Volontariato
Shakespeare e i galeotti
In un carcere americano, dove sono rinchiusi personaggi della massima pericolosità, è stata portata in scena una delle opere meno note del bardo, il Tito Andronico.
di Redazione
Questa primavera il fotografo Andy Nelson e la scrittrice Mary Wiltenburg hanno fatto un viaggio in una prigione del Kentucky, dove i reclusi stavano preparandosi per la recita di uno spettacolo teatrale da tempo atteso. Per le successive due settimane sono stati testimoni di un dramma unico nel suo genere, fuori e dentro il palco. Tito Andronico, opera teatrale del primo Shakespeare sullo stupro, l’assassinio e la vendetta, non è mai stata apprezzata dalla critica; il poeta T.S. Eliot la definì «una delle opere più stupide e prive d’ispirazione che sia mai stata scritta». Ma messa in scena da stupratori, assassini e altri delinquenti rinchiusi presso l’istituto penitenziario Luther Luckett, acquista decisamente una nuova vita.
Atto I: dietro le sbarre
Jerry Guenthner, G per gli amici, entra in scena, avvolto da una tunica di tela ruvida. Si lancia nell’incipit del Tito Andronico: «Patrizi, nobili, padroni del mio diritto, difendiamo la giustizia della mia causa con le armi…». Tranne un’alta recinzione, appena visibile attraverso una finestra sulla destra del palco, questa potrebbe essere la produzione di una compagnia teatrale. E G, eccetto che per l’etichetta sui pantaloni, J. Guenthner numero 096355, potrebbe essere un uomo libero.
Il Luther Luckett di LaGrange, in Kentucky, è un carcere di media sicurezza, che si distende in un blocco di edifici color bianco cenere e ampi prati, come un college universitario, ma circondato da torri di controllo e filo spinato. Venne costruito per accogliere condannati per omicidio, violenza, stupro, rapina o droga. In un posto come questo, in bocca a un uomo condannato all’ergastolo per l’uccisione di un agente di polizia, le parole “bene”, “giustizia” e “armi” assumono un suono diverso da quello che avrebbero se pronunciate da un professionista del teatro o da uno studente di una qualsiasi high school. Nessuna biglietteria o maschera accoglie gli ospiti che arrivano per lo spettacolo di stasera. Siamo stipati in mezzo a file di sedie ammucchiate nella stanza degli ospiti. Ci sediamo, e proprio davanti a noi c’è la famiglia di G che osserva con attenzione. Alcune file dietro, la madre di Demetrius Burris allunga il collo per vedere suo figlio che fa la parte di un prigioniero di guerra. E quando Leonard Ford comincia a recitare come tribuno romano, suo padre si tira dritto.
In un angolo in fondo, vicino al posto di guardia, vediamo Curt Tofteland, direttore di Shakespeare dietro le Sbarre, responsabile di questa produzione. Curt raccoglie soldi per pagare i costumi e offre volontariamente il suo tempo libero. Assicura che lo fa perché recitare può trasformare le vite, specialmente quelle dei prigionieri. «Lascio che i ragazzi scelgano i loro ruoli», dice Curt, «e sareste sorpresi di vedere quanti scelgano proprio il personaggio che riguarda ciò per cui sono stati condannati. Dico loro: voi scegliete il vostro ruolo, ma anche il vostro ruolo vi sceglie. Se ci pensate, c’è sempre un motivo che vi lega…».
Sul palco G viene raggiunto dagli attori che recitano la parte dei parenti di Tito e dei prigionieri di guerra. La trama prevede che discutano su come scegliere il prossimo imperatore di Roma. Le loro opinioni sono spaccate fra una democrazia in germoglio e una tradizione di successione genealogica. Tito, un soldato degno di venerazione, alla fine conferisce il titolo a Saturnino, impersonificato da G. Il tentativo di transizione ordinata degenererà rapidamente in una serie di omicidi e accuse. Il padre si rivolterà contro il figlio, il generale contro l’imperatore, in una storia che lascia che tutti scelgano la vendetta a scapito della pietà. È un tema che rispecchia il dibattito sullo scopo delle prigioni moderne. Dall’inizio degli anni 90, l’aumento del crimine violento e il fiorire di nuove, dure leggi federali hanno gonfiato la popolazione delle carceri. Nel 1994, il Congresso ha approvato la legge sul controllo del crimine violento che ha eliminato i fondi per i programmi universitari dei reclusi. Oggi il 58% degli americani crede che le prigioni, un’industria da 90mila miliardi di lire l’anno, servano solo a punire.
