Sostenibilità

Sfasciume geologico. E culturale

di Redazione

di Fulco Pratesi
Settant’anni fa Giustino Fortunato, grande meridionalista, definì la Calabria «sfasciume geologico pendulo tra due mari». Una drammatica immagine che si potrebbe estendere a gran parte del nostro Meridione e non solo. Ma quello “sfasciume” di cui parlava lo studioso lucano morto nel 1932 non è più, ormai da anni, ristretto al campo della geologia. Uno “sfasciume”, favorito e prodotto dall’invadenza orrenda della malavita organizzata, pervade società (che non è più realistico definire “civili”) sempre più prive di freni etici e morali.
Dalla protervia inutile e stupida di non voler indossare il casco in moto fino alla diffusione cancerosa dell’edilizia abusiva, oramai l’illegalità è divenuta, soprattutto in quelle regioni, la regola.
Come il costruire abusivamente (o anche con licenze omertosamente rilasciate) in luoghi non destinati all’edilizia, produce poi disastri orrendi, così l’aver ignorato regolarmente tutte le norme antinquinamento sta rovinando uno dei maggiori patrimoni del Sud: le un tempo splendide coste e i loro già cristallini mari.
Per non parlare della catastrofe (inimmaginabile ancora pochi decenni fa) costituita dalle navi imbottite di veleni e di scorie radioattive inabissate, con la complicità delle cosche, al fondo di uno dei mari più belli del mondo. E gli incendi criminali accesi sulle pendici litoranee (magari solo per ricavare pascoli o asparagi) che hanno distrutto le ultime macchie mediterranee, contribuiscono – come un tempo i diboscamenti dell’interno – a trasformare fiumi, torrenti o addirittura rigagnoli in spaventose livide fiumare. Fiumare pronte, grazie anche ai sempre più frequenti parossismi climatici, a portarsi via quanto l’imprudenza e l’irresponsabilità umana e politica hanno elevato entro i loro alvei. Con tutto il doloroso corredo delle vittime, ignare ed innocenti. Obbligate, oltretutto, a dover vivere in edifici, spesso pure bruttissimi, costruiti con cemento pulverulento, armature inesistenti, solai e muri inadeguati. Tutto questo è alla base della disastrosa frana che ha colpito Giampilieri, dove la pioggia pur copiosa non può bastare a giustificare un dramma di simile portata.
Ora, se la parte ancora onesta e umiliata delle popolazioni meridionali non inizierà, fin dal più infimo livello, a rivendicare una nuova etica e una nuova morale, a iniziare dalle famiglie, dovrà rassegnarsi ad avere nei territori un tempo più fascinosi e amabili del Bel Paese, un deserto fangoso e polveroso, stepposo e franoso su cui svetteranno orgogliosi i piloni del Ponte, alti come l’Empire State Building di New York e 60 metri più della Torre Eiffel, a tutta gloria di chi antepone sogni di grandezza a una meditata, razionale, affettuosa cura del territorio e di chi in esso e su di esso vive.

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