Politica

Sfida all’ombra della Madunina

Intervista a Giulio Sapelli. Anteprima da Vita in edicola

di Giuseppe Frangi

«Una città diventa leader quando lascia spazio a chi produce pensiero contro». Il punto di vista di Giulio Sapelli non è mai prevedibile e non è sempre facile da digerire. Proprio per questo è interessante. Lui è torinese di nascita, e milanese per vocazione. Ma il tragitto da Torino a Milano ha avuto una tappa fondamentale nell’Ivrea di Adriano Olivetti.

Non è un po’ un vezzo questo “pensiero contro”?

Nient’affatto. È uno spazio di libertà, in cui la creatività non viene asservita ad un disegno di profitto. Prendiamo Milano: ha una grandissima vitalità di giovani creativi. Come quelli che ogni anno ci stupiscono nel Fuorisalone. Fanno design alternativo, nel senso che innovano a loro rischio. Non cercano la rendita delle loro idee, ma cercano di cambiare le consuetudini. Bisognerebbe dar loro molto più corda.

In che senso?

Nel senso che la loro spinta può anche innovare l’economia. Per favorire un patrimonio come questo l’impresa tradizionale non è sufficiente. Ci vuole un altro tipo d’impresa, un’impresa non profit, perché la creatività per crescere deve essere libera dalle logiche del profitto. Milano ha le carte in regola per diventare una città gateway. Dove i ragazzi arrivano, fanno palestra e poi partono. Ma garantiscono la ricchezza della loro vitalità. Certo ci vuole coraggio.

Ad esempio?

Ha in mente cosa fu per Londra la mostra Sensation alla fine degli anni 90? Un grande scandalo, ma da lì partì una spinta che ha fatto correre la città per dieci anni.

Per ora Milano più che dalle provocazione sembra molto affascinata dal cemento…

Non capisco perché quando il cemento colava su Berlino era una cosa meravigliosa e tutti erano incantati. A Milano invece la cosa dovrebbe fare scandalo. D’accordo che il profilo di tanti costruttori non è propriamente limpido, ma ogni città che vuole fare il passo e uscire dalla stagnazione cambia il suo skyline. Milano lo sta cambiando. Evviva.

Case per i soliti ricchi?

Questo semmai è il vero problema. Milano ha un record che deve far pensare: è la grande città con la maggior concentrazione di ricchezza in poche mani. Il 40% è nelle mani di appena l’1% della popolazione. Questo significa che la classe media è stata espulsa, e che i ricchi la vivono un po’ come una fortezza. È una città introflessa. Che vive su un inganno.

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Continua a leggere l’intervista (per soli abbonati). E inoltre sul numero in edicola di Vita trovi un’intervista a Massimo Cacciari. Il perché la sfida di Milano è tanto importante in occasione delle prossime elezioni amministrative e il contributo di randa Ghazy, redattrice di Yalla Italia, che racconta Milano dal punto di vista delle secondi generazioni.


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