Larry Chandler, direttore di Luther Luckett, assicura che la sua missione è aiutare chiunque desideri imparare. «Non mi preoccupo se hanno ammazzato o violentato. La vita continua», dice Chandler. «Il giorno che entrano dobbiamo cominciare a prepararli per il giorno che ci lasceranno». Sul palco intanto Tamora, regina di un popolo conquistato, prega Tito di risparmiare la vita di suo figlio. Quando Tito la ignora, lei giura che si vendicherà. Tito consegna Tamora e i suoi prigionieri al nuovo imperatore che li libera come gesto di benevolenza. Una volta liberati, gli attori si mettono in ordine e si sistemano fuori dal palco.
Atto II: la prova generale
Curt distribuisce tuniche e spade di legno. È la prima volta con questi costumi… proibiti, e il nuovo attore Randy True, che impersona Lavinia, la figlia di Tito, saltella fra gli altri, orgoglioso della sua sottana di tela e della sua mano che presto sarà tagliata. Quando la scena si apre, Tito promette la figlia in sposa a Saturnino. Ma lei è impegnata con il fratello dell’imperatore, che la rapisce. Quando la famiglia di Tito lo rimprovera per la sua azione, lui s’infuria e uccide suo figlio, interpretato da Michael Rogers. Michael è curvo in un angolo a esaminare il testo. Mentre si avvicina il suo turno, si muove severo in avanti. Di solito Michael soffre di balbuzie, ma una volta sul palco si oppone a Tito con fermezza: «Mio signore, non passate da qui». Poiché suo padre lo pugnala, lui bisbiglia al fratello, «Aiuto, Lucio, aiuto!». «Bravo, Michael!». Curt, il regista, si mette a gridare e Michael indietreggia, arrossendo. Condannato a sette anni per avere abusato sessualmente di un bimbo di sette anni, sarà liberato quest’estate, dopo aver espiato la metà della pena.
Tito Andronico è la tragedia di Shakespeare più oscura, un’opera che nessuna compagnia porta sulla scena. Curt sostiene che l’ha scelta per ciò che dice della vendetta. «Ognuno di noi è stato offeso da qualcun altro, e molti di loro hanno rigettato l’offesa sul prossimo in modi sanguinosi», dice. «Ma la loro vendetta produce vendetta che produce vendetta, e alla fine non ci sono eroi superstiti. La vendetta consuma tutti. Penso che sia importante per questi ragazzi, in realtà per tutti noi, capire questo».
Sul palco l’imperatore Saturnino rivolge tutte le sue attenzioni a Tamora, che accetta di sposarlo. Ma lo convince a simulare amicizia con Tito affinché lei possa ideare un sistema per vendicarsi. I due uomini escono, lasciando solo Aaron, servitore e amante di Tamora. Aaron è un individuo malvagio: tutto ciò che fa è per conseguire scopi criminali. È interpretato da Sammie Byron, che un tempo stabilì il record statunitense di sollevamento pesi sollevando, lui di 80, 345 chili. Oggi impressiona di più per la sua ars oratoria. A guardarlo, non immagineresti mai che alle elementari Sammie fosse il bersaglio dei prepotenti. Inizialmente i bambini neri molestavano questo ragazzo mezzosangue messicano per il suo tono di pelle più chiaro. Poi due compagni di scuola delle superiori incominciarono a picchiarlo, obbligandolo ad atti sessuali. Sammie idolatrava il padre, ma sia lui che la madre erano alcoolizzati, e ogni giorno lo picchiavano entrambi.
