Cultura

Servizio civile, ecco la sfida

Dall’attuale fallimentare gestione alla nuova. Che diventa una scommessa per ragazzi e associazioni (di Franco Marzocchi)

di Redazione

Se è vero che il volontariato è in crisi, allora evviva la crisi e gli importanti cambiamenti e miglioramenti che può indurre. Per contribuire alle riflessioni avviate da Vita sulla ?fuga dei volontari?, vorrei dunque complicare ulteriormente il quadro, evidenziando le difficoltà che sta attraversando il servizio civile in Italia.
Secondo il rapporto annuale della Conferenza nazionale enti servizio civile, negli ultimi tre anni il numero di posti per obiettori è cresciuto di 25mila unità, grazie alle associazioni storiche ma anche a ben 2mila nuovi enti. Uno sviluppo impressionante, che si scontra sia con la scelta, condivisa da quasi tutte le forze politiche, di sospendere il prima possibile l?obbligo della leva, sia con l?attuale fallimentare gestione del servizio civile che in 3 anni ha causato il mancato avvio in servizio di 80mila ragazzi.
Il legame tra la situazione del servizio civile e la crisi del volontariato a me appare evidente: come si può pensare che i ragazzi siano ancora interessati a una qualsiasi forma di impegno in favore della società quando le stesse istituzioni (destra o sinistra non fa davvero differenza) promettono di rimuovere la leva in quanto ?gabella in natura? e, ai ragazzi troppo grandicelli per beneficiare di questa ?libertà?, dicono «state a casa se potete»?
Da 2 anni a questa parte, per essere dispensati dal servizio civile è sufficiente avere in mano un contratto di lavoro, anche solo di durata annuale: quale modo migliore per affermare la supremazia del fattore economico su quello sociale? Contrastare questo tipo di messaggi potrebbe essere un ottimo impegno con cui le associazioni iniziano a fronteggiare la crisi del volontariato.
Siamo infatti capaci di dimostrare che il volontariato è per noi indispensabile ma non certo per i benefici che ne derivano sul piano economico? Molte persone si impegnano negli enti del Terzo settore senza percepire compenso alcuno, e ciò è lodevole. Ma l?apporto del volontariato deve essere ben altro. Il volontariato deve essere occasione di partecipazione democratica, di responsabilizzazione sociale, di cittadinanza attiva. In fondo, a ben guardare, si tratta di tornare alle radici: i ?padri? di ciò che oggi chiamiamo Terzo settore han dato vita alle loro associazioni non per creare business, ma per dare una risposta pratica e concreta al desiderio di essere protagonisti nella vita politica e sociale del proprio Paese. Ai volontari di oggi deve essere concesso di ripetere un?esperienza analoga.
Nelle cooperative sociali si è già cercato di percorrere questa strada, distinguendo nettamente i soci prestatori d?opera dai soci volontari. La cooperativa sociale è un?impresa, necessita di dirigenti e di funzionari, di amministratori e operatori professionali. Ma è un?impresa che ha radici profonde e quindi deve saper chiamare i cittadini a ?con-partecipare? alla sua gestione.
Il volontario deve essere allora un portatore di interesse che può prendere parte alle attività lavorative ma soprattutto interviene in assemblea, si rende disponibile a entrare nel consiglio di amministrazione, finanche a presiederlo. È in questo aspetto che risiede il grande valore del volontariato, non certo nel fatto che la cooperativa può contare, ogni tanto, sull?aiuto di braccia per cui deve pagare solo rimborsi e spese assicurative.
In altre parole, una cooperativa sociale che necessita del volontariato per far quadrare i suoi conti è un?impresa fallimentare; ma una cooperativa che non coinvolge i volontari, è una cooperativa poco sociale. Il nuovo servizio civile nazionale, che appunto verrà scelto da ragazze e ragazzi su base volontaria, è per noi una sfida eccezionale: sapremo coglierla e vincerla?
di Franco Marzocchi, presidente di Federsolidarietà/Confcooperative

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