, viene confermato il blocco totale delle procedure per l’avvio della progettazione 2013.
«La miopia del governo è incomprensibile, sono sconcertato», ammette Giuseppe Guerini, presidente di Federsolidarietà Confcooperative, che nel 2012 ha avviato 800 giovani in servizio in centinaia di coop sociali d’Italia. «Come possono comportarsi solo da ragionieri, puntando esclusivamente al taglio della spesa pubblica senza tenere conto del valore aggiunto del Scn in termini di capitale sociale?», si chiede Guerini. Lo spettro della chiusura, per Federsolidarietà come per gli altri, significa anche rivedere al ribasso l’organico: «Le due persone addette alla gestione del Scn, le decine di progettisti e operatori di riferimento degli enti accreditati: che fine fanno? Di certo non li lasciamo a casa, ma dobbiamo trovare un’altra collocazione». In Caritas lo stesso discorso vale per le almeno 20 figure retribuite che si occupano di Scn, mentre fanno impressione anche i numeri delle Acli: «Sono centinaia tra lavoratori e volontari le persone impegnate sul servizio civile», spiega la responsabile Servizio civile, Vittoria Boni. Ma senza volontari ci perdiamo tutti. Qualche esempio? Senza i 208 giovani in servizio oggi, il programma di promozione alla donazione di plasma che porta avanti l’Avis in scuole e centri aggregativi comunali, rimarrebbe al palo: «Grazie all’attività dei ragazzi il numero dei donatori di sangue è lievitato nell’ultimo decennio. Ora lo stesso sta avvenendo con il plasma», specifica Pasquale Pecora, responsabile Scn dell’Avis. «Per noi il danno dello stop al servizio civile sarebbe doppio: perderemmo anche le centinaia di giovani che rimangono come volontari alla fine dell’anno».
E ancora: un 2013 senza invii «significa la chiusura di alcuni nostri progetti di punta: il supporto ai ragazzi di strada del Sudamerica, in particolare di Quito, in Ecuador», aggiunge Di Blasio, nella veste di responsabile Scn della rete Focsiv. «Ci sarà anche un problema sociale: la solitudine», avverte Paolo Bandiera, referente di Aism: «Chi dirà alle persone con la sclerosi multipla che non c’è più il giovane che riempiva le loro giornate?». «Aspettiamo segnali per un rifinanziamento», riflette Licio Palazzini, presidente di Arci servizio civile (che nel 2012 avvia 1.215 persone) e della Consulta nazionale, «nel frattempo non stiamo fermi, prepariamo i nuovi progetti. La chiusura totale non è la prospettiva su cui ragioniamo ora». «Auspico una sollevazione popolare», conclude invece Fausto Casini, presidente Anpas, passata in pochi anni da 2.500 agli attuali 900 giovani in servizio,«se si chiude perdiamo una delle migliori scuole per futuri dirigenti del volontariato, così si impoverisce l’associazionismo, e con esso tutto il Paese».
Nessuno ti regala niente, noi sì
Hai letto questo articolo liberamente, senza essere bloccato dopo le prime righe. Ti è piaciuto? L’hai trovato interessante e utile? Gli articoli online di VITA sono in larga parte accessibili gratuitamente. Ci teniamo sia così per sempre, perché l’informazione è un diritto di tutti. E possiamo farlo grazie al supporto di chi si abbona.