Quando l’abuso sessuale incominciò, Sammie andò subito da suo padre. Aveva la camicia strappata. Appena il padre vide la prima lacrima «cominciò subito ad insultarmi dandomi del “teppista” e aggiungendo che non avrei mai saputo cavarmela da solo. Allora decisi che non gli avrei mai detto nulla». Quando aveva nove anni, la sua famiglia si trasferì e Sammie pensò che sarebbe potuto scappare. Proprio allora il suo vicino di casa 18enne, Paul, iniziò a molestarlo. «E mio padre sempre a dire, “Perché non assomigli a Paul?”». Sulla scena, Sammie-Aaron trova i due figli rimasti di Tamora che discutono su quale di loro potrebbe allontanare Lavinia dal suo nuovo marito. Sammie gli suggerisce invece di unire le forze e rapirla.
In una pausa della prova si prende una boccata d’aria nel cortile. Sammie esce. Claudman Anderson, che interpreta la parte di uno dei figli di Tamora, l’accompagna. Claudman si è appena diplomato alla scuola di teologia e sarà rilasciato l’anno prossimo, dopo ventitré anni. Assicura che è stato “incastrato” in quel ruolo; non voleva interpretare la parte di uno stupratore. «Ho un’accusa di abuso sessuale. Sono passato attraverso la terapia e sono cresciuto. All’inizio mi ero detto “no, non posso fare questo”». Sua moglie, nonostante tutto, gli ha dato l’ok. «Mi ha detto che è solo un gioco: “la persona che stai interpretando non sei tu, dunque fai del tuo meglio”». Allora mi sono detto, “sì, sono pronto per cominciare!”». Quando raggiunge il campo, Sammie passeggia fino al centro, il punto più alto. Questo, dice, è il suo punto preferito. «Qui è bello… Se cammino quassù, e guardo giù, non vedo traccia della prigione. Questa è la figata, non accorgersi di essere in prigione».
Come ai tempi di Shakespeare, i ruoli femminili sono interpretati da uomini. All’inizio c’era stato imbarazzo. Poi il primo a rompere gli indugi era stato Hal (che quest’anno impersona Tito) che è omosessuale. Alcuni lo avevano deriso: «Mi dicevano: “è facile per te, tu sei già come una…”». Curt quella volta si arrabbiò. «Dissi loro: “Lui sta rischiando quanto ognuno di voi per interpretare la parte, anzi rischia probabilmente anche di più, sul palco”». Dopo un anno di successo, altri uomini hanno cominciato a offrirsi volontari per ricoprire parti femminili.
Leonard, condannato a 50 anni per crimini sessuali, è tra questi. Ora fa una doppia parte con Demond Bush; entrambi interpretano Tamora e il fratello di Tito, a sere alterne. Leonard ricorda che ha voluto impersonare Tamora «per affrontare le mie paure di interpretare una donna in un luogo dove si deve cercare di essere il più macho possibile. È un modo di dire “lo faccio perché imparo qualcosa su me stesso agendo in questo modo”». Oggi si muove agilmente sul palcoscenico. L’obiettivo del suo personaggio è concentrato su un appuntamento con Aaron. Aaron invece tranquillizza Tamora e realizza il suo desiderio di vendetta con un complotto malvagio: i figli di lei cattureranno Bassiano e Lavinia, poi assassineranno lui e violenteranno lei. Aaron va via quando sopraggiunge la giovane coppia; i figli di Tamora arrivano subito. Pugnalano Bassiano, poi iniziano a prendere in giro Lavinia che chiede pietà alla loro madre. Tamora non gliene offre, memore dell’offesa ricevuta da Tito, e i suoi figli trascinano Lavinia sino a una cavità, nel retroscena, dove la violentano e le tagliano le mani e la lingua.
Come molti bambini vittime di abusi, Sammie ha avuto a che fare con la violenza per tutta la vita. è andato in prigione due volte per violenza carnale ed è uscito in entrambi i casi per buona condotta. Dopo si è sposato e ha aperto una palestra di lotta. «Poi», dice, «ho avuto altri problemi». Ha iniziato ad avere relazioni con molte donne, in particolare con una di nome Carol, una relazione «molto violenta». Hanno rotto una volta, ma, cinque anni più tardi, hanno ripreso a frequentarsi. Sammie andava a letto anche con il suo supervisore e Carol, scopertolo, minacciò di denunciarlo. «Ho pensato: “Sto per perdere tutto quello che ho”. Cosicché, in un attacco di rabbia, ho finito con strangolare Carol».
