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Servizio civile,26 milioni di ore da salvare

Per lo Stato è un risparmio di centinaia di miliardi. Eppure le Norme approvate un anno fa sono rimaste lettera morta.

di Federico Cella

E poi ci lamentiamo delle lentezze burocratiche della nostra politica: con un blitz degno di questo nome, venerdì 3 settembre il Consiglio dei Ministri, complice l?assenza strategica dei ?comunisti?, ha approvato all?unanimità il Disegno di legge per la creazione anche nel nostro Paese di un esercito formato da volontari professionisti. Un blitz di fine estate a dire il vero ampliamente studiato, fin dal 1991, anno della pubblicazione del testo sul Nuovo Modello di Difesa. Un blitz, infine, che sancisce di riflesso anche l?eutanasia del servizio civile in Italia, un?esperienza importante per migliaia di ragazzi e per la salute del Paese stesso mai troppo sostenuta, come dimostrato dalla quasi totale mancanza di applicazione della legge 230 a ben più di un anno dalla sua promulgazione.
Le Nuove norme in materia di servizio civile, infatti, benché datate luglio ?98, mancano ancora dell?ufficio centrale e del regolamento preposto alla loro applicazione. Ma soprattutto mancano dei fondi necessari perché venga garantito a tutti gli 80 mila obiettori che ne hanno fatto richiesta la possiblità di svolgere il servizio civile: problema noto ormai da tempo, ma che non è mai stato risolto, a questo punto si può anche dire colpevolmente, con la conseguenza che i due scaglioni di obiettori di settembre sono stati lasciati a casa. E non stiamo parlando di cifre astronomiche per uno Stato, ma di 80 miliardi, da aggiungere ai 120 assegnati dalla Finanziaria, per far funzionare una legge dello Stato stesso. «Li abbiamo chiesti da tempo, e da tempo sono stati promessi», ricorda ancora una volta Diego Cipriani, presidente del Cnesc, la Consulta nazionale enti per il servizio civile. «Però non solo non si sono visti, ma in questo freddo inizio di settembre è arrivata anche la notizia che invece sono disponibili le migliaia di miliardi necessarie per la creazione di un esercito professionale».

Dalla maggioranza zitti e mosca
Danno e beffa, dunque, vanno a braccetto. E le conferenze stampa, di Arci, di Legambiente, della Caritas, si susseguono per richiamare l?attenzione pubblica su un vero problema sociale che, invece, sembra scorrere liscio fra i silenzi della politica. Nessun dibattito ha infatti preceduto, o almeno seguito, la decisione del Consiglio dei ministri: dalla Maggioranza, compatta (Verdi e Comunisti inclusi), non giunge fiato, men che meno dall?Opposizione. Un paio di ministri – la Bindi e la Turco – rilasciano interviste tranquillizzanti e niente più sul futuro del servizio civile, un altro ministro, Scognamiglio, promette per la fine del mese un Disegno di legge per la sua riforma del dopo-abolizione della Leva. C?è da fidarsi? «Visto il trattamento concesso dai nostri politici alla legge 230, una legge che sarebbe ottima, confidare in una rapida e funzionante riforma della riforma si potrebbe definire quantomeno ottimistico», interviene Massimo Paolicelli, portavoce nazionale dell?Associazione obiettori nonviolenti. Che mette in campo una questione fondamentale al riguardo dell?abolizione della Leva: «Seppur con molte difficoltà, si è riuscito a strappare al ministro della Difesa delle cifre credibili sugli effettivi costi, elevati, che comporterebbe il passaggio a un esercito professionale. Ma qualcuno ha pensato che dovremo fare i conti anche con i costi che la società italiana dovrà affrontare a seguito della graduale e, quindi, totale sparizione del lavoro di migliaia di obiettori di coscienza?».
Non sappiamo se qualcuno ci abbia effettivamente pensato: noi, a ?Vita?, ci abbiamo provato (vedi i dati nell?infografico in alto). Infatti, chi pensa che il ?materiale umano? degli obiettori di coscienza sia una risorsa per il solo volontariato, pensa, e dunque rischia di agire, male.

