Formazione
Shopping troppo virtuale
Decine di ordinazioni in 17 Paesi del mondo. I risultati? Merce consegnata 2 mesi dopo, spesso danneggiata e senza nessun riferimento per protestare.
Aspirine ordinate su Internet e consegnate in giornata senza costi aggiunti? Potete scordarvele. Come pure i jeans americani o quei cioccolatini belgi da regalare alla nonna: nel migliore dei casi non arriveranno prima di 16 giorni e, nel peggiore, potreste attenderli per 71 lune. Sempre se sarete fortunati, nel 9% dei casi, infatti, il vostro acquisto on line non arriverà mai a destinazione. Ma lo shopping virtuale non era la soluzione a tutti i problemi dei consumatori?
No, o per lo meno non ancora. Lo rivela
mailto:Consumers@shopping, il primo studio internazionale sul commercio elettronico realizzato da Consumers International e finanziato dall?Ue che ne ha pubblicato i risultati proprio il giorno in cui un gruppo di pirati informatici svuotavano la Cartasi di ignari clienti del web e un papà americano faceva causa al colosso dei giocattoli ?Toys ?R ?Us? perché il trenino ordinato al suo Babbo Natale cybernetico è arrivato sotto l?albero con due settimane di ritardo. Episodi che confermano le conclusioni di Consumers International: «Perché si possa comprare con sicurezza sul web, i venditori on line hanno ancora molta strada da fare».
A cominciare dalla scelta dei prodotti e dall?individuazione dei siti in cui comprarli, spiega l? associazione di consumatori. Che per quattro mesi, da novembre 1998 a febbraio 1999, ha chiesto a 11 ricercatori residenti in Australia, Belgio, Germania, Grecia, Hong Kong, Giappone, Norvegia, Spagna, Svezia, Regno Unito e Stati Uniti di acquistare su Internet un dizionario, una barbie, un paio di jeans, un asciugacapelli, un gioco elettronico, champagne, cioccolato e un computer. Otto prodotti selezionati tra i più comuni e in grado di portare alla luce possibili mal funzionamenti. Che i ricercatori hanno ordinato due volte, una nei confini del loro Paese e una fuori, per un totale di 151 ordinazioni in 17 Paesi del mondo. Con estreme difficoltà, soprattutto quando a fare shopping sono andati all?estero (Stati Uniti nel 30% dei casi, 15 % Regno Unito, Italia solo una volta): il ricercatore australiano ha impiegato 5 giorni per trovare un asciugacapelli e spessi si è perso tempo a compilare ordini che, solo alla fine, si sapeva non sarebbero mai stato recapitati.
Insomma, una vera e propria carenza di informazioni al cliente. Soprattutto sulla vera identità del venditore: in più di un quarto delle ordinazioni esaminate, non è stato fornito alcun indirizzo geografico e numero di telefono dell?azienda venditrice con punte negative in Francia e Grecia (solo il 50% delle volte). Di più: un ordinefatto su www.maericities.com è arrivato con una bolla di accompagnamento firmata da www.computrepartusa.com e chi ha comprato cioccolatini dalla tedesca www.rotshild-chocolates.com ha trovato il nome di un?altra compagnia sullo scontrino della carta di credito. Le cose non vanno meglio per le informazioni sui costi dei prodotti: chiare nel 76% dei casi ma con percentuali bassissime in Spagna (33%) e Grecia (50%) e quasi inesistenti sui costi di spedizione. Solo nel 24% dei casi, inoltre, i siti danno informazioni su come convertire i prezzi in altre valute. Un misero 22% da informazioni sulla merce in stock, solo il 5% avverte quando i prodotti saranno disponibili e si riesce a capire se l?ordinazione era andata a buon fine solo nel 92% dei casi. I pagamenti? Per il 71% delle volte addebitati in anticipo, anche 65 giorni prima della consegna. Che nell?8% dei casi provoca ammaccature o prodotti inutilizzabili come bottiglie di champagne congelate e può fare aspettare fino a 71 giorni. I ricercatori hanno restituito tutti i prodotti tranne cioccolato e champagne con procedure spiegate solo nel 24% dei casi e il 21% ha avuto problemi con la restituzione del denaro. Arrivato con 100 giorni di ritardo a chi aveva ordinato dei jeans al
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Consumers: quarant?anni di battaglie
Sono i suoi primi quarant?anni di vita e oltre duecento membri in novanta Paesi del mondo a fare di Consumers International la più grande organizzazione non profit per la difesa dei consumatori. Fondata nel 1960 da un piccolo gruppo di organizzazioni inglesi, è oggi il principale riferimento per l?intero movimento internazionale dei consumatori. E per rendersene conto basta un clic su www.consumersinternational.org. Una vera e propria guida ai diritti e doveri dei consumatori. Da quelli messi in pericolo a Seattle con il vertice del Wto ai problemi ambientali passando per i tranelli del mondo pubblicitario e del web. Ma è sul diritto a una corretta informazione e rispetto delle libertà fondamentali dei malati e pazienti ospedalizzati che Consumers International sta concentrando le forze del suo grande network. Obiettivo principale? Ricordare al mondo globalizzato che lo sviluppo della società si giudica in base alla soddisfazione di desideri e bisogni dei suoi cittadini.
Nessuno ti regala niente, noi sì
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