In scena, Saturnino trova suo fratello assassinato e condanna i due figli di Tito a morte per il reato. Tito chiede clemenza ma, non ricevendone, inizia a impazzire. Quando Marco conduce a lui Lavinia tutta insanguinata, Tito cessa di delirare e piange. Aaron, ansioso di compiere altre malvagità, dice a Tito una bugia: se lui si taglierà la mano e gliela affiderà da consegnare all’imperatore, questi risparmierà i suoi figli. Tito non esita, e Aaron gli taglia la mano. Hal si torce alla base di una macchina perforatrice, afferrando il suo polso tagliato. «Attenti alle mani e alle dita», avverte un cartello di sicurezza. Più tardi Hal mostra orgoglioso una fotografia che gli è arrivata per posta: la cerimonia della maturità di sua figlia. Non gli è permesso avvicinarla (quando era ancora neonata lui ha fulminato sua madre incinta) ma i nonni gli inviano notizie. Nella foto, una ragazza in completo da cerimonia è seduta in modo serio. Dimostra il doppio dei suoi anni. E ha gli occhi di Hal. «Questa è la mia Lavinia», dice.
Quel pomeriggio, nel suo ufficio, Larry Chandler confida che «Curt ha reclutato un paio dei tipi peggiori. Ancora mi stupisce. Se li incontraste nel loro giorno buono, scappereste a gambe levate».
Atto III: il ruolo giusto
Sul palcoscenico, durante le prove, Lavinia scorre freneticamente le pagine delle Metamorfosi di Ovidio con i moncherini dei polsi. Imbattendosi per caso nella storia della violenza carnale di Filomela, gesticola come una pazza con suo padre e suo zio, per porre l’accento sulla somiglianza tra questa storia e il reato commesso contro di lei. Dopo le prove, Sammie e Michael si dirigono fuori, verso il campo di raccolta per le prove finali. Michael impersona un vecchio nobile romano che piange tutte le sventure dell’opera. «Il mio cuore non è fatto né di selce né d’acciaio», attacca Michael, «né posso… interrompere?» «Esprimere», gli ricorda con dolcezza Sammie. Fa una pausa, balbetta, poi ricorda: «Né io posso esprimere tutti i nostri amari dolori. Ma le inondazioni di lacrime affogheranno la mia pubblica orazione e interromperanno le mie parole, proprio quando voi starete maggiormente in attesa, e dovrete per forza provare pietà…»
«Ottimo, ottimo!», grida Sammie quando è tutto finito. Sulla via del ritorno si ferma nel suo ufficio. Da solo, a parte un supervisore, gestisce il database della prigione che contiene un volume enorme d’informazioni statali. Gli è già stato offerto un lavoro di alto livello, con un buon salario, dalla Captiva Software Corporation, se la commissione per il rilascio deciderà in suo favore nel 2003. «Spero di essere rilasciato», dice. «So di essere pronto». Quando ha finito il lavoro, Sammie torna nella sua stanza. Nonostante le espressioni da college, non c’è alcun dubbio che si tratti di una prigione. Porte di metallo che sbattono violentemente, guardie che gridano da dietro vetri infrangibili, chiavi che stridono, ricetrasmittenti portatili che vomitano direttive ingarbugliate e scarpe economiche che stridono cemento duro e superlucidato. Uno scaffale a muro nella stretta cella di Sammie è coperto da foto e album. Gliele ha inviate Desi, sua figlia, e la sua figliastra, Jen. Sammie ha sposato sua madre quando Jen aveva sei anni e lui era già in prigione. Rimane vicino a Jen sebbene ora sia separato (amichevolmente) da sua madre. Sia Jen che Desi assisteranno allo spettacolo.
Sammie sta imparando un sonetto da recitare loro durante l’intervallo. Lo prova con noi: «Se potessi descrivere la bellezza dei vostri occhi ed enumerare tutte le vostre grazie, i posteri direbbero, “questo poeta mente – dettagli così divini non hanno mai sfiorato volti terreni”». Fa una pausa, guardando distrattamente fuori, verso il campo attraverso le sbarre spesse della finestra, poi ripete: «I posteri direbbero “questo poeta mente”».
