Formazione

Sette in condotta, sì o no?

Maria Grazia Zanaboni ed Ernesto Caffo promuovono l'idea. Con qualche ma...

di Riccardo Bianchi

Bene il sette in condotta, ma non fermarsi qui. Le associazioni commentano positivamente la nuova decisione del ministro Gelmini di riportare a scuola la bocciatura per cattivo comportamento, ma chiedono un ulteriore passo in avanti.

Maria Grazia Zanaboni: «Uno strumento da usare per educare e non per vendetta»
«È uno strumento che può essere utile per i docenti» commenta Maria Grazia Zanaboni, presidente dell’associazione Amico Charly, che si occupa di prevenire il disagio giovanile, «ma non può essere la soluzione definitiva al bullismo in classe. Servono anche interventi di tipo formativo per i professori».

«Certo il voto non deve essere considerato come una vendetta verso i ragazzi» prosegue la Zanaboni «se il docente arriva a una decisione del genere bisogna che alla base vi sia una condivisione, un percorso che giustifichi, allo studente e alla famiglia, il motivo di una tale scelta. Dipende se vogliamo usarlo per reprimere o per educare».

Apprezzamento, quindi, per la decisione della Gelmini, ma con la speranza che continui a impegnarsi in questo campo: «L’Istruzione è davvero in crisi, fare il ministro oggi non è per niente facile» assicura il presidente «bisogna lasciarla lavorare e vedere cosa fa. Sicuramente proporrà dei corsi di formazione per i professori per insegnare loro a sfruttare questi provvedimenti e ad affrontare il nuovo tipo di bullismo, molto tecnologico e legato al protagonismo. Ma l’autonomia scolastica non le dà molti poteri, se non sono i presidi a richiedere questa preparazione per i propri docenti, lei non può imporla. Noi, comunque, ci stiamo già muovendo in questa direzione».

Ernesto Caffo: «Coinvolgere le famiglie nel percorso formativo»
Un’idea condivisa anche da Ernesto Caffo, presidente di Telefono Azzurro, che ricorda come «serva una cultura della valutazione» per non rendere il voto in condotta un semplice numero, ma un’opportunità.

 «Ci dev’essere un giudizio in itinere» afferma Caffo «le famiglie devono essere coinvolte».Il fondatore del più noto centro per l’ascolto dell’infanzia chiede che la scelta di bocciare uno studente per il suo comportamento sia una tappa di un confronto con il ragazzo, finalizzato a capire come aiutarlo a crescere.

Interpellato sulla questione del bullismo e della grande attenzione che riscuote, Caffo assicura che «c’è sempre stato, ma oggi se ne notano le conseguenze». E invita chi di dovere a guardare il fenomeno «in un’ottica più generale di educazione del giovane, evitando di inserirvi anche le devianze o altri problemi che devono essere affrontati con altri strumenti».

Foto: © Desmatron | Flickr


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