Le cifre della solidarietà
Il percorso di cittadinanza attiva compiuto, seppur non sempre sentito come tale, da ogni obiettore è nei fatti un servizio per l?intero Paese: se sono stati, nel ?98, 38 mila gli obiettori impiegati nell?ambito del non profit, più di 27 mila sono stati quelli al lavoro nella Pubblica amministrazione (per esempio, ben 2.180 presso il solo ministero per i Beni Culturali), per un totale di più di 26 milioni di ore lavorative annue che hanno fatto indicativamente risparmiare allo Stato almeno 600 miliardi di lire se si quantificasse in sole 30 mila lire l?ora il compenso. Una cifra che andrebbe a ricadere, in caso di sparizione del servizio civile, non solo sugli elastici bilanci delle associazioni convenzionate, ma soprattutto sulle arrancanti casse delle Asl e dei Comuni. Un conto non fatto (e da fare) che non solo fa imprecare la società civile contro la cecità dei nostri ?condottieri?, ma che rende ancora più necessario trovare una collocazione futura per il servizio civile, al di là della Leva obbligatoria. Le proposte, tutte provenienti dal Terzo settore – l?unico che sembra rendersi conto del problema -, seguono essenzialmente due direttive. La prima, che abbraccia un Disegno di legge approvato durante il governo Prodi e custodito ?gelosamente? in un qualche cassetto dal ?97, vede la creazione di un servizio civile nazionale e obbligatorio, esteso a uomini e donne, dalla durata variabile, che andrebbe così a rispondere ai doveri costituzionali della solidarietà e della difesa della Patria (è la linea proposta da Caritas e Acli, per esempio). «Un vincolo costituzionale, rispondente al concetto di sicurezza allargato, come difesa non solo militare, ma anche civile e ambientale, che non mi sembra sia il caso di bypassare. Un vincolo per legare i giovani al concetto di cittadinanza, che non si fonda solo sulla rivendicazione dei diritti, ma anche sul rispondere ai doveri legati alla nostra appartenenza a una società», chiarisce Luigi Bobba, presidente delle Acli. «A questo vorrei aggiungere che nel nostro Paese ci sono tanti bisogni insoddisfatti, dalla tutela degli anziani alle centinaia di immigrati da integrare, alla conservazione della ricchezza dei nostri beni culturali e ambientali. Una serie di esigenze cui potrebbero rispodere i giovani durante il servizio civile. E non solo per un dovere di partecipazione alla vita dello Stato, ma anche perché», conclude amaro, «se non se ne occupassero loro, chi potrebbe farlo? I militari professionisti di Scognamiglio?».

Ma il governo non ci pensa?
La seconda proposta, rispondente al modello americano di servizio civile (vedi articolo a fianco) e sostenuta fra gli altri dall?Arci, dipinge invece il servizio come volontario e reso appetibile non solo dalla possibilità di compiere una formazione professionale spendibile in ambito lavorativo, ma anche da crediti formativi sotto forma di riduzione delle tasse universitarie oppure di titoli di preferenza nei concorsi pubblici (così come accadrebbe per i colleghi militari).
«Se nel nostro governo ci fosse un barlume di consapevolezza sociale, si capirebbe che la continuità del servizio civile è anche un investimento a lungo termine, in grado di creare generazioni consapevoli della partecipazione e dell?inclusione nella vita della comunità», spiega Licio Palazzini, responsabile di Arci Servizio civile. «Ma per arrivare alla prospettiva di un servizio civile slegato dalla Leva, bisogna agire ora. E questo vuol dire un immediato rifinanziamento della legge 230, un allargamento alle donne e a tutti quei giovani che vogliono fare il servizio senza per forza fare obiezione di coscienza. Così avremmo un buon servizio civile anche durante questi tre anni di sperimentazione delle nuove Forze armate, e sia la gente che i politici finalmente capirebbero la sua reale utilità sociale». ?

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