Welfare

Sharitaly: L’Italia si scopre collaborativa

Tutto esaurito per il primo evento in Italia dedicato alla Sharing Economy, un’occasione per fare chiarezza e smentire il pregiudizio secondo cui gli italiani non amano la condivisione

di Ottavia Spaggiari

Sala pienissima, tantissime le persone in piedi e parecchi in lista d’attesa, è così che Milano ha accolto Sharitaly, il primo evento interamente dedicato alla sharing economy nel nostro Paese. Tra il pubblico, sociologi, giornalisti e neo-imprenditori che hanno basato la propria idea di business proprio sulle piattaforme collaborative, ma anche tanti non addetti ai lavori, studenti e curiosi, semplicemente interessati capirne di più.

L’evento organizzato da Marta Mainieri e creato con il supporto scientifico e organizzativo dell’ Università Cattolica del Sacro Cuore e della Fondazione Eni Enrico Mattei,  è servito a fare chiarezza sulle quattro principali tipologie dell’economia della condivisione: il bartering, ovvero lo scambio tra privati, lo sharing, la condivisione delle risorse, il crowding, cioè la collaborazione di più persone allo sviluppo di uno stesso prodotto e poi il making, l’autoproduzione attraverso software open-source.

Introdotto dall’intervento di April Rinne, Chief Strategy Officer di Collaborative Lab, tra le principali esperte di sharing economy al mondo, Sharitaly ha anche offerto l’occasione per precisare come il pregiudizio per cui l’Italia non sia un paese propenso alla condivisione, sia appunto solo un pregiudizio.  

“Gli italiani sono propensi allo scambio e alla condivisione.” Ha affermato nel suo intervento, Federico Capeci di Duepuntozero Research, l'agenzia di ricerche digitali del Gruppo Doxa, “Basti pensare che siamo tra i gli utenti Facebook che condividono più contenuti e sono circa due milioni gli individui che utilizzano già servizi collaborativi nel nostro paese.” Cifre incoraggianti anche se, con un ampio margine di crescita, visto che solo il 15% delle persone che hanno accesso ad internet conosce effettivamente l’esistenza delle opportunità di sharing. Mobilità, alloggio e scambio di oggetti usati, le attività in cui la condivisione è maggiormente praticata. “Tra le motivazioni principali che spingono ad adottare questo tipo di servizi  il risparmio di tempo e l’opportunità di socializzare. Gli ostacoli più difficili da superare invece sono la gelosia del bene e la fiducia.”

E proprio la fiducia è il tasto dolente su cui si è soffermato l’intervento di Mario Maggioni, professore di Politica Economica all’Università Cattolica, secondo cui bisogna essere invece molto prudenti nel sovrastimare la motivazione comunitaria alle scelte che spingono ad un consumo collaborativo. “Perché le persone possano effettivamente mettere in comune i propri beni e utilizzare proprietà altrui, devono sentirsi tutelate.” Afferma Maggioni. “Non è un caso che RelayRides, la piattaforma che permette di mettere noleggiare la propria auto ad altri utenti, abbia adottato una polizza assicurativa in grado di coprire l’automobile fino ad 1 milione di dollari durante il noleggio.” Cruciale quanto il tema della fiducia, anche la  necessità di adottare un quadro normativo adeguato, in grado di tutelare i consumatori e la concorrenza. “Bisogna capire cosa accadrà alla sharing economy dopo la regolamentazione e bisogna anche stare attenti a non scambiare questi nuovi modelli per un cambio di paradigma.” Continua Maggioni. “Il rischio di fallimento è alto. Ricordiamo che, negli Stati Uniti, 9 startup su 10 falliscono.”

Prudente e realistica anche Marta Mainieri, autrice di Collaboriamo e organizzatrice dell’evento: “Sharitaly ha confermato l’interesse delle persone per la sharing economy ma non possiamo davvero parlare di rivoluzione o di nuova economia. Ci sono ancora moltissime questioni irrisolte, dalla regolamentazione normativa, a quella fiscale. E’ ancora tutto da costruire.” Afferma Mainieri che è anche creatrice della prima directory dei servizi collaborativi in Italia. “La cosa importante è che, con questo evento ci siamo fatti sentire. Abbiamo aperto un dialogo con le amministrazioni e le grandi aziende e questo potrebbe davvero aprire delle nuove possibilità. Credo che la sharing economy possa servire soprattutto a questo: creare nuove opportunità.”

Qui lo Storify dell'evento.

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