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Servizio civile, arriva il ricorso al bando

"Abbiamo notificato l'atto di precetto alla presidenza del Consiglio dei ministri, che ha 10 giorni di tempo per modificare il bando ammettendo gli stranieri residenti, nel rispetto della sentenza del 2011", afferma l'avvocato Alberto Guariso, che rappresenta le associazioni promotrici dell'azione legale

di Daniele Biella

Il bando nazionale di Scn, Servizio civile nazionale, uscito lo scorso venerdì 4 ottobre e destinato a 15.699 giovani dai 18 ai 28 anni, “così com’è scritto, risulta discriminatorio verso gli stranieri allo stesso modo di quello del 2011, per questo ieri, martedì 8 ottobre, abbiamo notificato l’atto di precetto alla presidenza del Consiglio dei ministri, che esorta a cambiare il testo del bando entro 10 giorni”, sono le esclusive parole che rivolge a vita.it Alberto Guariso, membro del direttivo di Avvocati per niente onlus e di Asgi, Associazione studi giuridici sull’immigrazione, che oggi come 20 mesi fa è alla guida dell’azione legale di Syed Shahzad, giovane pachistano di 28 anni arrivato a Milano nel 1993 e rimasto escluso dalla precedente chiamata, per la quale aveva fatto domanda di servizio presso la Caritas ambrosiana. “Allora il giudice del tribunale di Milano gli aveva dato ragione indicando la necessità dell’apertura agli stranieri, a oggi il governo non si è ancora adeguato: la sentenza va rispettata”, ribadisce Guariso.

Cosa vi aspettate con questo ricorso?
Si tratta di una pre-esecuzione di sentenza, in termini giuridici è un’azione esecutiva che intima alla Presidenza del Consiglio l’obbligo di fare, ovvero di rimodulare il bando entro 10 giorni dal deposito del ricorso per cancellare il carattere discriminatorio delle norme in atto. Noi riteniamo che il giudice, nel 2011, avesse legiferato non solo su quel bando specifico ma su tutto l’impianto del servizio civile, si è pronunciato sul carattere discriminatorio della esclusisone in quanto tale, quindi l'ordine di aprire agli stranieri va riferito a tutti i bandi, anche successivi, non solo a quello del 2011 che il giudice ha citato nel dispositivo solo perché in quel momento era l'unico esistente, ma senza con ciò voler limitare  gli effetti della sua decisione. Per questo riteniamo che il cosiddettto giudice dell esecuzione possa oggi prendere i provvedimenti necessari per fare in modo che quella sentenza, che è esecutiva, venga rispettata anche nel bando del 2013.

Quali azioni farete se il ricorso non verrà accolto?
Ci hanno già contattato nuove persone per un’ulteriore azione legale simile a quella del 2011, questa volta in tempi utili per evitare ritardi nello svolgersi del bando, ovvero nel periodo in cui sono ammesse osservazioni: l’obiettivo è che il giudice modifichi subito le cose senza ricadere sui giovani e sul loro diritto a svolgere il servizio, rispettando la tempistica attuale, secondo la quale entro gennaio le partenze verranno effettuate, che la causa venga accolta o meno. Nei nostri ricorsi chiediamo sempre anche che il giudice, se non ritiene di accogliere la domanda, come accaduto nel 2011, rimandi gli atti alla corte costituzionale. Per noi anche questa soluzione sarebbe ottima, perché se la corte ritenesse incostituzionale l'esclusione degli stranieri il prolema sarebbe definitivamente risolto chiudendo ogni questione interpretativa e il governo non potrebbe piu sottrarsi all'apertura agli stranieri.

Partecipando alla Consulta nazionale del servizio civile di lunedì 7 ottobre,  Il ministro per l’Integrazione, Cécile Kyenge, ha spiegato come non serva risolvere  il problema dell’accesso degli stranieri al bando di Scn se prima non viene risolta la questione generale della cittadinanza. È d’accordo?
No, e tale dichiarazione mi ha sorpreso, perché ha liquidato il problema lasciando intendere che si risolverà da solo una volta arrivati a una legge sulla cittadinanza per gli stranieri. Il fatto è che bisogna ragionare su due piani diversi: in questo caso, trattandosi di azioni di solidarietà destinate alla collettività, non devono essere soggette a diversità di trattamento, ovvero escludendo soggetti che, sebbene privi di cittadinanza, partecipano attivamente alla crescita comune della società. D’altra parte, questa è proprio la tesi della Corte d’appello di Milano, che recupera il concetto di ‘cittadinanza di residenza’ già introdotto da una sentenza della Corte costituzionale del 1999. Non si tratta quindi di un’invenzione degli ultimi tempi, ma di una riflessione seria in atto da anni.

È verosimile, come riportano alcune persone, che tale concetto, una volta entrato nella legislazione del Servizio civile nazionale, debba poi essere applicato anche al servizio militare?
È una sciocchezza: la questione si può porre in termini diversi, perché nel caso del militare stiamo parlando di difesa dei confini della patria, mentre per il Scn si tratta di attività sociali destinate al miglioramento della vita collettiva. In Francia oggi il servizio civile è aperto ai lungo soggiornanti ma tale norma, a quanto mi risulta, non è applicata al servizio militare.

Sono passati 20 mesi dalla sentenza: nessuno vi ha contattati per un confronto sul tema?
No, ma trovare assieme un modo per riformare, a costo zero, le norme attuali, sarebbe un forte segnale di partecipazione verso i giovani e la società in generale, che ha intrapreso una direzione precisa, confermata dalla recente disposizione che prevede l’accesso dei residenti stranieri ai concorsi del pubblico impiego. Questo però non significa che debba cambiare tutta la struttura legata al servizio civile, come l’Unsc, Ufficio nazionale servizio civile: piuttosto si potrebbe andare incontro a una riorganizzazione dell’apparato, mantenendo intatta la sua natura.

Il presidente della Cnesc, Conferenza nazionale degli enti di servizio civile, Primo Di Blasio, vede nella Consulta il luogo adatto dove trovare una soluzione comune a tutti, enti, giovani e Unsc. Accetterebbe un invito in tal senso?
Certo, fin da subito. Purtroppo, forse anche per nostra responsabilità, da quando è iniziato il dibattito  su questo problema non abbiamo avuto occasione di una approfondita discussione comune tra associazioni che hanno promosso le azioni giudiziarie enti e volontari e, perché no, ministero. Ma sono certo che tutti teniamo molto a questo confronto che puo aiutarci nella ricerca di soluzioni praticabili ed efficaci, e quindi riusciremo quanto prima a trovare l'occasione di farlo, per non nuocere ai diritti di tutti i giovani.

 

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