Welfare

Sfruttamento lavoro: Oxfam contro Nike e Adidas

«Le condizioni sono migliaorate, ma c'è ancora molto da fare» dice l'ong australiana Oxfam community aid abroad

di Giampaolo Cerri

Se i colossi rivali di articoli sportivi ‘Nike’ e ‘Adidas-Salomon’ hanno cercato in parte di mitigare la cattiva fama che si erano fatti di imporre condizioni di lavoro troppo dure nel terzo mondo, che rischiava di danneggiarle commercialmente, in Indonesia le due multinazionali si servono ancora di manodopera ”supersfruttata e sottopagata”. E’ quanto sostiene un’organizzazione umanitaria australiana – la Oxfam Community Aid Abroad – che pure riconosce che sotto la pressione delle organizzazioni umanitarie e per i diritti civili i due ”re della scarpa da ginnastica” sono in parte corse ai ripari. ”Abbiamo l’impressione che qualche cambiamento ci sia stato, ma ben al di sotto di quello che sarebbe necessario per togliere i lavoratori dalla poverta’, per garantire loro un ambiente di lavoro sicuro ed il diritto ad avere un sindacato”, spiega l’australiano Timothy Connor, autore del rapporto ”We Are Not Machines” (”Non siamo macchine”). Rispetto al precedente rapporto, del 2000, ”Ci sono comunque stati miglioramenti in termini di una riduzione delle molestie sessuali, della possibilita’ di godere di giorni di malattia e della generale riduzione delle umilianti condizioni di lavoro”, riconosce Connor. Il rapporto rivela che il minimo salariale a Giakarta e’ di una cinquantina di dollari mensili, e che con meno di due dollari al giorno le famiglie di lavoratori con bambini devono ricorrere a parenti per accudire i figli. ”Aver intervistato 35 lavoratori su 110.000 non e’ statisticamente rilevante”, replica il responsabile per il sudest asiatico della Nike, Chris Helzer, secondo cui ”i lavoratori appena assunti hanno uno stipendio che probabilmehte e’ superiore del 10 per cento al (minimo medio) imposto dal governo”. La Nike – leader mondiale per l’abbigliamento e le scarpe per lo sport – ha 11 fabbriche in Indonesia – per lo piu’ di proprieta’ di coreani e taiwanesi – che producono fra i 45 e i 55 milioni di paia di scarpe l’anno.


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