Volontariato

Servizio civile: tra mercato e nostalgia “è possibile una terza strada”

In un documento di CSVnet i valori le indicazioni affinché i nuovi progetti permettano ai giovani di vivere “un’esperienza davvero significativa”. Oltre un racconto che la riduce spesso a un mero percorso formativo per acquisire competenze spendibili nel mondo del lavoro

di Redazione

«Il servizio civile deve restare una libera scelta, ma deve essere per il giovane davvero un’esperienza significativa, che lascia il segno, e che lo aiuti a comprendere qual è la realtà che vive il nostro Paese». Ma perché ciò avvenga è necessario che gli enti che accolgono i giovani siano in grado di far comprendere l’importanza del loro impegno e i cambiamenti che questo può produrre sul territorio.

Secondo CSVnet è questa la terza strada da percorrere perché il servizio civile universale sia davvero “finalizzato alla difesa non armata e nonviolenta della Patria”, come recita il decreto che l’ha istituito nel 2017. Dove per difesa della Patria si intende la “tutela del suo contenuto più rilevante, ovvero le persone che ne costituiscono la comunità, l’ambiente in cui vivono, il patrimonio culturale di cui sono custodi”.

L’associazione dei Centri di servizio per il volontariato lo ha scritto in un documento appena approvato dal consiglio nazionale, prima stesura di un testo che prenderà forma all’inizio del 2020 e che avrà lo scopo di indirizzare il pensiero e la prossima progettazione dei Csv per il servizio civile “all’interno di una cornice valoriale e di contenuti fondati sulle esperienze storicamente più valide e che rappresenti uno strumento di avvicinamento privilegiato dei giovani al mondo del volontariato”.

Dietro la presa di posizione di CSVnet c’è infatti il timore che quella finalità di “difesa della Patria” resti sempre più in secondo piano a causa del “racconto che di questa esperienza si è fatto, da più parti, negli ultimi anni: il servizio civile come percorso formativo per l’acquisizione di competenze spendibili nel mondo del lavoro”. Da qui l’esortazione ai Csv, e alle associazioni da questi servite sul territorio, affinché i progetti proposti ai giovani non siano schiacciati sul “mercato (sviluppo delle competenze e riconoscimento di crediti validi ai fini del curriculum ecc.)”, ma nemmeno su un anacronistico concetto del servizio civile ripreso pari pari dalle lotte dei primi obiettori di coscienza degli anni 70. La “terza strada”, appunto, per salvaguardare i valori e rispondere alle nuove esigenze dei giovani (“prima l’azione, poi le parole”) nel momento in cui si avvicinano all’impegno sociale.

Il documento è stato approvato a ridosso di un seminario nazionale svoltosi il 26 novembre a Roma, in cui la responsabile dell’Ufficio nazionale del servizio civile, Titti Postiglione, ha fornito ampie spiegazioni sul Piano triennale 2020-2022 e del Piano annuale 2020, in base ai quali gli enti accreditati dovranno presentare i progetti. Previsti dal decreto legislativo n. 40 del 2017 i due Piani rappresentano una grande novità della normativa, in quanto pongono il servizio civile universale nella logica di una difesa della patria non più individualmente immaginata, ma indirizzata dalla mano pubblica lungo linee di azione e di interesse collettivo.

Con la nuova programmazione (l’Ufficio nazionale ha appena pubblicato le prime disposizioni in attesa del bando) gli enti non presenteranno più singoli progetti, ma programmi articolati in progetti che avranno obiettivi strategici comuni, uno specifico ambito di azione entro cui operare e una coerenza complessiva delle attività, le quali dovranno rifarsi a 11 dei 17 obiettivi dell’Agenda Onu 2030 per lo sviluppo sostenibile.


Una sintesi dell’incontro, redatta dall’ufficio servizio civile di CSVnet, si può leggere a questo link.

Il video integrale del seminario del 26 novembre è invece disponibile qui.

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