Atto IV: l’attesa
Il pomeriggio della prima, gli attori sono in fibrillazione. Gli ultimi arrivati si fermano per pregare e passeggiare su e giù nervosamente. Prima dello spettacolo, Curt legge una storia sul violinista Itzhak Perlman che, quando ruppe una corda durante lo spettacolo rielaborò un intero pezzo sinfonico interpretandolo con le corde a disposizione, invece di fermarsi. Dopo disse «talvolta è compito dell’artista scoprire quanta musica si possa ancora fare con quello che è rimasto».
La notte della prima la tensione è palpabile. Quando Sammie fa la sua entrata, scruta la folla. Desi non l’ha vista, ma Jen sta sedendosi in prima fila con la nonna. Nell’intervallo lei e Sammie confrontano le dimensioni delle loro mani. Leonard sta in piedi, timidamente, con i suoi genitori. Demetrius sorprende sua madre con il suo diploma e lei si scioglie in lacrime.
Dopo l’intervallo, il figlio di Tito, Lucio, conduce un esercito contro Roma. Sulla strada scopre Aaron che fugge con suo figlio. Aaron accetta la condanna a morte ma supplica sia fatta salva la vita del suo bambino. Quando Lucio accetta, Aaron pronuncia un discorso carico d’odio, rimpiangendo di non aver causato agli altri più dolore. Sammie, subito prima dello spettacolo, insiste che la sua storia venga raccontata sul giornale in modo da non ferire la famiglia di Carol, la ragazza che ha violentato e ucciso. Dice piangendo: «Sono addolorato per quello che ho fatto. La tragedia è che non posso cambiarlo. Io posso cambiarmi, ma non posso fare niente per aiutarli ad attenuare il loro dolore». Anche Leonard-Tamora ha pensato alle sue vittime. «Io sono colpevole», ammette, «e potrei morire qui dentro». Ma aggiunge che la polizia non ha scoperto tutti i suoi reati; ne ha confessati diversi spontaneamente, senza alcun accordo (per la legge americana chi confessa si vede ridotta la pena da scontare). Era un cristiano, all’epoca, e credeva che, se fosse stato sincero, avrebbe potuto appellarsi a una sentenza più misericordiosa. Invece ha ricevuto una condanna più dura e dice di pensare a ciò quando interpreta Tamora.
Leonard ha già espiato sei anni. È entrato in prigione con quattro figli, un master ed esperienze con il computer. A causa del sistema rigido di Chandler sarà probabilmente trasferito, poiché non è coinvolto in nessun programma dell’istituto e non dimostra gratitudine per essere dov’è. Sul palco, Tamora e i suoi figli vanno travestiti alla casa di Tito, per la vendetta finale. Ma Tito la allontana con un inganno, smaschera i figli di lei e li sgozza. Poi cucina i ragazzi in una torta e invita Saturnino e Tamora, con la sua famiglia, a cena. Il pasto termina in un’atmosfera di grande frenesia, mentre gli unici fermi in piedi sono Lucio, Marco e un vecchio nobile romano.
Quello è il segnale per Michael. Inizia incerto, poi recita la sua parte. Dietro le quinte gli attori si complimentano in silenzio. La recita finisce come ogni notte. Con una standing ovation.
La trama
Tito Andronico, generale romano, al termine di una vittoriosa campagna contro i Goti cattura la loro regina Tamora e ne sacrifica il primogenito agli dei. È solo l’inizio di una serie di efferate vendette. Infatti, tornato a Roma Tito con la prigioniera Tamora, la donna fa innamorare di sé l’imperatore Saturnino che la sposa e, aiutata dall’amante nero Aaron e dai due figli rimasti, trama vendetta contro Tito e la sua famiglia. La prima vittima è la figlia Lavinia, stuprata e mutilata, poi è la volta di Bassiano, fratello di Saturnino, pugnalato per spingere l’imperatore a incolpare del delitto due figli di Tito e a condannarli a morte. Infine è la volta del generale, convinto da Aaron a mutilarsi con la falsa promessa di clemenza per i figli condannati. Alla fine però, scatta la vendetta di Tito che, fingendosi pazzo, invita la regina a un banchetto durante il quale serve i figli di lei uccisi e cucinati sotto forma di pasticcio. Un eccidio generale e la salita al trono di un figlio di Tito terminano la tragedia.
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