Welfare

Sharing economy: Migranti al centro

Da Refugees Welcome Italia, all’esperienza del Memoriale della Shoah di Milano, dove sono stati accolti oltre 4mila migranti, al centro del dibattito nella settimana milanese dedicata all’economia collaborativa, i progetti di accoglienza diffusa nati da reti di cittadini

di Ottavia Spaggiari

Non solo Uber e Airbnb. Occhi puntati sull’accoglienza dal basso, alla Collaborative Week di Milano, la settimana dedicata alle pratiche della sharing economy, perché nulla sembra essere più collaborativo delle reti nate e cresciute negli ultimi mesi dall’iniziativa di cittadini privati, uniti per rispondere all’emergenza migranti. Protagonisti del workshop, Accogliere e Innovare, organizzato domenica 8 novembre, proprio loro, i cittadini hanno scelto di dedicare parte della propria vita ai migranti. Dall’esperienza romana di Baobab, il progetto di accoglienza diffusa animata da oltre 500 cittadini, sostenuto interamente da donazioni volontarie, al Presidio No Borders lanciato a Ventimiglia, l’11 Giugno, scorso per sostenere i migranti costretti ad uno sgombero, fino Refugees Welcome Italia, il gruppo che sta portando nel nostro Paese il progetto di accoglienza diffusa nato in Germania, per permettere ai cittadini aprire le proprie abitazioni a chi ne ha bisogno, si è parlato di rete

“La rete internazionale aveva ricevuto moltissime segnalazioni da italiani interessati ad importare il modello nel nostro Paese, così ci hanno messo in contatto e abbiamo iniziato a lavorare insieme,” raccontano due tra le fondatrici dell’iniziativa. “Attivare l’iniziativa in Italia, non è per nulla semplice, ma stiamo sciogliendo alcuni nodi burocratici e dovremmo partire presto.”

Il progetto prevede la possibilità di mettere a disposizione un posto letto, registrandosi sul sito, grazie all’intermediazione di organizzazioni che lavorano coi rifugiati, ottenendo anche l’aiuto per cercare un sostegno economico in grado di pagare l’affitto del nuovo coinquilino.

Presente durante il workshop anche l’esperienza del Memoriale della Shoah di Milano, costruito su quel Binario 21, per molti anni rimasto nascosto alla città, dove tra il 1943 e il 1945 migliaia di ebrei vennero caricati nei treni merce per essere caricati, nella notte, su vagoni merci e agganciati poi ai convogli diretti ad Auschwitz- Birkenau, Bergen Belsen e ai campi di smistamento italiani di Fossoli e Bolzano. “Insieme a alla comunità ebraica, avevamo deciso di aprire le porte del Memoriale lo scorso giugno, nel pieno dell’emergenza, per permettere ai migranti che spesso passavano la notte accampati nella stazione, per ripartire il giorno successivo, di mangiare e dormire al coperto.” Racconta Ulderico Maggi, Direttore della Comunità Sant’Egidio, che ha gestito l’iniziativa di accoglienza. “Abbiamo attivato una rete di sostegno estremamente ampia, dai volontari di seconda generazione, alla chiesa anglicana, agli studenti delle superiori che, prima di entrare a scuola, passano dal Memoriale, per servire la colazione ai migranti.”

Proprio lo scorso giugno, Roberto Jarach, vice-presidente della Fondazione Memoriale della Shoah, ci aveva spiegato così la decisione di aprire le porte del Memoriale: “Crediamo che dare una mano, in un momento come questo, sia il modo migliore per proteggerci dall’indifferenza, quella parola che Liliana Segre, una delle ultime testimoni della Shoah, ha voluto così fortemente impressa all’ingresso del Memoriale. Perché non dobbiamo scordare che è stata proprio l’indifferenza la complice silenziosa dell’Olocausto.” Da allora per il Binario 21 sono passate oltre 4mila persone: eritrei, siriani, palestinesi, somali, tutti arrivati dopo un viaggio estenuante, e pronti per ripartire subito, verso un’altra destinazione. “Non abbiamo stime precise, ma tra le persone che abbiamo accolto, solo una minima parte aveva intenzione di fermarsi in Italia.” Racconta Maggi. “In molti si sono tenuti in contatto con noi, dopo essere ripartiti. Siamo stati un piccolo punto fermo, nel loro lungo, durissimo viaggio.”

Di giorno monumento alla memoria, aperto ai visitatori, di notte, luogo protetto, di cura, di scambio, di comprensione, per Ulderico Maggi, il Binario 21 è una rivincita della storia: “Un uomo eritreo, che abbiamo ospitato qui una notte, ha scritto una lettera proprio a Liliana Segre. Le ha detto “Tu sei la nostra grande madre””.

Proprio la Comunità Sant’Egidio, insieme alla Comunità Papa Giovanni XXIII, sta attivando il primo corridoio umanitario di profughi verso l’Europa, per permettere un viaggio sicuro a chi è costretto a fuggire dal proprio Paese. Un punto di partenza sarà il campo profughi per le famiglie siriane di Tel Abbas, in Libano. 2mila le persone attese, selezionate secondo precisi requisiti. Avranno la precedenza i soggetti più fragili, tra cui le famiglie con bambini piccoli, disabili e persone affette da patologie gravi. Questo primo esperimento è stato attivato anche grazie all’8 per mille della Chiesa Valdese, che ha destinato al progetto le risorse necessarie per poter partire.

Foto: Getty Images

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