Welfare

Sharon imprigiona l’Anp. La pace al muro

Alberi abbattuti, terreni confiscati, villaggi segregati. Prosegue la costruzione dell’enorme barriera che isolerà Cisgiordania e Gaza (di Andrea Valesini).

di Redazione

da Gerusalemme Tulkarem grigio e sinistro, un tetro fondale che cancella in un colpo la vista stupenda di colline rivestite di alberi di ulivo e di agrumi. Ecco il ?muro dell?apartheid?, secondo la definizione palestinese, la ?barriera della sicurezza?, nella versione israeliana. Qui, nel nord della Cisgiordania, i lavori per la costruzione della cortina procedono speditamente. Sono iniziati nella scorsa estate e dovrebbero concludersi nel luglio 2003, dopo 110 chilometri. È solo il primo tratto: il muro infatti sarà lungo 364 chilometri, ingabbiando i Territori occupati a est di Tel Aviv (la striscia di Gaza è già recintata). Una parte di barriera è già visibile a nord, nelle zone palestinesi di Jenin, Tulkarem e Qalqilya. La costruzione non segue il tracciato della ?linea verde?, demarcazione in vigore prima della guerra del 67, ma si addentra in Cisgiordania per chilometri. Il costo dell?opera è di 1 milione di dollari al chilometro. Oltre alla barriera vera e propria (muro o reticolato) il progetto prevede la costruzione di due strade di pattugliamento su entrambi i lati della linea di demarcazione, lo scavo di un fossato nell?area palestinese, la realizzazione di torrette di guardia per i soldati israeliani con radar e strumenti per la visione notturna, telecamere e sensori termici per la segnalazione di qualunque presenza umana nella zona interdetta, e filo spinato a chilometri. Alla fine di giugno Israele ha invece dato il via libera alla costruzione di barriere elettroniche intorno a Gerusalemme. Un dettagliatissimo rapporto di B?Tselem, il centro israeliano di informazione per i diritti umani nei Territori occupati, delinea le conseguenze che la costruzione del muro ha generato finora. Almeno 90mila contadini palestinesi non potranno più coltivare le loro terre, rimaste al di là della barriera. È la fine che ha fatto il 60 per cento del terreno agricolo dei residenti di Qafin, 9mila abitanti, a nord di Tulkarem. Il sindaco della cittadina, Taysir Harashe, è disperato: “La maggior parte dei miei concittadini”, dice, “lavorava in Israele e da quando è scoppiata la seconda Intifada, nel settembre 2000, non ha più il permesso per farlo. Ora anche i contadini sono rimasti senza lavoro. Il 90 per cento della popolazione è disoccupata”. La costruzione del muro ha pure conseguenze ambientali pesanti. “Solo nell?area a nord di Tulkarem”, fa rilevare il sindaco, ” sono stati abbattuti 12mila ulivi mentre altri 120mila sono finiti al di là”. A sud di Qaffin, il cantiere della barriera si mostra in tutta la sua ampiezza: occupa lo spazio di quattro carreggiate. “Un altro risultato della costruzione della barriera all?interno della Cisgiordania”, scrive ancora B?Tselem, “è che interi villaggi diventeranno enclavi palestinesi a ovest della barriera, restando isolati, in varia misura, dal resto della Cisgiordania”. Secondo il progetto approvato dal governo, otto città e villaggi palestinesi, con 10mila abitanti, verranno a trovarsi a ovest della barriera. Tra i villaggi interessati, a nord di Tulkarem ci sono Nazlat-Isa e Baqa Ash Sharqiya. “Prima dell?Intifada”, spiega il sindaco di Baqa Ash Sharqiya, Muayyad Husein, “questo era uno dei posti più importanti per il commercio con Israele. Oggi abbiamo perso quasi il 30 per cento dei terreni coltivabili, per il muro sono andati distrutti 2mila e 500 ulivi e oltre mille di limoni e aranci”. Finora agli abitanti di Baqa Ash Sharqiya è stato negato il diritto d?ingresso in Israele, senza il quale, osserva B?Tsalem, “dovranno fare affidamento sui servizi, come l?assistenza sanitaria o l?istruzione, forniti dai centri urbani palestinesi più vicini, che resteranno a est della barriera”. Andrea Valesini


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