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Servizio civile, la strada per connettersi alla Generazione Z

«C’è da capire quali competenze servono a chi fa formazione in un panorama così imprevedibile e veloce come quello in cui vivono oggi i giovani. Un lavoro in cui non bastano conoscenze e tecnicalità, ma che richiede anche competenze sociali: più che dare nozioni, serve aprire degli spazi mentali di discussione». L'intervento della responsabile didattica di Arci Servizio Civile

di Paola Santoro

Fragili, turbolenti, arrabbiati, ritirati: chi sono, cosa pensano, come agiscono i giovani adulti che si affacciano alla vita sociale e civile nel nuovo millennio? Domande di difficile risposta, ma che gli adulti delle organizzazioni del terzo settore si devono porre per pensare a un passaggio di testimone e a un futuro coeso.

GenZ, Zoomers, TrueGen
Davanti a un panorama giovanile eterogeneo e in rapido mutamento, il servizio civile rappresenta un laboratorio formidabile. Ogni anno, per 12 mesi, più di 50.000 ragazze e ragazzi tra i 18 e i 29 anni scelgono di impegnarsi in progetti utili a sé e alla comunità in cui vivono. Missione che, spesso, è compiuta all’interno di migliaia di enti del terzo settore, di ogni tipologia. Non possiamo ignorare, allora, la relazione fra questi giovani e gli adulti che lavorano nel terzo settore. Qual è la nostra postura adulta nei confronti di giovani che si interrogano e ci interrogano sul senso dei loro percorsi di vita? Siamo capaci di cambiare paradigma e osservare il mondo con il loro sguardo?

Palestra intergenerazionale
Lo spazio informale della formazione generale del servizio civile diventa luogo ideale per lasciare i giovani esprimersi con libertà e per testare l’evolversi della relazione giovani/adulti. La formazione che si svolge nel servizio civile non cambia il percorso scolastico personale, né indirizza a una professione. Può, però, sfruttare quattro caratteristiche: l’età adulta dei ragazzi, l’eterogeneità nella provenienza geografica e sociale, l’assenza di esami finali che condizionano l’apprendimento e la partecipazione, la possibilità di integrare le riflessioni d’aula con le attività del progetto. Quattro elementi che trasformano l’obiettivo dei formatori del servizio civile, spostandolo su un fronte diverso. Come Arci Servizio Civile-ASC aps ci siamo domandati perché i giovani sentano il bisogno di lanciare vernice sulle opere d’arte, perché arrivino a gesti violenti verso sé e gli altri.

Da qui, in una due giorni romana, abbiamo coinvolto Monica de Luca, componente dello Studio APS e assistente della cattedra “psicologia di comunità” dell’Università Cattolica del Sacro Cuore, e Aldo Manuali, pedagogista e giudice onorario del Tribunale dei Minorenni di Perugia, per aiutare lo staff di formatrici e formatori di ASC Nazionale aps a capire come assumere questa responsabilità e come trovare modi efficaci per gestirla.

Abbiamo compreso che serve allenare uno sguardo sistemico per osservare le interconnessioni fra scuola, famiglia, i pari, il servizio civile, la società. Abbiamo compreso che serve sostenere i giovani nel dare senso alle attività di servizio nelle comunità e nei territori. E che occorre aiutarli a comprendere di essere soggetti protagonisti.

Costruire la coscienza di sé
Per molti giovani, il servizio civile è forse l’ultimo spazio-tempo in cui poter costruire la coscienza di sé e riflettere sul proprio posto nella comunità. Un ultimo istante prima di essere travolti dalla vita, dagli impegni familiari e professionali. Questa palestra di cittadinanza offre ai formatori del servizio civile l’opportunità di dare senso alle domande dei giovani cercando risposte collettive, ricollocando in una dimensione sociale i problemi individuali.

C’è da capire, allora, quali competenze servono a chi fa formazione in un panorama così imprevedibile e veloce. Un lavoro in cui non bastano conoscenze e tecnicalità, ma che richiede anche competenze sociali: più che dare nozioni, serve aprire degli spazi mentali di discussione. Come adulti partecipi di un sistema educante, l’obiettivo che ci si pone è di discutere le idee di competizione e individualismo della società attuale, al fine di poter coerentemente parlare di inclusione e di nonviolenza, di comunità e democrazia.
Temi che richiedono una riflessione personale nei ragazzi e che trasformano l'apprendimento, prima, e l’agire durante il servizio civile, poi, in uno strumento di crescita e di assunzione di responsabilità, sviluppando il senso di cittadinanza attiva.

Questo è l’approccio che la squadra di formatori di ASC aps si è dato, ponendo i giovani al centro per immaginarli come la nuova generazione di cittadini.

Ora, l’auspicio è che queste riflessioni diventino parte dell’intero sistema del servizio civile e, a caduta, sappiano generare nuova linfa per l’intero terzo settore. Sarebbe un enorme trasformazione, in cui il servizio civile potrebbe finalmente diventare la fucina delle generazioni di domani.

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