Non profit

Servizio civile in un Paese civile

Anteprima. Anticipiamo l'editoriale di Vita magazine in edicola da domani e dedicato al futuro del servizio civile

di Giuseppe Frangi

Sappiamo ancora guardare lontano? La domanda se l?è posta (e l?ha posta a tutti) dalla prima pagina del Corriere della Sera Ernesto Galli Della Loggia. Domanda semplice, ma molto efficace. E molto bruciante. Perché mette a nudo non solo una mancanza di passione, di slancio, ma anche una povertà di pensiero. Posta poi nel rituale stanco e timidamente demenziale di ogni Capodanno, questa domanda sembra davvero destinata ad altri mondi e ad altra gente.
Sappiamo guardare lontano? Ovvero: c?immaginiamo quale mondo, quale Italia, consegneremo ai nostri figli? Ovvero, ancora: c?importa qualcosa di quello che verrà? Domande che riguardano il domani, ma toccano l?oggi. Anzi affondano la lama nel presente. Perché, se non c?è amore per il presente, è davvero impensabile che ci possa essere amore per il futuro. Amare il presente, significa, per esempio, lasciarsene sorprendere. Non soffocare gli indizi che la realtà continuamente lancia al nostro cervello e al nostro cuore. Non seppellirli sotto il guscio degli ?a priori?, per quanto questi apriori garantiscano buone rendite di potere e decorosa tranquillità di coscienza. Un esempio: l??a priori? secondo cui la modernizzazione spinta della società produrrebbe ricchezza, e quindi benessere, e quindi un futuro migliore, è un teorema che fa acqua da tutte le parti.
Lo stesso Galli della Loggia lo ha fatto intendere lanciando una proposta, molto controcorrente, che ci trova assolutamente convinti: per la crescita e la formazione delle nuove generazioni, un tempo di vita da destinare a un servizio civile è una proposta che aiuta a ?guardare lontano?. Ma chi ha la forza intellettuale e morale di dimostrare ai giovani che qualche mese dedicato a ?servire? gli altri, è utile e formativo quanto e più di un master? Chi spiega loro che la scelta di fermarsi paga molto di più di quella di continuare a correre? Che ascoltare con pazienza le confessioni di una vecchina, può rivelarsi umanamente più arricchente che pendere dalle labbra di un brillante amministratore delegato? Che un patrimonio di relazioni sociali vere rende molto più forti e autorevoli che non una montagna di relazioni personali formali? Che guardare in faccia il dolore può insegnare anche a sorridere? Che saper chiedere aiuto agli altri rende molto più sicuri che non la presunzione di poter fare da soli? Come guarda lontano chi ha saputo cambiare lo sguardo su ciò che ci è vicino!
Purtroppo, per venire a un orizzonte più prosaico, il presente non lascia grandi speranze. Il servizio civile è un istituto dal futuro incerto, che verrà abbandonato a se stesso alle prime necessità di tagli al bilancio dello Stato.
In realtà il servizio civile è un?idea che appassiona e affascina tanti, come dimostra, in questi giorni, il dibattito che si è acceso sul sito di Vita. è un?ipotesi cui tanti pensano per se stessi, con attenzione e curiosità. Ma ancora una volta quest?Italia timida e reale, che cerca percorsi alternativi a quelli suggeriti dalle mode o dai pensieri dominanti, sembra muoversi nella sordità dell?Italia degli apparati, politici o culturali che siano.
E allora ci viene da trarre questa conclusione: il dibattito nel forum di Vita contrappone chi sostiene l?obbligatorietà del servizio civile e chi invece lo vuole come scelta consapevole. Ci permettiamo di stare con i primi (e con Luigi Bobba che coraggiosamente aveva lanciato per primo l?idea). Se non altro perché un Paese che avesse la consapevolezza di rendere obbligatoria un?esperienza così umana e civile, sarebbe un Paese che può guardare in modo umano e civile al proprio domani.
Buon 2003 a tutti i nostri grandi e appassionati lettori.

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