Formazione
Short, la mia guerra per gli aiuti umanitari. Clare, io Labour di ferro
Era contraria al conflitto. Ma ha ritirato le sue dimissioni annunciate per restare a fianco di Blair. Un compromesso nel nome degli iracheni che non rimpiange.
Meglio dimettersi da un governo che sta per scatenare una guerra ingiusta, o restare in carica per assicurarsi che quel governo rispetti i suoi obblighi umanitari verso i civili? Un mese fa, a poche ore dall?inizio dei bombardamenti sull?Iraq, il ministro inglese degli Aiuti internazionali, Clare Short ha scelto di restare. Nonostante avesse definito il suo premier Tony Blair un avventato. Nonostante avesse annunciato via radio e tv le sue dimissioni se gli angloamericani avessero dichiarato guerra a Saddam senza una risoluzione Onu. Nonostante avesse già criticato, ma poi digerito, altre due guerre: la prima in Kosovo e la seconda in Afghanistan.
“Sarei una codarda ad andarmene proprio adesso”, ha spiegato il ministro. Attirandosi le ire dei pacifisti e di molti compagni di partito ma, a sorpresa, non degli enti più arrabbiati col suo governo belligerante: le ong che avevano rifiutato i 5 milioni di sterline stanziati dalla Short per la società civile impegnata nel Golfo.
Che se lo aspettasse oppure no, un mese dopo, a guerra finita, il ministro inglese si ritrova tra gli esperti in aiuti umanitari candidati a lavorare nell?Office of Reconstruction and Humanitarian Assistance (Hoc) creato dal Pentagono in Kuwait alle dipendenze dell?ex generale americano Jay Garner. Il che, per una Labour contraria alla guerra e che durante tutti i bombardamenti sull?Iraq s?è impegnata perché l?Onu e non gli Usa coordinassero la ricostruzione del Paese, potrebbe voler dire passare dalla padella alla brace. Ci resterà per il bene degli iracheni?
Difficile dirlo. L?unica cosa certa è che la Short, 57 anni e un passato da attivista, da un mese spinge incessantemente perché sia Kofi Annan, e non Bush, a occuparsi della ricostruzione dell?Iraq. “Il 28 marzo le Nazioni Unite hanno lanciato una richiesta di fondi: abbiamo risposto il giorno stesso con 65 milioni di sterline. Ma in totale, per l?emergenza Iraq, ne abbiamo già stanziate 115 di cui 70 destinate all?Onu”, spiega inviando per email a Vita i discorsi ufficiali e le riflessioni che ha fatto in 20 giorni di guerra. “Inoltre il Tesoro ha annunciato che 60 milioni di sterline sono a disposizione del mio dipartimento per nuovi interventi”.
Vita: Save the Children Uk e altre organizzazioni della società civile l?accusano di togliere fondi alle altre emergenze in corso…
Clare Short: Ho spiegato a loro e al Parlamento che non intendo destinare all?Iraq fondi già stanziati per le crisi in atto in Etiopia, in Eritrea, in Sudafrica, in Afghanistan e in Medio Oriente. Lo stesso vale per il denaro con cui stiamo finanziando programmi di sviluppo per i poveri in diverse parti del mondo.
Vita: Migliaia di persone hanno sfilato contro la guerra in tutto il Regno Unito. Se lo aspettava?
Short: Sono felice del modo in cui tutti, nel Paese, si sono sentiti coinvolti e di come si sono mobilitati. Un Paese dovrebbe sempre esserlo quando medita di fare un?azione militare.
Vita: Perché ha deciso di non lasciare il suo incarico anche se era contraria alla guerra contro l?Iraq?
Short: Ero pronta ad andarmene, ma proprio mentre stavo scrivendo le mie dimissioni ho capito che sarebbe stato da codardi andarsene senza dare alcun contributo alla risoluzione dei problemi che avevamo davanti. Dall?assistenza ai civili all?esigenza di assicurare all?Onu un ruolo di primo piano nella ricostruzione dell?Iraq. Sapevo che mi sarei attirata molte critiche restando in carica, ma pensavo che fosse la cosa giusta da fare anche se rimango molto critica di come è stata gestita la crisi irachena.
Vita: Ha definito Blair un avventato. Dove ha sbagliato?
Short: Penso che il Regno Unito avrebbe dovuto farsi valere di più e che l?approccio al Consiglio di sicurezza avrebbe dovuto essere più rispettoso e meno dominato dalle scadenze dagli Stati Uniti. Non siamo riusciti a ottenere una risoluzione dell?Onu che autorizzasse l?azione militare, ma quando il nostro premier ha dichiarato che avrebbe appoggiato la proposta cilena che dava a Saddam tre settimane di tempo per completare i test chiesti dagli ispettori delle Nazioni Unite, la Francia ha risposto dando un ultimatum e quindi rendendo impossibile una seconda risoluzione dell?Onu.
Vita: Il 24 marzo lei era a Washington per strappare un accordo sul ruolo dell?Onu nel post Saddam. Ma, è tornata a mani vuote?
Short: Obiettivo del mio viaggio era, innanzitutto, ottenere il rilancio del programma Oil for Food. Il 28 marzo il Consiglio di sicurezza dell?Onu lo ha fatto. Quanto al ruolo delle Nazioni Unite, il mio amico Tony Blair e il presidente George Bush hanno spiegato chiaramente nel loro comunicato di Hillsborough che puntano a ottenere una risoluzione del Consiglio di sicurezza che affermi l?integrità territoriale dell?Iraq e un?appropriata amministrazione del Paese dopo la guerra. L?Onu ha ruolo vitale da giocare nell?aiutare i civili a creare un?autorità ad interim irachena il più presto possibile.
Vita: Di cosa ha più bisogno, oggi, l?Iraq?
Short: Farmaci e aiuti alimentari. Ma perché nel Paese ci possa essere progresso, bisognerà anche rinegoziare il suo debito estero.
Vita: Come giudica l?intervento inglese dal punto di vista dell?aiuto offerto ai civili?
Short: Le nostre forze hanno dato assistenza umanitaria nelle aree che hanno occupato in linea con i doveri stabiliti dalla Convenzione di Ginevra. La sfida che ci attende ora è quella di mobilitare la comunità internazionale per aiutare il popolo iracheno a ricostruire il proprio Paese.
Info:
Ong in diretta TV
Cosa stanno facendo le ong impegnate in Iraq? Di cosa hanno bisogno? Come posso aiutarle?
Dall?inizio della guerra, per rispondere a queste domande gli inglesi accendono la tv e guardano Human Front. Un programma di Community Channel: canale televisivo non profit che ogni ora aggiorna i telespettatori su cosa sta facendo la società civile impegnata nel Golfo e sulle raccolte fondi aperte. Possibile?
Sì, perché informare sulle emergenze umanitarie in corso, coinvolgere il più possibile il pubblico e aiutare la società civile a comunicare meglio quello fa è esattamente la ragione per cui è nato il Community Channel .
I suoi padroni, infatti, non sono big dei media ma il Media Trust: un?organizzazione non profit che sfida la tv spazzatura sul satellite.
Human Front, creato e condotto dalla giornalista Shyama Perera, si può guadare su Sky 684 , su Telewest 233 e su Freeview.
Ma il posto più facile per curiosare sul suo palinsesto e scoprire come dare più visibilità alla società civile impegnata nelle emergenze umanitarie in corso nel mondo è il sito web
The Community Channel
Ha una sezione che si intitola Get involved: cosa puoi fare per dare una mano.
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